RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV 13 LUGLIO 2017, N. 3461 PUBBLICA AMMINISTRAZIONE P.A. - ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI – PRIVACY E DIRITTO D’ACCESSO. L’acquisizione al processo civile di documenti amministrativi limiti del diritto di accesso. Posto che, in ordine all’equilibrio tra diritto di accesso e tutela della privacy, l’istanza di accesso deve essere motivata in modo ben più rigoroso rispetto alla richiesta di documenti che attengono al solo richiedente, incombendo su quest'ultimo - fuori dalle ipotesi di connessione evidente tra diritto” all’accesso ad una certa documentazione ed esercizio proficuo del diritto di difesa - l'onere di dimostrare la specifica connessione con gli atti di cui ipotizza la rilevanza a fini difensivi, l’acquisizione al processo civile di documenti amministrativi deve avvenire per il tramite e nel rispetto delle norme disciplinanti lo specifico processo ciò in quanto i documenti amministrativi da utilizzare nel processo e detenuti dalla P.A. riguardano una delle due parti private in giudizio e, pertanto, al diritto alla tutela giurisdizionale del soggetto che intende avvalersi di tali documenti occorre contrapporre l’altrettanto riconosciuto e tutelato diritto di difesa dell’altra parte. La Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha ribadito che l'espressione diritto di accesso , di cui alla l. n. 241/1990, deve essere intesa in senso atecnico in quanto è ben evidente la strumentalità” dell’accesso collegato alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti”, come si evinceva dal precedente testo dell’art. 22 l. n. 241/1990, ed ora dalla definizione dei soggetti interessati”, contenuta nel medesimo articolo in tal senso Cons. Stato, sez. IV, 28 febbraio 2012 n. 1162 . Il Collegio ha infatti precisato che il diritto di accesso di cui alla l. n. 241/1990 non è una posizione sostanziale autonoma, ed in particolare non è un diritto soggettivo, ma costituisce, più limitatamente, una situazione strumentale in funzione di tutela di preesistenti ed autonome posizioni di diritto soggettivo e di interesse legittimo posizioni che - ad avviso della Sezione - non possono ricondursi ad un generico ed autonomo diritto all’informazione cui strumentalmente inerisce il diritto di accesso . A tal proposito, il Collegio ha richiamato quanto enunciato sul tema dall’Adunanza Plenaria decomma 18 aprile 2006 n. 6 la quale ha qualificato il diritto di accesso” come una situazione soggettiva che, più che fornire utilità finali caratteristica da riconoscere non solo ai diritti soggettivi ma anche agli interessi legittimi , risulta caratterizzata per il fatto di offrire al titolare dell'interesse poteri di natura procedimentale volti in senso strumentale alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante diritti o interessi . In tal senso, il diritto di accesso non è più ritenuto posizione sostanziale autonoma non fornendo essa utilità finali” , ma solamente un potere di natura procedimentale, avente finalità strumentali di tutela di posizioni sostanziali propriamente dette, sia di diritto soggettivo sia di interesse legittimo [superando in tal modo sia l'orientamento che, facendo leva sul carattere impugnatorio del giudizio, configurava il diritto di accesso quale interesse legittimo Cass., Sez. Un., 27 maggio 1994 n. 5216 Cons. St., Ad. Plen. 24 giugno 1999 n. 16 , sia l'orientamento che, facendo leva sul carattere vincolato del potere esercitato dall’amministrazione in sede di accesso, lo ha, invece, qualificato come autonomo diritto soggettivo Cons. Stato, sez. VI, 12 aprile 2005 n. 1679 e 27 maggio 2003 n. 2938 sez. V, 10 agosto 2007 n. 4411 ] Tanto premesso, il diritto di accesso ai documenti amministrativi pone il problema del suo ambito di applicazione” e dei suoi rapporti con altri metodi” di acquisizione documentale in funzione probatoria, previsti dall’ordinamento occorre in definitiva stabilire se, laddove l’ordinamento giuridico preveda particolari procedimenti e modalità di acquisizione di documenti detenuti dalla Pubblica Amministrazione, questi risultino prevalenti” se non escludenti” rispetto all’acquisizione di documenti mediante esercizio del diritto di accesso o se, al contrario, tale diritto di accesso sia esercitabile indipendentemente dalle forme di acquisizione probatoria previste dalle norme processuali. Sul punto, la Sezione ha preliminarmente richiamato quanto già enunciato dalla giurisprudenza secondo cui 1 l’equilibrio tra accesso e privacy è dato dal combinato disposto degli artt. 59 e 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 c.d. Codice della privacy e delle norme di cui alla legge n. 241 del 1990. La disciplina che ne deriva delinea tre livelli di protezione dei dati dei terzi, cui corrispondono tre gradi di intensità della situazione giuridica che il richiedente intende