RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

30 MAGGIO 2018, N. 112 REATI E PENE. Reato di frana colposa di cui all’art. 449 codice penale, in relazione all’art. 426 codice penale – reato di naufragio colposo di cui all’art. 449 codice penale, in relazione all’art. 428 codice penale – raddoppio dei termini di prescrizione– non fondatezza. Le fattispecie delittuose della frana colposa e del naufragio colposo di nave non adibita a trasporto di persone individuano disastri” – rispettivamente, di tipo naturalistico e relativi ai trasporti marittimi – idonei a suscitare, pur quando provocati colposamente, un marcato allarme sociale e forieri, al tempo stesso, nella generalità dei casi, di problematiche assai complesse sul piano dell’accertamento tanto del nesso causale tra condotta ed evento, quanto della colpa, tenuto conto della pluralità di fattori che possono condizionare la verificazione del disastro e delle difficoltà che spesso presenta la dimostrazione della sua prevedibilità da parte dell’agente e dell’incidenza delle regole cautelari al cui rispetto egli era tenuto. Anche con riferimento alle figure delittuose in discorso ben si giustifica, quindi, l’intento del legislatore di evitare, tramite il meccanismo del raddoppio, che le nuove regole introdotte dalla legge n. 251/2005 provocassero una energica compressione dei termini prescrizionali da dieci a sei anni compressione equivalente addirittura a un dimezzamento secco”, se cumulata alla limitazione dell’effetto dilatorio massimo degli atti interruttivi dai precedenti quindici anni a soli sette anni e mezzo . In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 265/2017 il legislatore può bene ritenere, nella sua discrezionalità, che, in rapporto a determinati delitti colposi, la resistenza all’oblio” nella coscienza sociale e la complessità dell’accertamento dei fatti siano omologabili a quelle della corrispondente ipotesi dolosa, giustificando, con ciò, la sottoposizione di entrambi ad un identico termine prescrizionale e ciò anche in via di deroga alla disciplina generale. 30 MAGGIO 2018, N. 111 CIRCOLAZIONE STRADALE. Regolamentazione della circolazione nei centri abitati – sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione delle disposizioni sulla sosta limitata o regolamentata – applicazione della sanzione per ogni periodo per il quale si protrae la violazione – non fondatezza. Il comma 15 dell’art. 7 del d.lgs. n. 285/1992 prevede che, nei casi di sosta vietata, in cui la violazione si prolunghi oltre le ventiquattro ore, la sanzione amministrativa pecuniaria è applicata per ogni periodo di ventiquattro ore, per il quale si protrae la violazione. Se si tratta di sosta limitata o regolamentata, la sanzione amministrativa è del pagamento di una somma da euro 25 ad euro 100 e la sanzione stessa è applicata per ogni periodo per il quale si protrae la violazione. La durata del periodo della sosta limitata o regolamentata è stabilita dai regolamenti comunali. Invero, può ritenersi che il periodo di protrazione della violazione, che consente la reiterazione della sanzione, non si riferisca alla sosta autorizzata per il periodo determinato dal pagamento effettuato dall’utente o indicato nel disco orario esposto. Pertanto è ragionevole riferire il periodo” di cui al citato comma 15 alla protrazione della sosta oltre la fascia di vigenza giornaliera o infragiornaliera della sosta, limitata o regolamentata, come determinata dai regolamenti comunali. Non è, pertanto, la concreta specifica limitazione del disco orario o della regolamentazione tariffaria selezionata dall’utente a determinare il periodo oltre il quale deve essere irrogata la sanzione, bensì la protrazione oltre la fascia oraria della sosta limitata o regolamentata, cioè oltre il complessivo periodo fissato dai regolamenti comunali per l’operatività di tali limitazioni. Non si rinvengono precedenti. 25 MAGGIO 2018, N. 107 ASILI NIDO. Ammissione al servizio – attribuzione di un titolo di precedenza ai figli di genitori che risiedono in Veneto o che vi svolgono un’attività lavorativa ininterrottamente da almeno quindici anni – legge della Regione Veneto n. 6/2017 Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 23 aprile 1990, n. 32, Disciplina degli interventi regionali per i servizi educativi alla prima infanzia asili nido e servizi innovativi” , art. 1, comma 1, nella parte in cui modifica l’art. 8, comma 4, della legge della Regione Veneto n. 32/1990, introducendovi la lettera b – illegittimità costituzionale parziale. L’art. 1, co. 1, della legge della Regione Veneto n. 6/2017 è costituzionalmente illegittima nella parte in cui ha introdotto, come titolo di precedenza per l’ammissione agli asili nido, l’essere figli di genitori residenti in Veneto anche in modo non continuativo da almeno quindici anni o che prestino attività lavorativa in Veneto ininterrottamente da almeno quindici anni. