RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI SENTENZA 9 MARZO 2018, N. 1519 FINANZIAMENTI PUBBLICI. TERMINI PROCEDIMENTALI. La natura della perentorietà del termine nei controlli. L’operatore professionale prudente e accorto deve sapere che, quale che sia l’importo dell’agevolazione concesso in via anticipata e provvisoria, soltanto all’esito delle procedure di controllo, l’erogazione potrà ritenersi definitivamente acquisita al patrimonio del beneficiario. dell’agevolazione concesso in via anticipata e provvisoria, soltanto all’esito delle procedure di controllo, l’erogazione potrà ritenersi definitivamente acquisita al patrimonio del beneficiario. Ciò in quanto, alla violazione del termine finale di un procedimento amministrativo non consegue l’illegittimità dell’atto tardivo – salvo che il termine sia qualificato perentorio dalla legge –, trattandosi di una regola di comportamento e non di validità. L’art. 2-bis della legge sul procedimento, infatti, correla all’inosservanza del termine finale conseguenze significative sul piano della responsabilità dell’Amministrazione, ma non include, tra le conseguenze giuridiche del ritardo, profili afferenti la stessa legittimità dell’atto tardivamente adottato. Il ritardo, in definitiva, non è quindi un vizio in sé dell’atto ma è un presupposto che può determinare, in concorso con altre condizioni, una possibile forma di responsabilità risarcitoria dell’Amministrazione. In sostanza, la perentorietà dei termini procedimentali può aversi, quale eccezione alla regola della loro natura meramente ordinatoria o acceleratoria, soltanto laddove la stessa perentorietà sia espressamente prevista dalle norme che disciplinano in modo specifico i procedimenti di volta in volta considerati, o queste sanzionino espressamente con la decadenza il mancato esercizio del potere dell’amministrazione entro i termini stabiliti. Nel caso specifico, non era stato dato di riscontrare alcuna norma che riconnetta al ritardo ‒ accumulato nello svolgimento dei controlli e verifiche effettuati ‒ la consumazione del potere dell’Amministrazione di rideterminare in via definitiva l’agevolazione CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV SENTENZA 8 MARZO 2018, N. 1489 PRESCRIZIONI URBANISTICHE. VERDE PUBBLICO ATTREZZATO. Affidamento gestione campo di calcio a società sportiva. La destinazione alla fruizione pubblica di un bene non implica, di per sé, che la gestione debba essere svolta in prima persona dall’ente pubblico al contrario, l’affidamento a terzi può rispondere a principi di buon andamento ed economicità dell’azione amministrativa, tanto più laddove, come nel caso posto all’attenzione della IV sezione, l’affidatario si accolli gli oneri e le spese della custodia e dell’amministrazione ordinaria del bene. Legittimo, quindi, l’affidamento in concessione del campo di calcio alla società dilettantistica se la convenzione non prevede un uso esclusivo, in quanto la concessionaria si è assunta l’obbligo di mettere a disposizione gratuitamente il campo all’Ente locale entro un massimale annuo di ore. Con ciò, in sostanza, non è stato sottratto il campo alla fruizione della cittadinanza indistinta a favore di una cerchia ristretta di soggetti gli iscritti all’associazione medesima , e quindi non è stata limitata ad un’utenza circoscritta il godimento di un’area che, invece, la pianificazione urbanistica aveva destinato alla fruizione pubblica. Legittima, pertanto, la realizzazione, all’interno del parco cittadino di un campo da calcio recintato ed asservito da impianto di illuminazione, nonché l’affidamento in concessione della relativa gestione all’associazione sportiva dilettantistica. L’area era classificata dal piano regolatore verde pubblico attrezzato ” ed era stata acquisita gratuitamente dal Comune quale standard di urbanizzazione primaria del quartiere in occasione dell’avvenuta urbanizzazione ed edificazione dell’area in questione. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI SENTENZA 6 MARZO 2018, N. 1457 ACCANIMENTO PROCEDIMENTALE. RISARCIMENTO DANNI. Cumulo di punteggio limitato per le farmacie rurali. La Soprintendenza ai beni culturali dovrà risarcire l’imprenditore che, intenzionato a realizzare uno stabilimento balneare, si era visto revocare illegittimamente l’autorizzazione archeologica ed occupare illegittimamente l’intera area. Nel caso posto alla sua attenzione, il Consiglio di Stato, non ha esitato a riconoscere un vero e proprio ‘accanimento’ nei confronti dell’iniziativa imprenditoriale, posto in essere, senza giustificazione alcuna, in modo del tutto sproporzionato rispetto al fine da perseguire. E ciò, in