RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE IV SENTENZA 15 MAGGIO 2020, N. 3101 DIRITTO DI ACCESSO. PROGETTO VIARIO. CIPE Il diritto di accesso da parte dei comuni Considerato il rilievo dell’infrastruttura viaria tra Catania e Ragusa e le ricadute economico-sociali che la sua realizzazione attesa da decenni può comportare sulla comunità interessata è ragionevole ipotizzare l’esistenza di un interesse specifico concreto e differenziato in capo agli enti esponenziali di quella stessa comunità, a prendere cognizione degli sviluppi del procedimento, in tutte le sue articolazioni rilevanti perché destinate comunque a trasfondersi nelle delibere costitutive. L'art. 22 comma 2, l. n. 241 del 1990 secondo cui l'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, introduce al comma 3 il principio della massima ostensione dei documenti amministrativi, salve le limitazioni giustificate dalla necessità di contemperare il suddetto interesse con altri interessi meritevoli di tutela, riconoscendo il diritto di accesso agli atti a chiunque vi abbia interesse in quanto finalizzato alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, ossia a quei soggetti, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso. In tal senso anche l’Adunanza Plenaria la quale ha di recente chiarito che in materia di accesso opera il principio di stretta necessità, che si traduce nel criterio del minor aggravio possibile nell’esercizio del diritto, con il divieto di vincolare l’accesso a rigide regole formali che ne ostacolino la soddisfazione. cfr. Ap. n. 10 del 2019 . CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE VI SENTENZA 13 MAGGIO 2020, N. 3036 ABUSI EDILIZI. ORDINE DI DEMOLIZIONE Esame congiunto delle fattispecie L’apposizione di un cancello, funzionale alla delimitazione della proprietà, si inquadra tra gli interventi di finitura di spazi esterni di cui all'articolo 6, comma 2, lettera c del D.P.R. n. 380/2001, applicabile ratione temporis, per cui rientra fra le ipotesi di edilizia libera, con la conseguenza che non risulta suscettibile di incidere su valori paesaggistici protetti, salva l’esistenza di specifiche prescrizioni particolarmente restrittive. Ha errato pertanto il giudice di primo grado secondo cui la sanzione demolitoria si giustificherebbe sulla base dell’esigenza di giudicare i due interventi casotto e cancello nel loro complesso, non essendo consentito operare una valutazione atomistica degli stessi. E invero, il presupposto perché una pluralità di interventi edilizi possano essere considerati in maniera unitaria e complessiva al fine di apprezzarne la legittimità, è che oggettivamente esista tra loro un intrinseco collegamento funzionale che ne imponga la valutazione unitaria. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE II SENTENZA 12 MAGGIO 2020, N. 2999 URBANISTICA. CONVENZIONE. Servitù di uso pubblico su suolo privato condominiale. Se l’assoggettamento di un’area privata a servitù di uso pubblico non comporta per il proprietario la perdita del diritto di proprietà del bene, del quale infatti egli può sempre chiedere la tutela in sede giudiziale, l’ente pubblico - per converso - non essendo titolare del diritto dominicale, bensì di un mero diritto reale parziario su di un bene privato, può, su questo, esercitare unicamente le facoltà dirette a garantire e ad assicurare l’uso pubblico da parte di tutti i cittadini, essendo conseguentemente legittimato a tutelare il diritto parziario medesimo sia in via amministrativa, sia in via giurisdizionale, avvalendosi, in quest’ultima ipotesi, in forza dell’anzidetto rinvio operato dall’art. 825 c.c. nei riguardi dell’art. 823 dello stesso codice, di fronte al giudice ordinario, dei mezzi ordinari a difesa del diritto di servitù e del possesso ivi normati dalla medesima disciplina di diritto comune. Da ciò ne consegue che il Comune non ha titolo per concedere l’uso ad un soggetto identificato senza il consenso del condominio. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE VI SENTENZA 12 MAGGIO 2020, N. 2984 APPALTO PUBBLICO. CONCESSIONE SERVIZI. L’apprendista non è qualificato. Il contratto di apprendistato non può garantire la necessaria ed adeguata qualificazione professionale, se la legge di gara richiede che il personale impiegato per lo svolgimento della concessione del servizio debba essere provvisto di adeguata qualificazione professionale e regolarmente inquadrato nei livelli professionali previsti dal C.C.N.L. Il contratto di apprendistato che l’impresa aveva utilizzato per economia dei costi del personale si configura, infatti, come rapporto di lavoro a tempo indeterminato a struttura bifasica, nel quale la prima fase è contraddistinta da una causa mista al normale scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione si aggiunge l'elemento specializzante costituito dallo scambio tra attività lavorativa e formazione professionale , mentre, la seconda, soltanto residuale, perché condizionata al mancato recesso ex art. 2118 c.c., vede la trasformazione del rapporto in tipico rapporto di lavoro subordinato. Ne consegue che, in caso di licenziamento intervenuto nel corso del periodo di formazione, è inapplicabile la disciplina relativa al licenziamento ante tempus nel rapporto di lavoro a tempo determinato. Il contratto di apprendistato professionalizzante è finalizzato al conseguimento di una qualificazione professionale attraverso la formazione sul lavoro, in termini di acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali ed il datore di lavoro è obbligato ad impartire un addestramento necessario a far conseguire all’apprendista la relativa qualifica professionale tale contratto è a causa mista, di formazione e lavoro che assume rilievo solo se l’aspetto formativo si sia effettivamente realizzato. Inoltre, la stessa modalità di svolgimento del rapporti di apprendistato si differenzia da quella ordinaria sotto diversi profili concreti, come a titolo esemplificativo attraverso l’onere della compresenza di un tutore nell’ordinario svolgimento dell’attività lavorativa.