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 133/2013 se al legislatore, sia statale che regionale e provinciale , è consentito introdurre una disciplina differenziata per l’accesso alle prestazioni assistenziali al fine di conciliare la massima fruibilità dei benefici previsti con la limitatezza delle risorse finanziarie disponibili, tuttavia la legittimità di una simile scelta non esclude che i canoni selettivi adottati debbano comunque rispondere al principio di ragionevolezza. 23 MAGGIO 2018, N. 105 MATERNITÀ E INFANZIA. Liberi professionisti - Accesso al beneficio dell’indennità di maternità in caso di adozione o affidamento applicabilità della sentenza n. 385 del 2005 – decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53 , artt. 70 e 72, nel testo antecedente alle modificazioni apportate dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80 Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 – inammissibilità. L’esclusione del diritto all’indennità di maternità al padre adottivo o affidatario che esercita una libera professione rappresenta un vulnus sia del principio di parità di trattamento tra le figure genitoriali e fra lavoratori autonomi e dipendenti, sia del valore della protezione della famiglia e della tutela del minore, contraddicendo la ratio degli istituti a tutela della maternità, che non hanno più, come in passato, il fine precipuo ed esclusivo di protezione della donna, ma sono destinati alla difesa del preminente interesse del bambino. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 385/2005 gli istituti a tutela della maternità non hanno più, come in passato, il fine precipuo ed esclusivo di protezione della donna, ma sono destinati alla difesa del preminente interesse del bambino, che va tutelato, non solo per ciò che attiene ai bisogni più propriamente fisiologici, ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo che sono collegate allo sviluppo della sua personalità. 17 MAGGIO 2018, N. 102 REATI E PENE. Deturpamento e imbrattamento di beni immobili o mezzi di trasporto pubblici o privati fuori dei casi di cui all’art. 635 cod. pen. – trattamento sanzionatorio – codice penale, art. 639, primo e secondo comma – inammissibilità. Anche a seguito dell’intervento di depenalizzazione realizzato dal d.lgs. n. 7/2016, vi è un’ampia gamma di ipotesi nelle quali il danneggiamento di beni immobili o di mezzi di trasporto pubblici o privati continua a costituire illecito penale, anche se realizzato senza violenza alla persona o minaccia o condizioni consimili, punito più severamente dell’imbrattamento. In senso conforme, cfr. Cass. Pen., n. 3592/2018 il danneggiamento di autovetture parcheggiate sulla pubblica via, o anche in luogo privato, ma aperto al pubblico o, comunque sia, facilmente accessibile da chiunque costituisce tuttora reato. 11 MAGGIO 2018, N. 96 PREVIDENZA. Disposizioni varie in materia di rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici – decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici , convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 24, commi 25, lettere b , c , d ed e , e 25-bis, come sostituito il comma 25 e inserito il comma 25-bis , rispettivamente, dai numeri 1 e 2 del comma 1 dell’art. 1 del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65 Disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzie TFR , convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2015, n. 109 legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge di stabilita’ 2014 , art. 1, comma 483, lettera e – manifesta infondatezza. La disciplina della c.d. perequazione delle pensioni per gli anni 2012-204 è frutto di scelte non irragionevoli del legislatore. In particolare, le esigenze finanziarie di cui il legislatore ha tenuto conto nell’esercizio della sua discrezionalità sono state preservate attraverso un sacrificio parziale e temporaneo dell’interesse dei pensionati a tutelare il potere di acquisto dei propri trattamenti, nell’attuazione dei principi di adeguatezza e di proporzionalità dei trattamenti pensionistici. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 250/2017 deve considerarsi legittimo il blocco della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici superiori a sei volte il trattamento minimo Inps e la previsione della rivalutazione in percentuali limitate per i trattamenti pensionistici compresi tra quelli superiori a tre volte il predetto trattamento minimo e quelli fino a sei volte, e ciò perché siffatta modulazione della perequazione per due soli anni e il conseguente trascinamento agli anni successivi operano un ragionevole bilanciamento tra l’interesse dei pensionati e le esigenze finanziarie dello Stato, destinando le limitate risorse finanziarie disponibili in via prioritaria alle categorie di pensionati con i trattamenti pensionistici più bassi.