tutelare con la richiesta di accesso nel più elevato si richiede la necessità di una situazione di pari rango” rispetto a quello dei dati richiesti a livello inferiore si richiede la stretta indispensabilità” e, infine, la necessità” Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 2014 n. 2472 2 quindi, l’istanza di accesso in tutti e tre i suddetti casi deve essere motivata in modo ben più rigoroso rispetto alla richiesta di documenti che attengono al solo richiedente e, in particolare - fuori dalle ipotesi di connessione evidente tra diritto” all’accesso ad una certa documentazione ed esercizio proficuo del diritto di difesa - incombe sul richiedente l’accesso l'onere di dimostrare la specifica connessione con gli atti di cui ipotizza la rilevanza a fini difensivi e ciò anche ricorrendo all’allegazione di elementi induttivi, ma testualmente espressi, univocamente connessi alla conoscenza” necessaria alla linea difensiva e logicamente intellegibili in termini di consequenzialità rispetto alle deduzioni difensive potenzialmente esplicabili cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo 2013, n. 1568 . Nella specie, la sentenza in esame ha posto in rilievo che il ricorrente impugnava la pronuncia del TAR con cui veniva respinto – in pendenza di una causa civile con l’ex coniuge per la determinazione dell’assegno di divorzio – il ricorso diretto ad ottenere una sentenza dichiarativa dell’illegittimità del diniego parziale di accesso opposto dall’Agenzia delle entrate sulla sua istanza di accesso, nonché volto ad ottenere sentenza dichiarativa del suo diritto a prendere visione ed estrarre copia degli atti ed in particolare dei dati riguardanti l’ex coniuge presenti nell’Archivio dei rapporti finanziari e delle comunicazioni ex art. 7, co. 6, DPR n. 605/1973. In particolare, il Consiglio ha chiarito che a la sentenza impugnata, nella misura in cui ha accordato prevalenza alle disposizioni del codice di procedura civile in tema di accesso ai dati presenti nell’Archivio dei rapporti finanziari artt. 492-bis cpc, art. 155-quinquies disp. att. c.p.c. , ha, in sostanza, affermato un limite” all’applicazione dell’art. 22 ss. l. n. 241/1990, in presenza di norme che diversamente dispongono in tema di acquisizione di documenti amministrativi, segnatamente in sede processuale al contrario, l’appellante, nel sostenere l’error in iudicando della decisione, afferma l’autonomia del diritto di accesso come configurato dalla l. n. 241/1990. Il Consiglio ha ritenuto, nel caso concreto, la suddetta censura infondata, precisando che a il diritto alla tutela giurisdizionale, per il tramite della acquisizione di documenti amministrativi al processo, è assicurato e disciplinato dal relativo codice di rito codice di procedura civile b in secondo luogo, il giudizio nell’ambito del quale una delle parti intende utilizzare documenti detenuti da pubbliche amministrazioni, è un giudizio tra soggetti privati, al quale la pubblica amministrazione è totalmente estranea c proprio in quanto i documenti da utilizzare nel processo e detenuti dalla Pubblica Amministrazione , riguardano una delle due parti private in giudizio, occorre contrapporre - al diritto alla tutela giurisdizionale del soggetto che intende avvalersi dei documenti amministrativi - l’altrettanto riconosciuto e tutelato diritto di difesa dell’altra parte. Proprio per tali ragioni, le norme processualcivilistiche sottopongono alla valutazione del giudice la esibizione di documenti ordinata al terzo artt. 211 e 492-bis cpc , in quanto l’acquisizione di prove documentali non può che avvenire se non nella sede tipica processuale e nel rispetto del principio del contraddittorio ed inoltre perché il giudice deve cercare di conciliare nel miglior modo possibile l’interesse della giustizia col riguardo dovuto ai diritti del terzo”, se del caso ordinandone la citazione in giudizio art. 211 cpc . Ciò posto, il Consiglio ha altresì evidenziato che, nel caso di specie, l’accesso ai documenti amministrativi non costituisce rilevante finalità di pubblico interesse”, né è volto a favorire la partecipazione” del privato all’attività dell’amministrazione, né ad assicurarne l’imparzialità e la trasparenza” art. 22, co. 2, l. n. 241/1990 , ma, ben diversamente, esso, lungi dall’essere volto alla tutela procedimentale e/o processuale del privato nei confronti della pubblica amministrazione, tende a definirsi come un utilizzo improprio di uno strumento assicurato dall’ordinamento, in modo da alterare – nella misura in cui aggira gli strumenti processuali tipici – la parità processuale delle parti in un giudizio civile, garantita anche dalla previa valutazione del giudice Pertanto, la Sezione – atteso che l’acquisizione al processo di documenti amministrativi deve avvenire per il tramite e nel rispetto delle norme disciplinanti lo specifico processo – ha respinto l’appello.