RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

25 NOVEMBRE 2020, N. 249 PROCESSO PENALE. Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo – computo della durata del processo – previsione che il processo penale si considera iniziato con l’assunzione della qualità di parte civile della persona offesa dal reato – non fondatezza. L’art. 2, co. 2- bis , della legge n. 89/2001 Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile – secondo cui, ai fini del computo del termine ragionevole, il processo penale si considera iniziato soltanto con l’assunzione della qualità di parte civile – è coerente con la ricostruzione sistematica che, prima e al di fuori della formale instaurazione del rapporto processuale, nega al danneggiato la facoltà di far valere in sede penale il diritto di carattere civile” al risarcimento. Sull’argomento, cfr. Corte Cost., n. 184/2015 una volta penetrato nel nostro ordinamento, per effetto della giurisprudenza europea e con valore di fonte sovra-legislativa, il principio che collega alla lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, sancito dall’art. 6 della CEDU, una pretesa riparatoria nei confronti dello Stato, viene da sé che l’equa riparazione avrà ad oggetto non soltanto la fase che la normativa nazionale qualifica processo”, ma anche le attività procedimentali che la precedono, ove idonee a determinare il danno al cui ristoro è preposta l’azione. In altri termini, se si individua nella CEDU il parametro interposto con cui confrontare la legittimità delle scelte legislative in punto di equa riparazione, la nozione di processo” si rende per ciò stesso autonoma dalle ripartizioni per fasi dell’attività giudiziaria finalizzata all’accertamento dei reati, per come viene disegnata dal legislatore nazionale. In ciò ancora una volta si manifesta in modo vivido la natura della CEDU, quale strumento preposto, pur nel rispetto della discrezionalità legislativa degli Stati, a superare i profili di inquadramento formale di una fattispecie, per valorizzare piuttosto la sostanza dei diritti umani che vi sono coinvolti, e salvaguardarne l’effettività. 25 NOVEMBRE 2020, N. 248 REATI E PENE. Delitti previsti dall’art. 590- bis lesioni personali stradali gravi o gravissime e dall’art. 590- bis , comma 1°, del codice penale – regime di procedibilità – mancata previsione della procedibilità a querela anche per le lesioni colpose stradali non aggravate dalle ipotesi di cui al comma 2° dell’art. 590- bis del codice penale – non fondatezza. La scelta attuata con la legge n. 41/2016 confermata dal d.lgs. n. 36/2018 di prevedere la procedibilità d’ufficio per tutte le ipotesi di lesioni personali stradali gravi o gravissime – scelta che si iscriveva nel quadro di un complessivo intervento volto ad inasprire il trattamento sanzionatorio per questa tipologia di reati, ritenuti di particolare allarme sociale a fronte dell’elevato numero di vittime di incidenti che ricorre ogni anno sulle strade italiane – non è incostituzionale. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 190/2020 le scelte sanzionatorie del legislatore possono essere sindacate dalla Corte Costituzionale soltanto entro i limiti della manifesta irragionevolezza. 24 NOVEMBRE 2020, N. 245 ORDINAMENTO PENITENZIARIO. Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19 – provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o al differimento della pena, per i suddetti motivi, dei condannati e degli internati per i delitti di cui agli artt. 270, 270- bis , 416- bis del codice penale e 74, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, o per un delitto commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione mafiosa, o per un delitto commesso con finalità di terrorismo, ai sensi dell’art. 270- sexies del codice penale, nonché dei condannati e degli internati sottoposti al regime previsto dall’art. 41- bis della legge n. 354 del 1975 – valutazione della permanenza dei motivi legati all’emergenza sanitaria – previsione che la rivalutazione venga effettuata entro il termine di quindici giorni dall’adozione del provvedimento e, successivamente, con cadenza mensile e immediatamente nel caso in cui il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria comunichi la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta – norma transitoria – applicabilità della disposizione di cui all’art. 2 del decreto-legge n. 29 del 2020 ai provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena adottati successivamente al 23 febbraio 2020 – limitazione della sfera di competenza riservata all’autorità giudiziaria - Riduzione di tutela dei diritti fondamentali alla salute e all’umanità della pena – disparità di trattamento per i condannati per alcune tipologie di delitti – violazione del principio di ragionevolezza. Ordinamento penitenziario – misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19 decreto-legge n. 29 del 2020 – provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o al differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19 dei condannati e degli internati per i delitti di cui agli artt. 270, 270- bis e 416- bis del codice penale e 74, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, o