RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA SENTENZA 6 APRILE 2018, N. 3 RISARCIMENTO DANNI E INFORMATIVA ANTIMAFIA. L’Adunanza plenaria ha affermato l’inconciliabilità tra risarcimento e informativa antimafia. Il provvedimento di cd. interdittiva antimafia” determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto persona fisica o giuridica che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive diritti soggettivi, interessi legittimi che determinino sul proprio cd. lato esterno rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione. Si tratta di una incapacità giuridica prevista dalla legge a garanzia di valori costituzionalmente garantiti e conseguente all’adozione di un provvedimento adottato all’esito di un procedimento normativamente tipizzato e nei confronti del quale vi è previsione delle indispensabili garanzie di tutela giurisdizionale del soggetto di esso destinatario. Essa è parziale, in quanto limitata ai rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione, ed anche nei confronti di questa limitatamente a quelli di natura contrattuale, ovvero intercorrenti con esercizio di poteri provvedimentali, e comunque ai precisi casi espressamente indicati dalla legge art. 67 d. lgs. n. 159/2011 tendenzialmente temporanea, potendo venire meno per il tramite di un successivo provvedimento dell’autorità amministrativa competente il Prefetto . In tali sensi e, in particolare, in relazione al riconosciuto carattere parziale” dell’incapacità, l’art, 67 d.lgs. n. 159/2011 ne circoscrive il perimetro”, definendo le tipologie di rapporti giuridici in ordine ai quali il soggetto, colpito della misura, non può acquistare o perde la titolarità di posizioni giuridiche soggettive e, dunque, l’esercizio delle facoltà e dei poteri ad esse connessi. In tal senso, l’ Adunanza Plenaria ha ritenuto che tale disposizione debba essere intesa nel senso di precludere all’imprenditore persona fisica o giuridica la titolarità della posizione soggettiva che lo renderebbe idoneo a ricevere somme dovutegli dalla Pubblica Amministrazione a titolo risarcitorio in relazione come nel caso all’Adunanza sottoposto ad una vicenda sorta dall’affidamento o dal mancato affidamento di un appalto. Peraltro, ha anche rilevato, una volta che venga meno l’incapacità determinata dall’interdittiva, quel diritto di credito, riconosciuto dalla sentenza passata in giudicato, rientra” pienamente nel patrimonio giuridico del soggetto, con tutte le facoltà ed i poteri allo stesso connessi, ivi compresa l’actio iudicati dal quale era temporaneamente uscito, e ciò non in quanto una causa esterna” il provvedimento di interdittiva antimafia ha inciso sul giudicato, ma in quanto il soggetto che è stato da questo identificato come il titolare dei diritti ivi accertati torna ad essere idoneo alla titolarità dei medesimi. Né la titolarità del diritto ovvero la concreta possibilità di farlo valere, una volta recuperata” la piena capacità giuridica, potrebbero risultare compromessi, posto che, come è noto, ai sensi dell’art. 2935 c.c. la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”. La questione era stata sottoposta all’esame dell’Adunanza plenaria dalla V Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 28 agosto 2017 n. 4078 e, nello specifico, concerneva la possibilità di erogare da parte di una pubblica amministrazione somme di danaro, spettanti a titolo di risarcimento del danno, in favore di un soggetto che sia stato attinto – prima della definizione del giudizio risarcitorio – da un’informativa interdittiva antimafia, conosciuta solo sucessivamente alla formazione del giudicato e taciuta dal soggetto stesso, ovvero se il giudicato favorevole, comunque formatosi, obblighi in ogni caso l’amministrazione a darvi corso e a corrispondere, quindi, la somma accertata come spettante. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE III SENTENZA 4 APRILE 2018, N. 2102 APPALTO DI SERVIZI. Avvalimento ed impegni dell’impresa ausiliaria. Gli impegni assunti dall’impresa ausiliaria, al fine di corroborare sul piano sostanziale il prestito del requisito ed evitare che lo stesso si riduca ad una dichiarazione di impegno meramente formale ed inidonea a garantire la stazione appaltante in ordine alla solidità economico-finanziaria del concorrente ausiliato , devono essere se non determinati, quantomeno determinabili, ovvero ricostruibili attraverso una lettura complessiva del contratto di avvalimento. La garanzia che riceve l’Amministrazione dall’avvalimento si correla all’affiancamento, all’impresa concorrente e priva in parte dell’esperienza necessaria a garantire la piena affidabilità in ordine alla corretta esecuzione delle prestazioni contrattuali, di altra impresa, in possesso del fatturato specifico quindi dell’esperienza di cui quella concorrente è manchevole, la quale, mediante la stipulazione del contratto di avvalimento, si obbliga ad assicurare all’impresa ausiliata l’assistenza e la cooperazione necessarie a garantire il buon esito dell’appalto obblighi che, anche se non esplicitati in una clausola ad hoc, si ricavano agevolmente dai doveri di buona fede e cooperazione che innervano qualunque rapporto contrattuale, tanto più in presenza della responsabilità solidale in ordine all’esecuzione delle prestazioni contrattuali che le due imprese hanno espressamente assunto con la stipulazione del contratto di avvalimento. Peraltro, anche in riferimento ad un proprio recente precedente, sentenza 3422/2017 la Sezione ha affermato che nelle gare pubbliche, in caso di avvalimento avente ad oggetto il requisito di capacità economica finanziaria, rappresentato dal fatturato sia globale che specifico, la prestazione oggetto specifico dell’obbligazione è costituita non già dalla messa a disposizione da parte dell’impresa ausiliaria di strutture