RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

27 GENNAIO 2017, N. 28 REFERENDUM ABROGATIVO. Ammissibilità del referendum abrogativo avente ad oggetto le seguenti disposizioni - artt. 48, 49 come modificato, al comma 3°, dal d. lgs. n. 185/2016 e 50 d. lgs. 15 giugno 2015, n. 81, recante Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’art. 1, comma 7°, legge 10 dicembre 2014, n. 83 voucher ”. Terza richiesta referendaria – lavoro e occupazione – Abrogazione disposizioni sul lavoro accessorio [voucher]” – ammissibilità. La richiesta di referendum popolare per l’abrogazione degli artt. 48, 49 come modificato, al comma 3, dal d.lgs. n. 185/2016 e 50, del decreto legislativo n. 81/2015, recante Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’art. 1, comma 7, legge 10 dicembre 2014, n. 183 voucher ”, è ammissibile. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 16/1978 in tema di referendum abrogativi, sono inammissibili 1 le richieste che incorrono in una delle cause di inammissibilità testualmente indicate dal secondo comma dell’art. 75 Cost. leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali , la cui interpretazione però non deve limitarsi a quella letterale ma deve, invece, essere integrata con quella logico-sistematica, affinché siano sottratte al referendum anche le disposizioni produttive di effetti collegati in modo così stretto all’ambito di operatività delle leggi espressamente indicate dall’art. 75, che la preclusione debba ritenersi sottintesa 2 quelle aventi ad oggetto una pluralità di domande eterogenee e carenti di una matrice razionalmente unitaria 3 quelle aventi ad oggetto non un atto avente forza di legge ordinaria, ma la Costituzione, le leggi di revisione costituzionale, le altre leggi costituzionali di cui all’art. 138 Cost. 4 quelle aventi ad oggetto le disposizioni legislative ordinarie a contenuto costituzionalmente obbligato. 27 GENNAIO 2017, N. 27 REFERENDUM ABROGATIVO. Ammissibilità del referendum abrogativo avente ad oggetto le seguenti disposizioni - art. 29, d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276, recante Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30”, comma 2°, limitatamente alle parole Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti,” e alle parole Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori.” Seconda richiesta referendaria – lavoro – Abrogazione disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti” – ammissibilità. Il quesito referendario che investe la deroga al regime di responsabilità solidale in materia di appalti che può essere apportata dalla contrattazione collettiva e la disciplina processuale della solidarietà, è ammissibile. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 26/11 la richiesta referendaria è ammissibile quando non riguarda leggi per le quali l’art. 75, comma 2, Cost., espressamente esclude l’iniziativa referendaria o le leggi collegate” a quelle espressamente sottratte al referendum ed è, al tempo stesso, rispettosa dei limiti ulteriori che la Corte Costituzionale ha desunto in via interpretativa dal sistema costituzionale. In particolare, la disposizione oggetto del quesito non deve essere a contenuto costituzionalmente vincolato o norma costituzionalmente necessaria o a contenuto imposto dalla normativa comunitaria. Peraltro, il quesito, quand’anche formulato con la cosiddetta tecnica del ritaglio, deve presentare i necessari caratteri della chiarezza, coerenza ed omogeneità. 27 GENNAIO 2017, N. 26 REFERENDUM ABROGATIVO. Ammissibilità del referendum abrogativo avente ad oggetto le seguenti disposizioni - d. lgs. 4 marzo 2015, n. 23 art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, con riferimento a - comma 1°, limitatamente alle parole previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell’art. 1345 del codice civile” - comma 4°, limitatamente alle parole per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili,” e alle parole , nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell’indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto” - comma 5° - comma 6°, limitatamente alla parola quinto” e alle parole , ma con attribuzione al lavoratore di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei ed un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi” e alle parole , quinto o settimo” - comma 7°, limitatamente alle parole che il licenziamento è stato intimato in violazione dell’articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Può altresì applicare la predetta disciplina nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento” e alle parole nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell’indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell’ambito della procedura di cui all’art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo” - comma 8°, limitatamente alle parole in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento”, alle parole quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell’ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all’impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di” e alle parole , anche se ciascuna unità produttiva singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti”. Prima richiesta referendaria – lavoro e occupazione – Abrogazione disposizioni in materia di licenziamenti illegittimi” – inammissibilità. Il quesito referendario sulla disciplina sanzionatoria dei licenziamenti illegittimi di cui al d.lgs. n. 23/2015 nella sua interezza ed all’art. 18, legge n. 300/1970, nel testo introdotto dalla legge n. 92/2012, limitatamente ad alcuni commi o parti di commi, non è ammissibile, comportando, attraverso una manipolazione della struttura linguistica dell’art. 18 cit., un assetto normativo sostanzialmente nuovo che si risolve in uno stravolgimento della natura e della funzione propria del referendum abrogativo. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 46/2003 è inammissibile il quesito referendario che si risolve sostanzialmente in una proposta all’elettore, attraverso l’operazione di ritaglio sulle parole e il conseguente stravolgimento dell’originaria ratio e struttura della disposizione, di introdurre una nuova statuizione, non ricavabile ex se dall’ordinamento, ma anzi del tutto estranea al contesto normativo. 