per un delitto commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione mafiosa, o per un delitto commesso con finalità di terrorismo ai sensi dell’art. 270- sexies del codice penale, nonché dei condannati e degli internati sottoposti al regime previsto dall’art. 41- bis della legge n. 354 del 1975 – valutazione della permanenza dei motivi legati all’emergenza sanitaria – previsione che procede a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19 il magistrato di sorveglianza che lo ha emesso – violazione del principio del contradditorio nel cui perimetro si esplica il diritto di difesa, in assenza di un piano di parità tra le parti – lesioni del principio di imparzialità del giudice – violazione del diritto alla salute – alterazione dell’ordinaria scansione procedimentale che richiede che, alla fase interinale, segua quella del Tribunale di sorveglianza con le garanzie previste dal rito di cui agli artt. 666 e 678 del codice di procedura penale – lesione del diritto di difesa e del diritto al contradditorio in condizioni di parità – disparità di trattamento tra condannati sotto diversi profili – non fondatezza. La logica sottostante alla disciplina di cui all’art. 47- ter , co. 1- quater , ordin. penit. è quella di attribuire al magistrato di sorveglianza il potere di intervenire, in via di urgenza, per evitare gravi pregiudizi al detenuto, bilanciando interinalmente le ragioni di tutela della salute e della vita di quest’ultimo con le ragioni contrapposte di tutela della collettività in relazione alla sua persistente pericolosità sociale e ciò attraverso un procedimento attivato sì su istanza di parte, ma destinato poi a svolgersi mediante poteri di indagine officiosi e comunque aperti alle eventuali produzioni documentali della difesa , in ragione proprio della necessità di una rapida decisione sull’istanza del detenuto. Parallelamente, e del tutto coerentemente con tale logica, l’art. 2 del decreto-legge n. 29/2020 Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell’esecuzione della pena, nonché in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalità organizzata di tipo terroristico o mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione mafiosa o con finalità di terrorismo, nonché di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché, infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati riconosce espressamente allo stesso magistrato il potere-dovere di reagire, mediante un contrarius actus , a eventuali modificazioni della situazione di fatto sulla cui base egli aveva assunto la decisione di concedere la misura extramuraria modificazioni delle quali egli acquisisca contezza attraverso l’esercizio dei medesimi poteri officiosi, suscettibili a loro volta di alterare i termini di quel provvisorio bilanciamento, e di indurlo così a revocare di propria iniziativa il beneficio già concesso. Sempre, peraltro, in via provvisoria, in attesa del successivo intervento del tribunale di sorveglianza. Un simile assetto normativo non è incompatibile con gli artt. 24, co. 2, e 111, co. 2, Cost., in considerazione del successivo recupero della pienezza delle garanzie difensive e del contraddittorio nel procedimento avanti al tribunale di sorveglianza procedimento che, oggi, il legislatore – accogliendo un suggerimento emerso in dottrina – ha opportunamente previsto debba concludersi entro il termine perentorio di trenta giorni, nell’ipotesi in cui il magistrato di sorveglianza abbia disposto la revoca della detenzione domiciliare precedentemente concessa ai sensi dell’art. 47- ter , comma 1- quater , ordin. penit Sull’argomento, cfr. Cass. Pen., n. 982/1995 il principio secondo cui le ordinanze, per loro natura, sono sempre revocabili quando sono venuti meno i presupposti che le hanno determinate, è pienamente valido in materia di differimento della pena, perché in essa vengono delibate delle cause, legittimanti tale differimento, che sono, per loro natura, transitorie, soggette, cioè, a modifica o a cessazione, col trascorrere del tempo cosicché le ordinanze di differimento della pena devono essere sempre emesse allo stato degli atti, cioè rebus sic stantibus e sono, quindi, sempre suscettibili di revoca una volta che viene a cessare la singola causa di differimento che le legittimava. Ciò è evidente per tutte le ipotesi di rinvio obbligatorio e facoltativo della esecuzione della pena previste dagli artt. 146 e 147 c.p. E se per alcuni casi vedi artt. 146, comma 2, e 147, comma 3, c.p. la revoca è prevista espressamente dalla legge è chiaro che tale possibilità di revoca sussiste per tutti gli altri casi quando il relativo motivo di differimento viene a cessare. Con particolare riferimento alla fattispecie disciplinata dall’art. 147, co. 1, n. 2, c.p., cioè della esecuzione della pena che può essere differita quando deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica”, è evidente, anche se non espressamente previsto dal legislatore, che il differimento possa e debba essere revocato qualora si accerti che siano cessate, per guarigione, quelle condizioni di grave infermità fisica che avevano legittimato il differimento della esecuzione della pena.