RASSEGNA TAR

TAR LAZIO, ROMA, SEZ. III, 1 MARZO 2017, N. 3020 AUTORITÀ DI GARANZIA AUTORITÀ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI - AUTORITÀ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI - IN GENERE. È onere degli operatori di settore finanziare solo i costi amministrativi effettivi dell’AGCOM. In ordine al sistema di autofinanziamento, introdotto dalla l. n. 266/2005 - la quale attribuisce al mercato di competenza l’onere di finanziare le Autorità indipendenti, fra le quali l’AGCOM - gli unici oneri economici che gli Stati possono imporre agli operatori del settore sono i diritti amministrativi come individuati dall’art. 12 della direttiva autorizzazioni” 2002/20/CE, alla luce dell’interpretazione della Corte di Giustizia gli oneri economici in capo agli operatori devono coprire unicamente i costi amministrativi effettivi risultanti dalle attività menzionate al paragrafo 1, lettera a , dell’articolo citato l’AGCOM inoltre deve, preventivamente alla richiesta di pagamento, pubblicare un rendiconto sulle spese effettivamente sostenute per la gestione del regime di autorizzazione, dei diritti d’uso e degli altri obblighi specifici, come previsto dall’art. 12 della suddetta Direttiva. Il Tribunale ha ribadito che - in ordine al sistema di autofinanziamento, introdotto dalla l. n. 266/2005, la quale attribuisce al mercato di competenza l’onere di finanziare le Autorità indipendenti, fra le quali l’AGCOM - gli unici oneri economici che gli Stati possono imporre agli operatori del settore sono i diritti amministrativi come individuati dall’art. 12 della direttiva 2002/20/CE. A tal proposito, la Sezione ha richiamato quanto enunciato dalle recenti pronunce giurisprudenziali sul tema 1 l’art. 12 della direttiva autorizzazioni deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla disciplina di uno Stato membro in base alla quale le imprese che prestano servizi o reti di comunicazione elettronica sono tenute a versare un diritto destinato a coprire i costi complessivamente sostenuti dall’ANR Autorità Nazionale di Regolamentazione e non finanziati dallo Stato, il cui importo è determinato in funzione dei ricavi realizzati da tali imprese, a condizione che siffatto diritto sia esclusivamente destinato alla copertura di costi relativi alle attività menzionate al par. 1, lett. a , di tale disposizione ossia i soli costi amministrativi sostenuti per la gestione, il controllo e l’applicazione del regime di autorizzazione generale, dei diritti d’uso e degli obblighi specifici di cui all’art. 6, par. 2, che possono comprendere i costi di cooperazione internazionale, di armonizzazione e di standardizzazione, di analisi di mercato, di sorveglianza del rispetto delle disposizioni e di altri controlli di mercato, nonché di preparazione e di applicazione del diritto derivato e delle decisioni amministrative, quali decisioni in materia di accesso e interconnessione , che la totalità dei ricavi ottenuti a titolo di detto diritto non superi i costi complessivi relativi a tali attività e che lo stesso diritto sia imposto alle singole imprese in modo proporzionato, obiettivo e trasparente cfr. Corte di Giustizia sentenza 18 luglio 2013 2 di recente, la Corte di Giustizia, con la sentenza 28 luglio 2016, causa C-240/15 Agcom, ha ribadito la rigorosa interpretazione dell’art. 12 della Direttiva 20/2002, confermando che gli oneri economici in capo agli operatori non possono essere destinati a coprire spese relative a compiti diversi da quelli elencati da tale disposizione ossia costi amministrativi di qualsivoglia tipologia sostenuti dall’ANR , dovendo tali diritti coprire i costi amministrativi effettivi risultanti dalle attività menzionate al par. 1, lett. a , dell’articolo citato. Nella specie, la sentenza in esame ha posto in rilievo che la ricorrente lamentava l’illegittimità dei provvedimenti impugnati delibera 605/14/CONS del 5.11.2015 e 34/16/CONS , deducendo in particolare che l’Autorità aveva quantificato il contributo al fine di coprire tutti i costi sopportati nel settore delle comunicazioni elettroniche – invece dei soli oneri scaturenti dallo svolgimento delle attività di regolazione ex ante del mercato – e che l’iter di individuazione del fabbisogno stimato violava la condizione della trasparenza nella imposizione del contributo l’AGCOM, infatti, aveva determinato il contributo per la copertura degli oneri amministrativi e richiesto il pagamento alla ricorrente