RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE III, SENTENZA 25 GIUGNO 2020, N. 4089 GIURISDIZIONE DEL G.A L’interesse legittimo delle strutture sanitarie a richiedere alla Regione la riduzione delle sanzioni e la conseguente giurisdizione del G.A Il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di azione volta a far dichiarare l’illegittimità del silenzio-inadempimento, nella misura in cui sia fornito di giurisdizione con riferimento alla pretesa sottostante per affermare la giurisdizione del G.A., quindi, occorre accedere alla preventiva qualificazione della situazione giuridica soggettiva dell’istante e, in caso di qualificazione della stessa come diritto soggettivo, occorre altresì accertare la sua riconducibilità o meno ad una ipotesi di giurisdizione esclusiva. In applicazione delle riferite coordinate ermeneutiche, il Consiglio di Stato affronta il particolare caso della L.R. Lazio 28 dicembre 2018, n. 13, la quale consente che, allo scopo di agevolare la definizione del contenzioso pendente in materia di controlli esterni in ambito sanitario di cui all'art. 8- octies d.lgs. n. 502/1992, le strutture sanitarie richiedano all'amministrazione regionale di essere ammesse al pagamento della sanzione amministrativa in misura pari a un terzo. Ebbene, considerando i caratteri del potere regionale di assentire o meno l’istanza, il Collegio chiarisce che l’effetto giuridico dell’ammissione al beneficio suppone l’esercizio di un potere autoritativo di valutazione dell’amministrazione da cui dipende l’ ubi consistam della posizione del soggetto privato, con conseguente qualificazione come interesse legittimo della sottostante situazione giuridica soggettiva dell’istante, e giurisdizione del giudice amministrativo secondo il criterio del petitum sostanziale. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE III, SENTENZA 24 GIUGNO 2020, N. 4074 SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO COMUNALE PER INFILTRAZIONI MAFIOSE. Il decreto di scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose i presupposti per l’emanazione e il sindacato del G.A Secondo la sentenza in commento l’emanazione, ex art. 143 d.lgs. n. 267/2000, del decreto di scioglimento del Consiglio comunale costituisce la risultante di una complessiva valutazione il cui asse portante è rappresentato, da un lato, dall’accertata o notoria diffusione sul territorio della criminalità organizzata dall'altro lato, dalla carente funzionalità dell’ente in uno o più settori, sensibili agli interessi della criminalità organizzata, ovvero da una situazione di grave e perdurante pregiudizio per la sicurezza pubblica. Il che legittima l'intervento statale finalizzato al ripristino della legalità ed al recupero della struttura pubblica ai propri fini istituzionali, attività che deve essere valutata con riguardo al determinato momento storico ed al vissuto, allora esistente, rispetto ai quali elementi i fatti sintomatici o presuntivi si erano colorati. Ad avviso del Consiglio di Stato ne deriva che, nel caso di impugnazione del decreto di scioglimento del Consiglio comunale, emanato ex art. 143 d.lgs. n. 267/2000, il giudice adìto deve tener conto dell’imprescindibile contesto locale e dei suoi rapporti con l’amministrazione del territorio la valutazione del giudice amministrativo il cui sindacato non può estendersi oltre il profilo della logicità delle valutazioni deve quindi fondarsi sulla permeabilità degli organi elettivi a logiche e condizionamenti mafiosi sulla base di un loro complessivo, unitario e ragionevole vaglio, costituente bilanciata sintesi e non mera somma dei singoli elementi stessi. La pronuncia evidenzia, dunque, come il particolare rigore con cui deve essere valutata la situazione e l’operato o il non operato degli amministratori sia direttamente connesso alla straordinarietà dell'indicata misura, alla sua fondamentale funzione di contrasto alla capillare diffusione, tramite connivenza con le amministrazioni locali, della criminalità organizzata sull'intero territorio nazionale, ed al fatto che la finalità perseguita dal legislatore è rimasta quella di offrire uno strumento di tutela avanzata, in particolari situazioni ambientali, nei confronti del controllo e dell'ingerenza delle organizzazioni criminali sull'azione amministrativa degli enti locali, in presenza anche di situazioni estranee all'area propria dell'intervento penalistico o preventivo, nell'evidente necessità di evitare, con immediatezza, che l'amministrazione locale rimanga permeabile all'influenza della criminalità organizzata per l'intera durata del suo mandato elettorale. In senso conforme Cons. Stato, sez. III, 18 luglio 2019, n. 5077 Cons. Stato, sez. III, 17 giugno 2019, n. 4026 Cons. Stato, sez. III, 14 luglio 2015, n. 3520 Cons. Stato, sez. III, 2 luglio 2014, n. 3340 Cons. Stato, sez. III, 23 marzo 2014, n. 2038 Cons. Stato, sez. III, 14 febbraio 2014, n. 727. Il Consiglio di Stato chiarisce inoltre che il provvedimento di scioglimento del Consiglio comunale non ha finalità repressive nei confronti di singoli, ma di salvaguardia dell’amministrazione pubblica di fronte alla pressione e all’influenza della criminalità organizzata trovano pertanto giustificazione i margini, particolarmente ampi, della potestà di apprezzamento di cui fruisce l'Amministrazione e la possibilità di dare peso anche a situazioni non traducibili in addebiti personali, ma tali da rendere plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi di una possibile soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata, quali i vincoli di parentela o di affinità, i rapporti di amicizia o di affari, le notorie frequentazioni. In senso conforme Cons. Stato, 22 giugno 2018, n. 3828 Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 2003, n. 2590. Sul piano procedimentale, poi, la sentenza in commento rileva che il decreto di scioglimento del Consiglio comunale, emanato ex art. 143 del D.Lgs. n. 267 del 2000, legittimamente può essere emesso inaudita altera parte, e quindi omettendo la partecipazione procedimentale dei soggetti destinatari dello stesso l’esclusione della garanzia partecipativa nelle forme dettate dall’art. 7 della L. n. 241/1990, infatti, è in questo caso legata alla stessa natura dell'atto di scioglimento che dà ragione dell'esistenza, oltre che della gravità, dell'urgenza del provvedere, cui non può non correlarsi l'affievolimento dell'esigenza di salvaguardare in capo ai destinatari, nell'avvio dell'iter del procedimento di scioglimento, le garanzie partecipative e del contraddittorio assicurate dalla comunicazione di avvio del procedimento. In senso conforme Cons. Stato, sez. III, 9 luglio 2012, n. 3998 C.G.A., 21 novembre 2011, n. 866 Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 2005, n. 5878 Cons. Stato, sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4467. Infine, il Consiglio di Stato osserva che l’atto emanato nella forma del d.P.R., con cui il Presidente della Repubblica dispone lo scioglimento di un Consiglio comunale ex art. 143 d.lgs. n. 267/2000 , viene assunto non nell’esercizio di poteri riconducibili a quelli amministrativi e politici” non liberi nei fini ma, piuttosto, nell’esercizio di un potere neutrale di garanzia e controllo di rilievo costituzionale su atti di altri organi o autorità sicché, nel giudizio amministrativo avente ad oggetto l’impugnazione del d.P.R. emanato ex art. 143 d.lgs. n. 267/2000, la legittimazione passiva in giudizio deve essere riconosciuta non già al Presidente della Repubblica, bensì all’autorità il cui atto è fatto oggetto del controllo” presidenziale e alla quale spetta la qualifica di autorità emanante nella specie la Presidenza del Consiglio e il Ministero dell’interno . CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE III, SENTENZA 24 GIUGNO 2020, N. 4028 COMPENSATIO LUCRI CUM DAMNO. Compensatio lucri cum damno tra indennizzo e risarcimento del danno da emotrasfusione. Nel rapporto tra il risarcimento del danno da emotrasfusione e l'indennizzo corrisposto ai sensi della L. 25 febbraio 1992, n. 210 opera il meccanismo della compensatio lucri cum damno . Più nel dettaglio la decisione in commento affronta la questione della definizione dei limiti operativi della compensatio lucri cum damno , ai fini della quantificazione dell’ammontare risarcitorio, tra l’importo all’uopo determinato e l’indennizzo spettante ai sensi dell’art. 1 della L. n. 210/1992 per lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, causate da vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana. In conformità con l’orientamento dominante nella più recente giurisprudenza il Consiglio di Stato ribadisce il principio secondo cui la compensatio lucri cum damno opera certamente in tutti i casi in cui sussista una coincidenza tra il soggetto autore dell'illecito tenuto al risarcimento e quello chiamato per legge ad erogare il beneficio, con l’effetto di assicurare al danneggiato una reintegra del suo patrimonio completa e senza duplicazioni. Ciò che si verifica, paradigmaticamente, proprio nel caso dell'indennizzo corrisposto al danneggiato, ai sensi della L. 25 febbraio 1992, n. 210, a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, il quale pertanto deve essere integralmente scomputato dalle somme spettanti a titolo di risarcimento del danno, venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto il Ministero della salute due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo. In senso conforme Cass. civ., sez. III, 6 dicembre 2018, n. 31543 Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 584. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE IV, SENTENZA 22 GIUGNO 2020, N. 4003 OTTEMPERANZA DELLA SENTENZA DI RIGETTO - EFFETTIVITA’ DELLA TUTELA. È inammissibile l’azione per l’ottemperanza di una sentenza di rigetto. La sentenza di rigetto è autoesecutiva e il giudicato che ne deriva non è attributivo di alcun bene della vita da eseguire sicché non è ammissibile l’azione per l’ottemperanza di una sentenza di appello che abbia dichiarato irricevibile il gravame proposto avverso una sentenza di rigetto emanata in primo grado. Alla suddetta conclusione il Consiglio di Stato perviene esaltando il ruolo del giudizio di ottemperanza in relazione al principio dell’effettività della tutela giurisdizionale in questo senso, il Consesso spiega che l’effettività della tutela giurisdizionale è la capacità del processo di conseguire risultati nella sfera sostanziale, vale a dire di garantire la soddisfazione dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio dal ricorrente il cui ricorso, rivelandosi fondato, sia stato accolto sicché, in sostanza, il principio di effettività della tutela si traduce nella capacità del processo di garantire al ricorrente vittorioso in giudizio il bene della vita, finale o strumentale, del quale sia stata accertata la spettanza. Ciò posto, con specifico riguardo al giudizio di ottemperanza il Collegio evidenzia che il suddetto giudizio costituisce uno strumento fondamentale per garantire che la tutela dell’interesse legittimo sia piena ed effettiva, in quanto, attribuendo al giudice amministrativo la giurisdizione con cognizione estesa al merito, ha la funzione di adeguare la situazione di fatto, ove del caso attraverso la sostituzione del giudice all’amministrazione inerte, alla situazione di diritto scolpita nel giudicato o, comunque, in una sentenza esecutiva. Pertanto, ove il ricorrente agisca per l’ottemperanza di una sentenza di appello che abbia dichiarato irricevibile il gravame proposto avverso una sentenza di rigetto emanata in primo grado come nella fattispecie , il ricorso per ottemperanza va dichiarato inammissibile, perché – come detto innanzi – la sentenza di rigetto è evidentemente autoesecutiva e non sussiste alcun giudicato attributivo di un bene della vita da eseguire.