RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III SENTENZA 7 MARZO 2019, N. 1589 STRUTTURE DIAGNOSTICHE PRIVATE. OBBLIGO AUTORIZZAZIONE REGIONALE. La necessaria motivazione che giustifica il diniego. La discrezionalità, nell’ipotesi di una programmazione regionale, non è né può essere illimitata né schiudere la strada ad ingiustificate e sproporzionate restrizioni dell’iniziativa economica, senza trovare un ragionevole e proporzionato controbilanciamento nella cura in concreto, da parte della pubblica amministrazione decidente, dell’interesse pubblico demandatole. E’ necessario, pertanto, un adeguato apparato motivazionale a supporto del provvedimento nella presupposta, oggettiva, valutazione dell’interesse pubblico finalizzato alla tutela del diritto alla salute. E ciò, soprattutto ove si tengano presenti le lunghe liste d’attesa, come nel caso della Puglia , per l’esecuzione di esami radiodiagnostici e di fronte ad una domanda, crescente nel tempo, di esami, che rivela, se non impone, un aggiornamento del fabbisogno e dei parametri di riferimento per la sua valutazione, parametri che devono essere adeguati e proporzionati rispetto all’esigenza pubblica da tutelare. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V SENTENZA 7 MARZO 2019, N. 1566 ATTIVITA’ COMMERCIALE. CHIUSURA ESERCIZIO DI VENDITA. La competenza all’emanazione dell’ordinanza. Ai sensi dell'art. 107, comma 5, d.lgs. n. 267/2000, l'art. 22, comma 7, d.lgs. n. 114/1998 - il quale individua nel sindaco l’autorità competente per le violazioni indicate da quella norma – deve essere interpretato nel senso che spetta al dirigente, e non al sindaco, la competenza a disporre la decadenza e la revoca dell'autorizzazione all'esercizio di attività commerciale, ovvero la chiusura immediata ai sensi del comma 6 della medesima norma. Né può rivestire alcun rilievo la sottoscrizione apposta anche dal dirigente nella parte sinistra del provvedimento, in quanto tale sottoscrizione è solo indicativa della provenienza dell'atto da parte dell'ufficio competente alla sua redazione al quale è preposto il predetto dirigente, essendo inequivocabile la natura di ordinanza sindacale del provvedimento in questione. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III SENTENZA 4 MARZO 2019, N. 1500 NORMATIVA ANTIMAFIA. ATTIVITA’ COMMERCIALE. Il risarcimento danno da chiusura illegittima. Il contesto normativo antimafia è compatibile con una lettura fluida, e non rigidamente scriminante, dei confini applicativi degli istituti della comunicazione e della informazione antimafia. Di conseguenza non ci sarà alcun risarcimento danno per la chiusura illegittima del negozio disposta dal Comune sulla base della informativa antimafia e ai sensi dell’art. 100 TULPS. Ciò in quanto così come la colpa non costituisce il necessario pendant della illegittimità del provvedimento lesivo, pur consacrata da una pregressa o contestuale statuizione giurisdizionale di annullamento, in analogo modo, la riconoscibilità dell’errore scusabile non scaturisce automaticamente dalla costatazione della natura discrezionale del provvedimento all’origine del pregiudizio, ma dal grado di rimproverabilità” del vizio riscontrato ovvero della lacuna istruttoria, della carenza motivazionale o della distonia valutativa che ne è alla base . Di conseguenza, anche in costanza di una determinazione provvedimentale discrezionalmente connotata ed a fortiori nell’ipotesi di provvedimento vincolato , il carattere colposo del comportamento lesivo dell’Amministrazione può nondimeno essere rilevato, qualora il vizio invalidante sia la conseguenza di una violazione grave dei doveri di approfondimento istruttorio e/o di ponderazione comparativa degli interessi compresenti, di cui si sostanzia la scelta amministrativa discrezionale. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI SENTENZA 4 MARZO 2019, N. 1477 TUTELA DELL’AMBIENTE. PAGAMENTO INDENNITÀ PAESISTICA. I termini di prescrizione. L’indennità prevista dall’art. 167 d.lgs. 42/2004 è una sanzione amministrativa, e non una forma indennitaria avente natura di risarcimento del danno. Dal tenore letterale dell’art. 15 comma 1 r.d. n. 1497/1939 si ricava che la sanzione pecuniaria è alternativa alla sanzione della demolizione va applicata non solo per le violazioni di carattere sostanziale, ma anche per le violazioni meramente formali che non hanno cagionato alcun danno ambientale. Ossia la norma evidenzia la funzione deterrente della sanzione che prescinde dalla sussistenza del danno all’ambiente, fungendo il danno da parametro di quantificazione alternativo al profitto conseguito sicché il pregiudizio recato all’ambiente opera a valle in sede di quantum debeatur e non a monte di an debeatur. In sostanza, le sanzioni pecuniarie in materia urbanistica edilizia e paesaggistica si estinguono decorsi cinque anni dalla loro irrogazione, legge 689/81 tenuto conto che il momento in cui il termine quinquennale di prescrizione comincia a decorrere è quello dell’irrogazione della sanzione. Al contrario, le sanzioni di diversa natura, quelle cioè che tendono al ripristino della legalità oggettivamente violata in particolare quelle demolitorie, ripristinatorie o di acquisizione del patrimonio , una volta comminate, non sono soggette al principio della prescrizione e dunque, anche se non eseguite, non si estinguono per effetto del decorso del tempo.