relazione al fatto che tutti i provvedimenti sono stati annullati dal giudice amministrativo ed in totale spregio del fatto che, pochi anni prima, la stessa Soprintendenza aveva autorizzato la medesima iniziativa, con ciò trascurando completamente l’affidamento che legittimamente il privato nutriva circa la fattibilità dell’opera e per la quale si era già attivato effettuando i necessari investimenti. L’amministrazione che cambia. Ciò che era emerso dalla vicenda è apparso sintomatico di uno svolgersi dell’attività amministrativa secondo logiche lontane dal modello di correttezza e buona amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione, come si è andato evolvendo nel diritto vivente. Modello in cui, alla tradizionale ed imprescindibile funzione di garanzia di legalità nel perseguimento dell’interesse pubblico, la funzione amministrativa viene a rivestire anche un ruolo di preminente importanza per la creazione di un contesto idoneo a consentire l’intrapresa di iniziative private, anche al fine di accrescere la competitività del Paese nell’attuale contesto internazionale, secondo la logica del confronto e del dialogo tra P.A. e cittadino. In altri termini, l’evoluzione del modello costituzionale impone di tener conto che l’attività amministrativa produce sempre un impatto” sulla sfera dei cittadini e delle imprese ne è conferma l’emersione del principio di accountability . Tale impatto, da un lato, deve essere considerato e quantificato, affiancando agli strumenti giuridici quelli economici di misurazione, che permeano sempre di più l’attività amministrativa d’altro lato – e soprattutto, ai fini della tutela – tale impatto non può essere trascurato, né assorbito, e nemmeno ridotto forfettariamente in considerazione di una cura dell’interesse pubblico asseritamente prevalente. Sono emblematiche di tale tendenza tutte le riforme ispirate alla semplificazione e alla trasparenza dell’attività amministrativa. A proposito della revoca della autorizzazione, il Collegio ha sottolineato che la l. n. 124 del 2015, intervenuta, tra le altre cose, sui presupposti del potere di autotutela, deve sempre considerare l’affidamento del privato rispetto a un precedente provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica e sul quale basa una precisa strategia imprenditoriale. Del resto, da tempo la giurisprudenza è costante nel ritenere che il provvedimento di autotutela debba essere adeguatamente motivato con riferimento alla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale nonché alla valutazione comparativa dell’interesse dei destinatari al mantenimento delle posizioni e dell’affidamento insorto in capo ai medesimi. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III SENTENZA 5 MARZO 2018, N. 1397 ASSEGNAZIONE SEDI FARMACEUTICHE Cumulo di punteggio limitato per le farmacie rurali. Inapplicabile per i farmacisti il richiamo e l’applicazione del brocardo lex specialis derogat generali” con riferimento alle fonti art. 9, l. n. 221 del 1968 speciale e l. n. 362 del 1991 e, quindi, art. 5, d.P.C.M. n. 298 del 1994 alla quale la prima rinvia generale ciò in quanto non è in alcun modo evincibile, dalla lettura dell’art. 9, che il legislatore del 1968 abbia inteso individuare, quale unico limite all’incremento premiale per i farmacisti rurali, quello del massimo di 6,50 punti. Contrariamente all’orientamento del Giudice di primo grado, la Sezione ha ritenuto che dalla attenta lettura delle due disposizioni e dalla ratio alle stesse sottesa non ci si trova di fronte a norme di contenuto antitetico - di cui la speciale che prevederebbe l’attribuzione di punti in deroga al tetto dei 35 punti per l’esperienza professionale debba prevalere sulla generale che prevede, invece, il tetto massimo di 35 punti , - ma a norme che si integrano, nel senso che la maggiorazione premiale si applica sommandosi ai punti attribuiti al concorrente per l’esperienza professionale, nell’ambito della quale va ascritta anche l’anzianità di servizio svolto presso una farmacia rurale, ferma restando che la somma dei due punteggi non può superare il totale di 35. Il combinato disposto della l. n. 221 del 1968 e della l. n. 362 del 1991, lungi dal vanificare l’intento del legislatore di attribuire un premio” al farmacista che ha lavorato in sedi disagiate id est, quelle rurali , conferma il sistema su cui si fonda il concorso per l’assegnazione di sedi farmaceutiche, che è certamente quello di valorizzare l’esperienza professionale, ma entro limiti determinati, come dimostra l’esclusione della valutazione dei periodi di esercizio professionale superiori a venti anni art. 5, comma 2, d.P.C.M. n. 298 del 1994 .