RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

24 OTTOBRE 2016, N. 228 MINIERE, CAVE E TORBIERE. Norme della Regione Toscana – beni estimati” di cui all’editto della duchessa Maria Teresa Cybo Malaspina, del 1° febbraio 1751 – inclusione nel patrimonio indisponibile dei Comuni di Massa e di Carrara – illegittimità costituzionale parziale. L’art. 32, comma 2, legge della Regione Toscana 25 marzo 2015, n. 35 Disposizioni in materia di cave. Modifiche alla l.r. 78/1998, l.r. 10/2010 e l.r. 65/2014 è costituzionalmente illegittimo per la parte in cui qualifica la natura giuridica dei beni estimati di cui all’editto della duchessa Maria Teresa Cybo Malaspina del 1° febbraio 1751 i beni estimati sono cave di limitate dimensioni territoriali, le quali, in ragione delle peculiari caratteristiche morfologiche che le contraddistinguono, non sono ormai coltivabili singolarmente e risultano in parte incorporate all’interno di una stessa unità produttiva insieme a cave pubbliche, soggette a concessioni comunali . In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 290/2009 la potestà di interpretazione autentica spetta a chi sia titolare della funzione legislativa nella materia cui la norma è riconducibile. 20 OTTOBRE 2016, N. 226 REATI E PENE. Prescrizione – reati di competenza del giudice di pace – reati puniti con pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria – previsione di un termine di prescrizione di tre anni – manifesta infondatezza. La Corte Costituzionale, dichiarando non fondate questioni di legittimità costituzionale poste con riguardo al primo ed al quinto comma dell’art. 157 c.p., ha già chiarito come debba essere esclusa l’attuale vigenza di un termine triennale di prescrizione per i reati di competenza del giudice di pace punibili mediante le cosiddette sanzioni paradetentive. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 2/2008 è infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 157, comma 1, c.p., come sostituito dall’art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251, censurato in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui assoggetta ai più lunghi termini di prescrizione in essa previsti, anziché al termine triennale previsto dal quinto comma dello stesso articolo, i reati di competenza del giudice di pace puniti con la sola pena pecuniaria. Infatti, il regime prescrizionale dei reati di competenza del giudice di pace, per i quali, ad oggi, la previsione edittale concerne invariabilmente la pena pecuniaria, non è disciplinato dal quinto comma dell’art. 157 c.p. – che si riferisce invece a reati non puniti con una pena detentiva o pecuniaria e cioè, in definitiva, a reati per i quali le pene para-detentive” siano previste dalla legge in via diretta ed esclusiva – ma deve essere ricondotto, conformemente al prevalente orientamento della più recente giurisprudenza di legittimità, all’ambito applicativo del primo comma del medesimo art. 157 c.p 20 OTTOBRE 2016, N. 225 FILIAZIONE. Provvedimenti del giudice riguardo ai figli – possibilità di valutare, nel caso concreto, se risponda all’interesse del figlio minore conservare rapporti significativi con l’ex partner del genitore biologico [in specie, a seguito di cessazione della convivenza omo-affettiva tra questi] – non fondatezza. L’interruzione ingiustificata da parte di uno o di entrambi i genitori di un rapporto significativo, da questo instaurato e intrattenuto con soggetti non legati da vincolo parentale, è riconducibile all’ipotesi di condotta del genitore comunque pregiudizievole al figlio” in relazione alla quale l’art. 333 c.c. consente già al giudice di adottare i provvedimenti convenienti” nel caso concreto. Sull’argomento, cfr. Corte Cass., n. 11032/1997 al fine dell’ammissibilità dell’azione di paternità naturale, l’interesse del minore deve essere accertato con prevalente riferimento alle esigenze globali - presenti e future - di formazione e di arricchimento della personalità del minore, nel contesto familiare e socio - economico di appartenenza, e deve essere ancorato a fatti concreti, quali il benefico ampliamento della sfera affettiva, sociale ed economica del minore. 20 OTTOBRE 2016, N. 224 EDILIZIA ED URBANISTICA. Norme della Regione Lombardia – previsione che, in relazione agli interventi di ristrutturazione edilizia oggetto della sentenza della Corte costituzionale n. 309 del 2011, i permessi di costruire rilasciati alla data del 30 novembre 2011 nonché le denunce di inizio attività esecutive alla medesima data, devono considerarsi titoli validi ed efficaci fino al momento della dichiarazione di fine lavori, a condizione che la comunicazione di inizio lavori risulti protocollata entro il 30 aprile 2012 – illegittimità costituzionale. L’art. 17, comma 1, della legge della Regione Lombardia n. 7/2012 Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione – il quale, in relazione agli interventi di ristrutturazione edilizia oggetto della sentenza n. 309 del 2011 , al fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti interessati , prescrive che i permessi di costruire rilasciati alla data del 30 novembre 2011 data di pubblicazione della sentenza citata , nonché le denunce di inizio attività esecutive alla medesima data, siano considerati titoli validi ed efficaci fino al momento della dichiarazione di fine lavori, a condizione che la comunicazione di inizio lavori risulti protocollata entro il 30 aprile 2012 – è costituzionalmente illegittimo. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 169/2015 a seguito di una pronuncia di illegittimità costituzionale, se certamente il legislatore resta titolare del potere di disciplinare, con un nuovo atto, la stessa materia, è senz’altro da escludere che possa legittimamente farlo limitandosi a salvare”, e cioè a mantenere in vita”, o a ripristinare gli effetti prodotti da disposizioni che, in ragione della dichiarazione di illegittimità costituzionale, non sono più in grado di produrne. Il contrasto con l’art. 136 Cost. ha, in un simile frangente, portata addirittura letterale. In altri termini nel mutato contesto di esperienza determinato da una pronuncia caducatoria, un conto sarebbe riproporre, per quanto discutibilmente, con un nuovo provvedimento, anche la stessa volontà normativa censurata dalla Corte un altro conto è emanare un nuovo atto diretto esclusivamente a prolungare nel tempo, anche in via indiretta, l’efficacia di norme che non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione” art. 30, terzo comma, della L. 11 marzo 1953, n. 87 - Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale .