RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

26 GIUGNO 2020, N. 132 REATI E PENE. Stampa – diffamazione a mezzo stampa – trattamento sanzionatorio – pena detentiva [congiunta o alternativa a pena pecuniaria] – rinvio all’udienza pubblica del 22 giugno 2021. Nell’ambito della libertà di manifestazione del pensiero riconosciuta dall’art. 21 Cost., la libertà di stampa assume un’importanza peculiare, in ragione del suo ruolo essenziale nel funzionamento del sistema democratico, nel quale al diritto del giornalista di informare corrisponde un correlativo diritto all’informazione” dei cittadini un diritto quest’ultimo qualificato in riferimento ai princìpi fondanti della forma di Stato delineata dalla Costituzione, i quali esigono che la nostra democrazia sia basata su una libera opinione pubblica e sia in grado di svilupparsi attraverso la pari concorrenza di tutti alla formazione della volontà generale, e caratterizzato dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti. Non v’è dubbio, pertanto, che l’attività giornalistica meriti di essere salvaguardata contro ogni minaccia o coartazione, diretta o indiretta che possa indebolire la sua vitale funzione nel sistema democratico, ponendo indebiti ostacoli al legittimo svolgimento del suo ruolo di informare i consociati e di contribuire alla formazione degli orientamenti della pubblica opinione, anche attraverso la critica aspra e polemica delle condotte di chi detenga posizioni di potere. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 84/1969 la libertà di manifestazione del pensiero rappresenta la pietra angolare dell’ordine democratico. 23 GIUGNO 2020, N. 123 IMPIEGO PUBBLICO. Licenziamento disciplinare – falsa attestazione della presenza in servizio mediante alterazione dei sistemi di rilevamento o con altre modalità fraudolente – applicazione comunque” della sanzione disciplinare del licenziamento – denunciata irragionevolezza, violazione del diritto al lavoro, del diritto di difesa, nonché del principio, affermato in via convenzionale, alla tutela effettiva in caso di licenziamento – inammissibilità. L’art. 55- quater , co. 1, del d.lgs. n. 165/2001 c.d. T.U. del pubblico impiego , inserito dall’art. 69, co.1, d.lgs. n. 150/2009, stabilisce che, ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei casi ivi indicati, tra i quali figura l’ipotesi della falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente”. Già all’indomani della riforma del 2009, la dottrina si è interrogata sul valore esegetico dell’avverbio comunque”, impiegato dal nuovo art. 55-quater cit., maturando l’opinione, largamente condivisa, che questo dato letterale non possa di per sé definire un automatismo espulsivo, contrario alla giurisprudenza costituzionale sulla proporzionalità sanzionatoria. Nel senso dell’esclusione di un automatismo espulsivo gli interpreti hanno valorizzato la circostanza che la disciplina in questione, pur dopo aver attribuito forza imperativa alle disposizioni dell’art. 55-quater, continui a richiamare la necessaria applicazione dell’art. 2106 cod. civ. e, quindi, il canone generale di proporzionalità delle sanzioni disciplinari rispetto alla gravità dell’infrazione” si è quindi ritenuta possibile e doverosa un’interpretazione costituzionalmente orientata, che lasci al giudice dell’impugnazione il potere di sindacare la concreta proporzionalità del licenziamento, verificandone la qualità di giusta sanzione” alla luce dell’art. 2106 c.c Questa interpretazione adeguatrice è stata accolta e si è consolidata in diritto vivente” presso la sezione lavoro della Corte di cassazione, la cui giurisprudenza è univoca nel considerare l’avverbio comunque” un ostacolo imperativo a qualunque limitazione di fonte pattizia circa la titolarità astratta del potere datoriale di licenziamento nelle fattispecie tipizzate dal legislatore, ma non anche un impedimento al sindacato giurisdizionale sull’esercizio concreto e proporzionato del potere medesimo cfr., ex multis, Cass. Civ., n. 22075/2018, n. 9314/2016 e n. 25750/2016 . In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 270/1986 il principio di eguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. esige che la sanzione disciplinare, soprattutto quella massima di carattere espulsivo, sia sempre suscettibile di un giudizio di proporzionalità in concreto, sicché la relativa applicazione non può essere di regola automatica, ma deve essere mediata dalle valutazioni di congruità cui è deputato il procedimento disciplinare e, in secondo luogo, il sindacato giurisdizionale. 23 GIUGNO 2020, N. 122 ASSISTENZA E SOLIDARIETÀ. Reddito di cittadinanza – erogazione del beneficio – sospensione nei confronti del richiedente o beneficiato sottoposto a una misura cautelare personale, anziché a una misura cautelare personale per i soli delitti indicati all’art. 7, comma 3, del d.l. n. 4 del 2019 – denunciata irragionevolezza e violazione del principio di uguaglianza – non fondatezza. È vero che il soggetto a cui sia stato sospeso il reddito di cittadinanza in virtu’ dell’applicazione di una misura cautelare personale - per un reato diverso da quelli di cui all’art. 7, comma 3, del d.l. n. 4 del 2019, come convertito - potrà tornare, invariate le altre condizioni, a beneficiare dello stesso reddito in caso di condanna per il medesimo reato. Tale conseguenza, tuttavia, sebbene opinabile, appare coerente con il contesto normativo disegnato dal legislatore, poiché con la cessazione della misura cautelare cessa anche quel pericolo concreto e attuale che legittima la sospensione e il soggetto interessato riacquista nuovamente lo specifico requisito per richiedere il reddito di cittadinanza. L’art. 7- ter , comma 1, d.l. 28 gennaio 2019, n. 4 Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni , convertito, con modificazioni, in legge 28 marzo 2019, n. 26, risulta espressione di una scelta discrezionale del legislatore nel determinare i destinatari di un beneficio economico, che può essere ed è stata discussa, ma non si presenta affetta da quella irrazionalità manifesta e irrefutabile” che richiederebbe la declaratoria d’illegittimità costituzionale. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 194/2017 rientra tra le scelte discrezionali del legislatore determinare i destinatari di un beneficio economico.