RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

17 LUGLIO 2018, N. 161 PROFESSIONI. Esercizio della professione di trasportatore su strada di cose per conto di terzi – requisiti per l'iscrizione all'albo – onorabilità – previsione che non sussiste, o cessa di sussistere, il requisito dell'onorabilità in capo alla persona che abbia subìto, in qualità di datore di lavoro, condanna penale definitiva per fatti che costituiscono violazione degli obblighi in materia previdenziale ed assistenziale – non fondatezza. Il provvedimento di revoca e cancellazione dall’albo nazionale degli autotrasportatori per effetto di una condanna penale definitiva per violazione degli obblighi in materia previdenziale ed assistenziale ex art. 5, commi 2, lett. g , e 8, d.lgs. n. 395/2000 non ha carattere punitivo o afflittivo e non si configura quale pena accessoria, ma è una misura conseguente alla constatazione della sopravvenuta perdita dei requisiti di onorabilità” prescritti per l’esercizio dell’attività in questione, che devono permanere in corso di attività. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 297/1993 il principio di giusta proporzione tra sanzione e fatto sanzionato non è evocabile nella fattispecie relativa alla prevista decadenza dall'autorizzazione all'esercizio di una farmacia per effetto di sentenza penale di condanna che comporti l'interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici o dalle professioni. In tal caso, infatti, non è riscontrabile un complesso di misure afflittive di diversa gravità, essendovi solo, da un lato, un rapporto autorizzatorio, e dall'altro, la permanenza di un requisito soggettivo per la prosecuzione del rapporto, e pertanto ragionevolmente e legittimamente il legislatore ha fatto discendere dalla mancanza di un requisito soggettivo per la prosecuzione del rapporto autorizzatorio nella specie la non interdizione dai pubblici uffici o dalle professioni la decadenza dal rapporto stesso. 17 LUGLIO 2018, N. 159 SANITÀ PUBBLICA. Norme della Regione Siciliana – norme urgenti per le procedure di nomina nel settore sanitario regionale – incarichi di direttore generale delle Aziende sanitarie provinciali, delle Aziende ospedaliere e delle Aziende ospedaliere universitarie della Regione – previsione della conferma, sino alla naturale scadenza degli incarichi attualmente vigenti, nelle more della modifica legislativa a seguito della sentenza n. 251 del 2016 della Corte Costituzionale – divieto di procedere a nuove nomine – previsione della nomina di commissario ai sensi dell'art. 3-bis del decreto legislativo n. 502/1992, ove non ricorra l'incarico ordinario – illegittimità costituzionale. Dal complesso delle disposizioni statali in materia di dirigenza sanitaria si desume l’esistenza del principio fondamentale secondo cui la nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale deve necessariamente e obbligatoriamente avvenire mediante ricorso agli elenchi di idonei predisposti a tale scopo. Sull’argomento, cfr. Corte Cost., n. 152/2013 è costituzionalmente illegittimo l'art. 18-bis, co. 5, della l.r. n. 32/1994 Campania d.lgs. 20 dicembre 1992, n. 502 e ss. mm. ii., riordino del servizio sanitario regionale , inserito dall'art. 1, co. 1, lett. b , della l.r. n. 18/2012 Campania Criteri di nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie locali, aziende ospedaliere e istituti di ricovero e cura a carattere scientifico , nella parte in cui prevede che i direttori generali delle ASL e degli Istituti del servizio sanitario regionale decadano dopo sessanta giorni dalla pubblicazione del disciplinare, in quanto la disposizione impugnata, trovando applicazione nei confronti della tipologia di figure dirigenziali che esercita funzioni di carattere gestionale e non è legata all'organo politico da un rapporto diretto, viola l'art. 97 Cost. sotto più profili. Innanzitutto, essa è in contrasto con il principio di buon andamento, perché il meccanismo di decadenza automatica incide sulla continuità dell'azione amministrativa. Infatti, [I]l rapporto di lavoro instaurato con l'amministrazione che attribuisce l'incarico deve essere [ ] connotato da specifiche garanzie, le quali presuppongono che esso sia regolato in modo da assicurare la tendenziale continuità dell'azione amministrativa . In secondo luogo, il carattere automatico della decadenza dall'incarico del direttore, previsto dalla disposizione impugnata, viola i principi di efficienza e di efficacia dell'azione amministrativa, perché esclude una valutazione oggettiva dell'operato del funzionario. In terzo luogo, la disposizione impugnata viola il principio di imparzialità dell'azione amministrativa, perché introduce un'ipotesi di cessazione anticipata e automatica dall'incarico del direttore generale dipendente da un atto dell'organo. Infine, la disposizione impugnata viola il principio del giusto procedimento, perché non prevede il diritto del funzionario di intervenire nel corso del procedimento che conduce alla sua rimozione e di conoscere la motivazione di tale decisione”. 13 LUGLIO 2018, N. 158 MATERNITÀ E INFANZIA. Indennità giornaliera di maternità – condizioni – previsione che tra la sospensione del rapporto di lavoro e l'inizio del periodo di congedo di maternità non siano decorsi più di sessanta giorni – mancata previsione, tra le ipotesi di deroga al computo dei sessanta giorni, dell'assenza per congedo straordinario per l'assistenza al coniuge con grave disabilità – illegittimità costituzionale parziale . Nel negare l’indennità di maternità alla madre che, all’inizio del periodo di astensione obbligatoria, benefici da più di sessanta giorni di un congedo straordinario per l’assistenza al coniuge o al figlio in condizioni di grave disabilità, l’art. 24, co. 3, d.lgs. n. 151/2001 c.d. Testo Unico sulla maternità e paternità sacrifica in maniera arbitraria la speciale protezione costituzionalmente accordata alla madre lavoratrice e al bambino. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 405/2001 è costituzionalmente illegittimo l' art. 17, co. 1, 1, l. n. 1204/1971, nella parte in cui esclude la corresponsione dell'indennità di maternità nell'ipotesi di licenziamento prevista dall'art. 2 lett. a della medesima legge, in quanto tale norma, in contrasto con il principio della speciale protezione della maternità sancito dagli art. 31 e 37 Cost., irragionevolmente esclude il diritto all'indennità in funzione della ragione del licenziamento, cui è dato rilievo preponderante rispetto allo stato oggettivo della gravidanza e del puerperio.