RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

10 MARZO 2017, N. 54 PROCESSO PENALE. Sospensione del procedimento con messa alla prova – mancata previsione di un termine massimo di durata della prestazione di lavoro di pubblica utilità e dei criteri utili per la sua determinazione – manifesta infondatezza. La normativa sulla sospensione del procedimento con messa alla prova comporta una diversificazione dei contenuti, prescrittivi e di sostegno, del programma di trattamento, con l’affidamento al giudice di un giudizio sull’idoneità del programma, quindi sui contenuti dello stesso, comprensivi sia della parte afflittiva”, sia di quella rieducativa”, in una valutazione complessiva circa la rispondenza del trattamento alle esigenze del caso concreto, che presuppone anche una prognosi di non recidiva. In senso conforme, cfr. Cass. Pen., Sez. Un., n. 33216/2016 nel vaglio di ammissibilità della richiesta di messa alla prova, al giudice è affidato una valutazione complessa, connotata da una forte discrezionalità del giudizio che riguarda l’an e il quomodo dell’istituto della messa alla prova in chiave di capacità di risocializzazione, verificando i contenuti prescrittivi e di sostegno rispetto alla personalità dell’imputato, che presuppone anche la valutazione dell’assenza del pericolo di recidiva. Il giudice non è chiamato solo ad accertare, seppure in base allo stato degli atti, la sussistenza del fatto e la corretta qualificazione giuridica, ma deve anche compiere un giudizio penetrante sulla persona dell’imputato attraverso gli atti del procedimento e le eventuali informazioni, acquisite tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti pubblici, ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell’imputato art. 464 bis c.p.p., comma 5 , nonché attraverso le indagini svolte dall’ufficio di esecuzione penale esterna, che deve contribuire all’elaborazione del programma di trattamento soprattutto, è chiamato a formulare un giudizio sull’idoneità del programma, quindi sui contenuti dello stesso, comprensivi sia della parte afflittiva” sia di quella rieducativa”, in una valutazione complessiva circa la rispondenza del trattamento alle esigenze del caso concreto, che presuppone anche una prognosi di non recidiva. La decisione del giudice sull’ammissione o meno dell’imputato alla prova trova il suo fulcro proprio nella valutazione di idoneità del programma, caratterizzata da una piena discrezionalità che attinge il merito. 10 MARZO 2017, N. 53 PREVIDENZA E ASSISTENZA. Indennità di disoccupazione a requisiti ridotti – non applicabilità ai lavoratori agricoli – non fondatezza. L’art. 2, comma 69, lett. b , l. n. 92/2012, che abroga, a decorrere dal 1° gennaio 2013, le disposizioni riguardanti l’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti, deve essere inteso nel senso che la disciplina previgente cessa di operare per la disoccupazione riferita al 2013 e si applica, per contro, alla disoccupazione relativa al 2012. Difatti, la disciplina applicabile ratione temporis deve essere individuata alla stregua della normativa vigente quando si perfezionano gli elementi costitutivi del diritto la liquidazione dell’indennità di disoccupazione è ininfluente ai fini del sorgere del diritto. La lettera e lo spirito della legge convergono nell’avvalorare un’interpretazione rispettosa dei parametri costituzionali. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 296/1995 l’eventuale diversa applicazione data dall’INPS non vincola il giudice nella sua istituzionale funzione interpretativa della legge. 10 MARZO 2017, N. 52 IMPIEGO PUBBLICO. Norme della Regione autonoma Valle d’Aosta – Comandante regionale dei vigili del fuoco – prevista revocabilità dell’incarico, in qualsiasi momento, su richiesta del Presidente della Regione e correlazione della durata in carica a quella del Presidente stesso – illegittimità costituzionale parziale. L’art. 11, comma 2- bis , della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta n. 22/2010 è costituzionalmente illegittima nella parte in cui prevede che si applicano le disposizioni di cui all’art. 10, comma 1, della medesima legge all’incarico di Comandante regionale dei vigili del fuoco. Il legislatore regionale ha inteso estendere agli incarichi dirigenziali di Comandante e Vice Comandante regionali dei vigili del fuoco il particolare regime previsto per alcuni incarichi dirigenziali fiduciari e di diretta collaborazione con l’organo di governo Segretario generale, Capo di Gabinetto e Vice Capo di Gabinetto della Presidenza della Regione . Questi ultimi incarichi, conferiti con deliberazione della Giunta regionale, su proposta del Presidente della Regione, all’inizio della legislatura e ad ogni successiva vacanza di incarico, sono revocabili in qualsiasi momento su richiesta dello stesso Presidente e sono in ogni caso correlati alla durata del suo mandato. Tuttavia, il carattere fiduciario dell’incarico in questione – rilevante, entro certi limiti, nella fase del suo conferimento – non può condizionare anche il concreto esercizio delle funzioni tecniche affidate al Comandante regionale dei vigili del fuoco, da svolgere in posizione di neutralità e nell’esclusivo interesse pubblico. Per questo, tale carattere non implica che l’interruzione del rapporto possa avvenire con un margine di apprezzamento tale da escludere l’applicazione delle disposizioni che specificano le cause e le modalità di revoca, e consentono la misurazione e valutazione dell’attività svolta dai dirigenti, previa contestazione degli addebiti nel rispetto dei principi del giusto procedimento e del contraddittorio. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 269/2016 contrastano con l’art. 97 Cost. le disposizioni di legge, statali o regionali, che prevedono meccanismi di revocabilità ad nutum o di decadenza automatica dalla carica quando tali meccanismi siano riferiti, non al personale addetto agli uffici di diretta collaborazione con l’organo di governo oppure a figure apicali, per le quali risulti decisiva la personale adesione agli orientamenti politici dell’organo nominante, ma a titolari di incarichi dirigenziali che comportino l’esercizio di funzioni tecniche di attuazione dell’indirizzo politico. 10 MARZO 2017, N. 50 EDILIZIA E URBANISTICA. Norme della Regione Liguria – modifiche alla legge urbanistica regionale n. 36 del 1997 –pianificazione territoriale – previsione che i piani di bacino, nonché i piani delle aree protette di cui alla vigente legislazione regionale, vincolano la pianificazione territoriale di livello regionale, metropolitano, provinciale e comunale, con effetto di integrazione della stessa e, in caso di contrasto, di prevalenza su di essa – illegittimità costituzionale. L’art. 2, comma 3, della legge della Regione Liguria n. 11/2015, recante Modifiche alla legge regionale 4 settembre 1997, n. 36 Legge urbanistica regionale ”, è costituzionalmente illegittimo. La norma regionale, subordinando la pianificazione territoriale di livello regionale ai piani di bacino e ai piani per le aree protette, si pone in evidente contrasto con il principio di prevalenza del piano paesaggistico sugli atti di pianificazione ad incidenza territoriale posti dalle normative di settore, dettato dall’art. 145, comma 3, del codice dei beni culturali e del paesaggio. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 210/2016 in base al principio di prevalenza gerarchica del piano paesaggistico, sancito dal codice dei beni culturali e del paesaggio, non è ammissibile che una disposizione di legge regionale limiti od alteri in qualsiasi forma, il principio di gerarchia degli strumenti di pianificazione.