RASSEGNA TAR

Tar Lazio, Roma, Sez. III-ter, 23 novembre 2016, n. 11679 SICUREZZA PUBBLICA - Stranieri in particolare extracomunitari - autorizzazione al lavoro. Precluso l’ingresso al lavoratore autonomo se prova l’idoneità del reddito dopo il diniego del visto. In tema di visto d’ingresso in Italia, per lavoro autonomo, l’eterogeneo ambito individuato dall’art. 26 D.Lgs. 286/98 comprende sia i lavoratori autonomi in senso proprio artt. 2222 ss. cc sia gli imprenditori artt. 2082 ss. cc , stabilendo ex ante i tipi di operatore cui consentire l’ingresso nel territorio nazionale laddove la necessaria documentazione venga prodotta dopo l’adozione del provvedimento di diniego, tali documenti sono irrilevanti ai fini della valutazione della legittimità del suddetto atto. Il Tribunale ha ribadito che - in riferimento al visto per lavoro autonomo, sottoposto a un contingentamento che ne denota la selettività - l’indicazione nel decreto flussi, per ciascun anno, di particolari categorie di soggetti opera nel senso di specificare l’eterogeneo ambito individuato dall’art. 26 D.Lgs. 286/98, comprensivo tanto dei lavoratori autonomi in senso proprio artt. 2222 ss. cc quanto degli imprenditori artt. 2082 ss. cc , stabilendo ex ante i tipi di operatore cui consentire l’ingresso nel territorio nazionale” TAR Lazio – Roma 3246/2015 . pronuncia ha infatti posto in rilievo che tale determinazione limitativa si inscrive nell’amplissima La sfera di discrezionalità riconosciuta alle autorità di governo e, in particolare, agli organi titolari dell’indirizzo politico nazionale, ai sensi dell’art. 3 D.Lgs. 286/98 sulle politiche migratorie” del Paese , norma che delinea a tal fine un articolato procedimento programmatorio TAR Lazio – Roma 11068/2015 . Nella specie, il ricorrente prospettava la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 26 D.Lgs. 286/98 ed eccesso di potere per difetto d’istruttoria in quanto l’art. 2 comma 2 lettera a del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 dicembre 2015, per il rilascio del visto d’ingresso, avrebbe arbitrariamente introdotto requisiti non previsti da alcuna disposizione di rango primario, risultando in contrasto con la normativa di riferimento artt. 3 e 26 D.Lgs. 296/98 la parte rilevava, inoltre, che la documentazione comprovante il possesso di un reddito idoneo era stata prodotta, in data successiva all’adozione del provvedimento di rigetto. La Sezione ha chiarito che, alla luce delle pronunce menzionate e per le ragioni sopra esposte, il gravato Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri risulta coerente con i principi e la disciplina previsti dagli artt. 3 e 26 D.Lgs. 286/98 ciò posto, la mancanza di risorse pari a cinquecentomila euro è, di per sé, ostativa al rilascio del visto d’ingresso per lavoro autonomo in virtù di quanto espressamente previsto dall’art. 2 comma 2 lettera a del suddetto DPCM del 14 dicembre 2015 secondo cui è consentito l’ingresso in Italia per motivi di lavoro autonomo, nell'ambito della quota di cui all'art. 1, di 2.400 cittadini non comunitari residenti all'estero, appartenenti tra le altre menzionate dalla norma alla categoria degli imprenditori che intendono attuare un piano di investimento di interesse per l'economia italiana, che preveda l'impiego di risorse proprie non inferiori a 500.000 euro e provenienti da fonti lecite, nonché la creazione almeno di tre nuovi posti di lavoro”. Ciò posto, il TAR – evidenziato che la documentazione prodotta in epoca successiva all’adozione del gravato provvedimento di diniego è irrilevante ai fini dello scrutinio della fondatezza del ricorso dal momento che la legittimità dell’atto impugnato deve essere valutata in riferimento al quadro normativo e fattuale esistente al momento dell’adozione dello stesso – ha pertanto respinto il ricorso, tenuto conto della preclusione all’ingresso in Italia, riconducibile alla mancata rituale produzione della documentazione reddituale.