RASSEGNA TAR

TAR LAZIO, ROMA, SEZ. II QUATER, 31 MARZO 2017, N. 4109 CITTADINANZA - CONCESSIONE PER DECRETO. La condanna per guida in stato di ebbrezza non esclude la concessione di cittadinanza italiana. In tema di concessione della cittadinanza italiana allo straniero condannato in sede penale per guida in stato di ebbrezza, la valutazione discrezionale dell’Amministrazione non può legittimamente prescindere da un giudizio globale sulla personalità dello straniero stesso e, soprattutto, sulla gravità in sé della vicenda penale l’Amministrazione, pertanto, può negare la concessione della cittadinanza italiana allo straniero condannato per guida in stato di ebbrezza solo laddove dalla vicenda in questione, connotata da effettiva gravità, si evinca la reale pericolosità dello straniero. Il Tribunale ha affermato che - in ordine alla concessione della cittadinanza italiana - la valutazione discrezionale sull’integrazione dello straniero nel tessuto sociale della Repubblica, pur dovendo tener conto anche degli illeciti penali commessi in Italia, non può legittimamente prescindere da un giudizio globale sulla personalità dello stesso e, soprattutto, sulla gravità in sé della vicenda penale. A tal proposito, la Sezione ha richiamato quanto enunciato dalle recenti pronunce giurisprudenziali sul tema 1 in via generale, in considerazione del suo ampio potere discrezionale, legittimamente l’Amministrazione può negare la concessione della cittadinanza italiana al cittadino straniero condannato in sede penale per guida in stato di ebbrezza ed anche se il relativo reato è stato depenalizzato cfr. Cons. Stato, Sez. I, 2557/14 2 in particolare, seppur la guida di autoveicoli in stato di ebbrezza debba reputarsi fonte di rilevante allarme sociale, il provvedimento di diniego di rilascio della concessione di cittadinanza deve valutare, al di là del dato fattuale del decreto penale di condanna peraltro di un reato meramente contravvenzionale, previsto dal codice della strada a prevenzione di eventuali sinistri , l’effettiva gravità della vicenda cfr., in questi termini, Cons. Stato, Sez. III, 2920/13 . Nella specie, la sentenza in esame ha posto in rilievo che a il diniego di rilascio della concessione di cittadinanza, da parte dei competenti Uffici del Ministero dell’Interno, era motivato sulla base della circostanza che il richiedente risultava condannato per reati contravvenzionali inerenti la guida in stato di ebbrezza b a seguito dell’impugnazione di tale provvedimento, la Sezione, rilevata la costituzione in giudizio della parte pubblica senza alcuna produzione documentale, onerava l’Amministrazione di riferire sugli sviluppi della procedura conclusasi con il suddetto diniego e di fornire la relativa documentazione c l’Amministrazione non ottemperava al disposto istruttorio, reiterato senza alcun esito. Il Collegio, applicando i suddetti principi di diritto alla fattispecie concreta, ha rilevato il gravissimo deficit processuale nel quale era incorsa l’Amministrazione resistente che, nonostante i reiterati inviti istruttori, non aveva eseguito l’ordine istruttorio rivoltole dal giudice amministrativo, con conseguente inosservanza dei più elementari canoni di disvelamento della motivazione degli atti amministrativi. Pertanto, il Tribunale - chiarito che l’effettiva pericolosità dello straniero deve essere valutata dall’Amministrazione senza preconcetti e immotivati apriorismi in presenza di qualsivoglia condanna penale - ha accolto il ricorso ed ha annullato il provvedimento impugnato, precisando che l’asserito quadro di riprovevolezza penale era caratterizzato dalla presenza di decreti penali di condanna i quali, ai sensi dell’art. 560, comma 5, c.p.p., ordinariamente vengono meno quali presupposti che possano costituire un ostacolo al rilascio della cittadinanza, se non accompagnati da una puntuale verifica circa la pericolosità dello straniero.