26 GENNAIO 2017, N. 24 REATI E PENE. Frode all’IVA – prescrizione – obbligo per il giudice, in applicazione dell’art. 325 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, come interpretato dalla Corte di giustizia europea [sentenza 8 settembre 2015, causa C-105/14, Taricco] di disapplicare gli artt. 160, ultimo comma, e 161, secondo comma, cod. pen. anche nel caso in cui dalla disapplicazione discendano effetti sfavorevoli per l’imputato per il prolungamento del termine di prescrizione – sospensione e trasmissione alla Corte di giustizia UE. Devono essere sottoposte alla Corte di giustizia dell’Unione europea, in via pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, le seguenti questioni di interpretazione dell’art. 325, paragrafi 1 e 2, del medesimo Trattato se l’art. 325, paragrafi 1 e 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea debba essere interpretato nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell’Unione, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando tale omessa applicazione sia priva di una base legale sufficientemente determinata se l’art. 325, paragrafi 1 e 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea debba essere interpretato nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell’Unione, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando nell’ordinamento dello Stato membro la prescrizione è parte del diritto penale sostanziale e soggetta al principio di legalità se la sentenza della Grande Sezione della Corte di giustizia dell’Unione europea 8 settembre 2015 in causa C-105/14, Taricco, debba essere interpretata nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell’Unione europea, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando tale omessa applicazione sia in contrasto con i principi supremi dell’ordine costituzionale dello Stato membro o con i diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione dello Stato membro. Sull’argomento, cfr. Corte Cost., n. 5/04 la verifica del rispetto del principio di determinatezza in materia penale va condotta, non già valutando isolatamente il singolo elemento descrittivo dell’illecito, ma raccordandolo con gli altri elementi costitutivi della fattispecie e con la disciplina in cui questa si inserisce. L’inclusione nella formula descrittiva dell’illecito penale di espressioni sommarie, di vocaboli polisensi, ovvero di clausole generali o concetti elastici”, non comporta un vulnus del parametro costituzionale evocato, quando la descrizione complessiva del fatto incriminato consenta comunque al giudice — avuto riguardo alle finalità perseguite dall’incriminazione ed al più ampio contesto ordinamentale in cui essa si colloca — di stabilire il significato di tale elemento, mediante un’operazione interpretativa non esorbitante dall’ordinario compito a lui affidato quando, cioè, quella descrizione consenta di esprimere un giudizio di corrispondenza della fattispecie concreta alla fattispecie astratta, sorretto da un fondamento ermeneutico controllabile e, correlativamente, permetta al destinatario della norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo. 26 GENNAIO 2017, N. 23 PREVIDENZA. Pensioni corrisposte dall’INPS – calcolo delle pensioni ai superstiti di assicurati deceduti anteriormente ai 57 anni d’età – attualizzazione del coefficiente di trasformazione ai nuovi limiti d’età pensionabile in vigore – non fondatezza. L’art. 1, comma 14, l. n. 335/1995 Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare , attua e specifica il fondamento solidaristico, che contraddistingue le pensioni ai superstiti e a tale categoria di beneficiari accorda un trattamento previdenziale anche quando l’assicurato non possieda i requisiti per accedere alla pensione diretta. Il legislatore, nella discrezionalità che gli compete con riguardo alla determinazione dei presupposti e della misura delle pensioni, ha ritenuto di applicare in questa fattispecie un coefficiente di trasformazione uniforme, convenzionalmente ancorato all’età di cinquantasette anni. Il punto di mediazione individuato dalla legge si sottrae ai rilievi di irragionevolezza e di contrasto con il parametro costituzionale di adeguatezza dei trattamenti previdenziali. 26 GENNAIO 2017, N. 21 PROCESSO PENALE. Prova testimoniale – dichiarazioni dell’imputato in un procedimento connesso o per un reato collegato, nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste – obbligo di assistenza difensiva e necessità di riscontri esterni a supporto delle dichiarazioni ex art. 192, comma 3, c.p.p. – illegittimità costituzionale parziale – illegittimità costituzionale parziale consequenziale ex art. 27 l. n. 87/1953. L’art. 197- bis , comma 6, c.p.p. è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede l’applicazione della disposizione di cui all’art. 192, comma 3, del medesimo codice di rito anche per le dichiarazioni rese dalle persone, indicate all’art. 197- bis , comma 1, c.p.p., nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste” divenuta irrevocabile. Conseguentemente, è costituzionalmente illegittimo anche l’art. 197- bis , comma 3, c.p.p. nella parte in cui prevede l’assistenza di un difensore anche per le dichiarazioni rese dalle persone, indicate al medesimo art. 197- bis , comma 1, nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste” divenuta irrevocabile. Sull’argomento, cfr. Corte Cost., n. 381/06 l’assetto normativo della prova dichiarativa, in esito alla novella del 1° marzo 2001, n. 63, di attuazione del giusto processo”, evidenzia una complessiva strategia di fondo” del legislatore precisamente, quella di enucleare una serie di figure di dichiaranti nel processo penale in base ai diversi stati di relazione” rispetto ai fatti oggetto del procedimento, secondo una graduazione che, partendo dalla situazione di assoluta indifferenza propria del teste ordinario, giunge fino alla forma estrema” di coinvolgimento, rappresentata dal concorso del dichiarante nel medesimo reato. Alla molteplicità di tali stati di relazione” corrisponde, evidentemente, una articolata scansione normativa”, relativa non soltanto alla varietà soggettiva dei dichiaranti, ma anche alle differenti modalità di assunzione della dichiarazione e, soprattutto, ai diversi effetti del dichiarato.