organizzative e mezzi materiali, ma dal suo impegno a garantire con le proprie complessive risorse economiche, il cui indice è costituito dal fatturato, l’impresa ausiliata in sostanza, ciò che la impresa ausiliaria mette a disposizione della impresa ausiliata è il suo valore aggiunto in termini di solidità finanziaria e di acclarata esperienza di settore, dei quali il fatturato costituisce indice significativo ne consegue che non occorre che la dichiarazione negoziale costitutiva dell’impegno contrattuale si riferisca a specifici beni patrimoniali o ad indici materiali atti ad esprimere una determinata consistenza patrimoniale e, dunque, alla messa a disposizione di beni da descrivere ed individuare con precisione, essendo sufficiente che da essa dichiarazione emerga l’impegno contrattuale della società ausiliaria a mettere a disposizione la sua complessiva solidità finanziaria ed il suo patrimonio esperienziale, garantendo con essi una determinata affidabilità ed un concreto supplemento di responsabilità. La Sezione ha comunque disposto la compensazione delle spese in relazione alla non perfetta univocità degli orientamenti giurisprudenziali sulla materia. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE V SENTENZA 3 APRILE 2018, N. 2044 APPALTO DI SERVIZI. Derogabilità all’obbligo della suddivisione in lotti ai fini della gara. Il principio della suddivisione in lotti può essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata. E’, infatti, espressione di scelta discrezionale comunque sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria, in ordine alla decisone di frazionare o meno un appalto di grosse dimensioni” in lotti. Aspetto che, peraltro, doveva ragionevolmente escludersi – nel caso posto all’attenzione della V Sezione - nel timore che la disciplina di gara potesse podurre effetti restrittivi della concorrenza in danno alle micro-piccole e medie imprese, stante il valore economico oggettivamente modesto dell’appalto € 344.265,00 nel triennio . E’ pur vero che l’art. 51 d.lgs. n. 50-2016 ha mantenuto il principio della suddivisione in lotti, - ha affermato il Collegio - al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, d.lgs. n. 163-2006 tuttavia, nel nuovo regime, il principio non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili, giacché il medesimo art. 51, comma 1, secondo periodo afferma che le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139”. La scelta di non frazionare l’appalto in lotti, nel caso in cui l'unitarietà sia imposta dall'oggetto dell'appalto e dalle modalità esecutive scaturenti dalla situazione materiale e giuridica dei luoghi entro cui operare può ritenersi ragionevole e non illogica o arbitraria non può sottacersi infatti, sotto altro concorrente profilo, che le attività prestazionali oggetto dei suddetti servizi non esigono specializzazioni, né qualifiche particolari che impongano, giustificano o rendano anche solo opportuna una suddivisione in lotti. Si trattava, infatti, del servizio di gestione e controllo di tutte le attività di funzionamento delle aree di sosta automatizzata ed impianti di risalita meccanizzata ed altri servizi accessori da svolgersi all'interno delle aree, dei parcheggi e degli immobili del Comune di Orvieto. CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA R.S. SENTENZA 27 MARZO 2018, N. 175 EDILIZIA PRIVATA. Rideterminazione oneri concessori per la costruzione di un supermercato. Il Consiglio di Giustizia amministrativa chiede all’Adunanza plenaria di decidere se la rideterminazione degli oneri concessori sia attività sussumibile nell’autotutela amministrativa ovvero sia inquadrabile nell’ambito di un normale rapporto paritetico di debito-credito, come tale astretta alle regole ed ai rimedi di diritto comune. Nello specifico stante il contrasto giurisprudenziale in atto sulle questioni il Consiglio richiede la definizione delle seguenti questioni di diritto a se la rideterminazione degli oneri concessori sia estrinsecazione di potere autoritativo da parte della amministrazione comunale, nell’ambito dell’autotutela pubblicistica soggetta ai presupposti e requisiti dell’art. 21-novies, l. n. 241/1990, ovvero sia espressione di una sua legittima facoltà, nell’ambito del rapporto paritetico di natura creditizia, conseguente al rilascio del titolo edilizio a carattere oneroso, sottoposto nelle sue forme di esercizio al termine prescrizionale ordinario b ove dovesse prevalere la prima opzione interpretativa, se la rideterminazione dei suddetti oneri sia da ascrivere all’ambito dei rapporti di diritto pubblico quali che siano le ragioni che l’abbiano ispirata, ovvero solo nei casi in cui la stessa dipenda dalla applicazione di parametri o coefficienti determinativi diversi originari o sopravvenuti da quelli in precedenza applicati, con esclusione quindi dei casi di errore materiale di calcolo delle somme dovute sulla base dei medesimi parametri normativi c in alternativa ed a prescindere dall’inquadramento giuridico della fattispecie secondo le richiamate categorie, e quale che sia la natura giuridica da riconnettere al provvedimento rideterminativo degli oneri concessori, se vi sia spazio, ed in quali limiti, perché possa trovare applicazione nella fattispecie in esame il principio del legittimo affidamento del privato, da ricostruire vuoi sulla base della disciplina pubblicistica dell’autotutela, vuoi su quella privatistica della lealtà e della buona fede nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali, ovvero sulla base dei principi desumibili dai limiti posti dall’ordinamento civile per l’annullamento del contratto per errore o per altra causa. La vicenda processuale parte dal fatto che il Comune aveva rideterminato gli oneri, tenuto conto che erano stati applicate tariffe più basse da quelle obiettivamente corrette.