RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA SENTENZA 4 MAGGIO 2018, N. 5 APPALTO DI SERVIZI. Responsabilità precontrattuale. Anche nello svolgimento dell’attività autoritativa, l’amministrazione è tenuta a rispettare oltre alle norme di diritto pubblico la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo , anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illecite frutto dell’altrui scorrettezza. Nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, anche prima e a prescindere dell’aggiudicazione, nell’ambito in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica, con conseguente possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto nonostante la legittimità dei singoli provvedimenti che scandiscono il procedimento. La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede. Affinché nasca la responsabilità dell’amministrazione non è sufficiente che il privato dimostri la propria buona fede soggettiva ovvero che egli abbia maturato un affidamento incolpevole circa l’esistenza di un presupposto su cui ha fondato la scelta di compiere conseguenti attività economicamente onerose , ma occorrono gli ulteriori seguenti presupposti a che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà b che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo c che il privato provi sia il danno-evento la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale , sia il danno-conseguenza le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate , sia i relativi rapporti di causalità fra tali danni e la condotta scorretta che si imputa all’amministrazione. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI SENTENZA 30 APRILE 2018, N. 2586 EDILIZIA PRIVATA. Errata rappresentazione dei fatti. Illegittimità. Annullamento autotutela. La non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza che l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte. Legittimo, pertanto, l’esercizio del potere di annullamento in autotutela del titolo edilizio, con i relativi riflessi in ordine all’onere di motivazione dell’amministrazione circa la sussistenza di un interesse pubblico prevalente, rispetto a quello del privato al mantenimento dell’opera, che giustifichi il provvedimento di ritiro. La Sezione, ha in sostanza richiamato la questione esaminata dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 2017, che ha affermato il seguente principio di diritto Nella vigenza dell’articolo 21-nonies della l. 241 del 1990 – per come introdotto dalla l. 15 del 2005 - l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole. In tali ipotesi, tuttavia, deve ritenersi che il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consumi il potere di adozione dell’annullamento d’ufficio e che, in ogni caso, il termine ‘ragionevole’ per la sua adozione decorra soltanto dal momento della scoperta, da parte dell’amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro. Inoltre, l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione risulterà attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati al punto che, nelle ipotesi di maggior rilievo, esso potrà essere soddisfatto attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate, che normalmente possano integrare, ove necessario, le ragioni di interesse pubblico che depongano nel senso dell’esercizio del ius poenitendi . Oltre a quanto sopraindicato, a proposito della esatta rappresentazione dei fatti . CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III SENTENZA 27 APRILE 2018, N. 2553 SERVIZIO FARMACEUTICO. La competenza della regione è l’emanazione del bando. Compete ai Comuni l’individuazione delle nuove sedi farmaceutiche sul proprio territorio, prescrivendo l’invio dei dati entro una data precisa alle Regioni. Spetta, invece, alle Regioni, sulla base dei dati inviati dai Comuni, l’approvazione del bando di concorso straordinario per titoli per la copertura delle sedi farmaceutiche di nuova istituzione e di quelle vacanti e la conclusione dello stesso entro una specifica data art, 11, comma 3, primo periodo . La regione, inoltre, dispone del potere sostitutivo in caso di inerzia da parte del Comune nel termine previsto dal comma 2 dello stesso articolo 11 cit. art. 11, comma 9 del D.L. n. 1/2012, conv. con modificazioni in L. n. 27/12 . Peraltro, nell’attuale sistema legislativo, la scelta del Comune interviene solo dopo l’acquisizione di due specifici pareri da parte dell’Ordine dei Farmacisti e della ASL da ciò si evince che il Legislatore ha già previsto un sistema di garanzia a monte” della scelta demandata al Comune, ritenendolo sufficiente. In sostanza, non c’è alcun potere di controllo da parte della regione, né può ritenersi che tale potere di controllo, non previsto nella legislazione specifica art. 11 del D.L. n. 1/2012 , possa desumersi da altri principi immanenti nell’ordinamento, quali, ad esempio, i principi di sussidiarietà, di leale collaborazione, o facendo riferimento all’art. 117 Cost. La stessa Corte Costituzionale, nella sentenza n. 255 del 2013, ha confermato che la normativa statale ha demandato l’individuazione delle nuove sedi farmaceutiche e la loro localizzazione ai Comuni, attribuendo, invece, alle regioni e alle province autonome solo la competenza ad adottare i bandi di concorso. La Corte ha sottolineato come il compito di individuare le zone ove collocare le farmacie è chiaramente assegnato ai Comuni dall'art. 11, commi 1 e 2, del d.l. n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 27 del 2012, a garanzia, soprattutto, dell' accessibilità del servizio farmaceutico ai cittadini. La scelta del legislatore statale di attribuire ai Comuni il compito di individuare le zone in cui collocare le farmacie risponde a due esigenze. La prima è quella di assicurare un ordinato assetto del territorio corrispondente agli effettivi bisogni della collettività l'art. 11, comma 1, lettera c , del d.l. n. 1 del 2012 fa riferimento, infatti, alla finalità di assicurare un'equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell'esigenza di garantire l'accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate . Per questo motivo, l'individuazione e la localizzazione delle sedi farmaceutiche - nel rispetto della proporzione stabilita dalla legge statale - sono connesse ai compiti di pianificazione urbanistica attribuiti ai Comuni in quanto enti appartenenti a un livello di governo più vicino ai cittadini. Gli unici casi in cui il legislatore attribuisce queste attività direttamente alla Regione e alle Province autonome sono, del resto, le ipotesi in cui la localizzazione delle sedi è già predeterminata dalla legge, che fa riferimento, ad esempio, a stazioni ferroviarie e marittime, aeroporti, centri commerciali con specifiche caratteristiche lettere a e b dell'art. 1-bis della legge n. 475 del 1968 ”. CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA SENTENZA 26 APRILE 2018, N. 2554 PROCESSO AMMINISTRATIVO. Immediata impugnazione delle clausole del bando. Sussiste il potere del Giudice di appello di rilevare ex officio la esistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso di primo grado con particolare riguardo alla condizione rappresentata dalla tempestività del ricorso medesimo , non potendo ritenersi che sul punto si possa formare un giudicato implicito, preclusivo alla deduzione officiosa della questione. Le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura. A tale proposito, l’Adunanza plenaria ha chiarito che anche dopo l’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo non può essere precluso al giudice di appello di rilevare ex officio la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso di primo grado né può ritenersi che, sul punto, si possa formare un giudicato implicito, preclusivo alla deduzione officiosa della questione in sostanza il giudice amministrativo, in qualsiasi stato e grado, ha il potere e il dovere di verificare se ricorrono le condizioni cui la legge subordina la possibilità che egli emetta una decisione nel merito, né l'eventuale inerzia di una delle parti in causa, nel rilevare una questione rilevabile d'ufficio, lo priva dei relativi poteri-doveri officiosi, atteso che la legge non prevede che la mancata presentazione di parte di un'eccezione processuale degradi la sua rilevabilità d'ufficio in irrilevabilità, che equivarrebbe a privarlo dell'autonomo dovere di verifica dei presupposti processuali e delle condizioni dell'azione.