senza avere prima pubblicato un rendiconto sulle spese effettivamente sostenute per la gestione del regime di autorizzazione, dei diritti d’uso e degli altri obblighi specifici, come previsto dall’art. 12 della Direttiva dell’Unione Europea 2002/20/CE. Il Collegio, applicando i suddetti principi di diritto alla fattispecie concreta, ha rilevato che le disposizioni nazionali di riferimento erano in contrasto con l’art. 12 e i considerando 30 e 31 della direttiva 2002/20/CE, come interpretati dalla Corte di Giustizia, dal momento che permettevano la definizione di un contributo il cui ammontare prescindeva dai costi effettivamente sopportati dall’AGCOM nell’attività di regolazione art. 1, commi 65 e 66 l. n. 266/2005 l’Autorità stessa, inoltre, avrebbe dovuto legittimamente basare la propria richiesta di pagamento di diritti amministrativi soltanto su una rendicontazione annuale in cui fossero partitamente indicati i contributi percepiti per le attività di cui all’art. 12 cit. ed i corrispondenti costi. In particolare - chiarisce la sentenza - l’obbligo di indicare i costi sostenuti assolve alla funzione di consentire alle imprese, chiamate a pagare i diritti amministrativi richiesti dalle Autorità nazionali, di verificarne le ragioni e di commisurare l’entità degli stessi ai costi indicati preventivamente pertanto, la pubblicazione dei costi deve precedere la richiesta di pagamento dei diritti amministrativi, posto che viceversa non sarebbe garantita la funzione di verifica richiesta dalla Direttiva Europea e la pubblicazione dei costi successiva sarebbe priva di rilevanza pratica. Inoltre, la Sezione ha respinto la tesi della difesa erariale, volta a legittimare le delibere impugnate, secondo cui avrebbe natura di norma di interpretazione autentica la disposizione di cui al comma 2-bis dell’art. 34 del Codice delle comunicazioni elettroniche, introdotto dall’art. 5 l. n. 115/2015, precisando che a dall’interpretazione letterale della norma art. 34, comma 2-bis, CCE non può in alcun modo ricavarsi la sua efficacia retroattiva quale norma di interpretazione autentica, in quanto - pur stabilendo ex novo quali siano le modalità applicative dei diritti amministrativi - non indica che tali modalità debbano avere valore retroattivo b il recente intervento legislativo non ha modificato il comma 1 dell’art. 34 cit., il quale riproduce fedelmente l’art. 12, par. 1, lett. a e lett. b della Direttiva autorizzazioni, ivi compresa la necessaria limitazione del prelievo alla copertura dei soli costi amministrativi sostenuti per la gestione, il controllo e l’applicazione del regime di autorizzazione generale , derivandone che, secondo un’interpretazione comunitariamente orientata del suddetto articolo, i costi amministrativi devono essere interpretati in termini restrittivi e rigorosi, in stretta aderenza all’ambito dei costi ammessi a finanziamento a carico del mercato di riferimento, secondo l’art. 12, lett. a della Direttiva 2002/20/CE c la nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Politiche Europee trattandosi di una mera nota esplicativa proveniente da un organo amministrativo non è sufficiente ad attribuire valore di interpretazione autentica alla norma in esame e inoltre - rileva il Collegio - conferma la tesi del ricorrente, secondo cui il comma 2-bis è stato aggiunto all’art. 34 cit., proprio allo scopo di vanificare l’esito delle decisioni rese dalla Giustizia Amministrativa. Il Tar – atteso che in ogni caso, in virtù del principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4 TUE, le autorità nazionali sono tenute a interpretare e applicare il diritto nazionale in conformità al diritto europeo e, ove tale interpretazione non sia possibile, a non applicare le norme nazionali che confliggono con il diritto europeo – ha affermato in definitiva che, ove - come nella specie - non sia possibile una lettura comunitariamente” orientata delle norme nazionali, occorre fare applicazione del potere-dovere di disapplicazione del diritto nazionale che contrasta con quello dell’Unione europea. Pertanto, il Tribunale ha accolto il ricorso e, previa disapplicazione della disciplina nazionale applicata dall’Agcom in sede di adozione degli atti avversati, ha annullato le delibere impugnate, fermi restando gli ulteriori provvedimenti della competente Autorità da adottarsi nel rispetto dell’art. 12 della direttiva autorizzazioni, come interpretato dalla Corte di Giustizia.