RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONS. STATO, SEZIONE III 9 SETTEMBRE 2016, N. 3841 SICUREZZA PUBBLICA - STRANIERI IN PARTICOLARE EXTRACOMUNITARI - PERMESSO DI SOGGIORNO. Rinnovo del permesso di soggiorno all’extracomunitario condannato per spaccio di stupefacenti. In materia di spaccio di stupefacenti, il grave disvalore che il legislatore attribuisce a monte” a tali reati ai fini della tutela della sicurezza pubblica implica che le relative condanne dell’extracomunitario siano automaticamente ostative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno, qualunque sia la pena detentiva riportata dal condannato e non rilevando la concessione della sospensione condizionale tuttavia, quando sussistono gli speciali presupposti indicati dalla nuova formulazione dell’art. 5, comma 5, T.U. n. 286/1998, come modificato dal d.lgs. n. 5/2007 e ulteriormente inciso dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 202/2013, l’automatismo delle cause ostative viene meno, occorrendo pertanto una valutazione discrezionale in ogni caso, l’esigenza di salvaguardare l’eventuale unità familiare non può prevalere su quella di tutela della comunità. Il Consiglio di Stato ha ribadito che le condanne dell’extracomunitario in materia di stupefacenti sono automaticamente ostative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno. Invero, stante il grave disvalore che il legislatore attribuisce, a monte, ai reati in questione ai fini della tutela della sicurezza pubblica - alla luce di quanto già enunciato dalla stessa Sezione nella sentenza 2251/2016 - le condanne dell’extracomunitario in materia di stupefacenti sono automaticamente ostative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno, qualunque sia la pena detentiva riportata dal condannato e non rilevando la concessione della sospensione condizionale Cons. St., sez. III, 797/2016 Sez. III, 1841/2015 Sez. III, 919/2015 . In presenza di tali condanne, non residua alcuna sfera di discrezionalità in capo all’Amministrazione, che è obbligata a dare immediata applicazione al disposto normativo Cons. St., sez. III, 4087/2014 . Nondimeno il Collegio ha precisato che, quando sussistono gli speciali presupposti indicati dalla nuova formulazione dell’art. 5, comma 5 del TU 286/1998, come modificato dal D.Lgs. 5/2007 e ulteriormente inciso dalla sentenza della Corte Costituzionale 202/2013, l’automatismo delle cause ostative viene meno ed occorre una valutazione discrezionale infatti, nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’art. 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”. Nella specie, l’appellante - soggiornante in Italia da 25 anni e radicato nel territorio dello Stato, avendo acquistato un immobile nel quale viveva con la famiglia - aveva subito una condanna a due anni e otto mesi di reclusione e ad € 14.000 di multa per il reato di detenzione illecita ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Il Collegio, applicando il suddetto principio di diritto alla fattispecie concreta, ha affermato che nel bilanciamento dei contrapposti interessi, è prevalente - rispetto all’interesse del ricorrente a restare in Italia con la moglie e i due figli - quello pubblico a negargli il rinnovo del permesso di soggiorno, in considerazione della gravità del reato dallo stesso commesso, nascondendo - quando era beneficiario del permesso di soggiorno - la droga presso la propria abitazione. La sentenza ha, inoltre, precisato che il giudizio di pericolosità sociale è rimesso alla prudente e discrezionale valutazione dell’Autorità di pubblica sicurezza e può trarre giustificazione da comportamenti o situazioni che in taluni casi possono essere non ancora definitivamente sanzionati in sede penale , con una valutazione indiziaria della condotta dell’interessato, fondata su dati di esperienza generalizzati che corrispondono all’id quod plerumque accidit. Ciò posto, la Sezione - chiarita la ratio delle disposizioni sull’immigrazione che, accanto alla verifica dell’idoneità dello straniero ad inserirsi in un sano contesto socio economico, prendono anche in primaria considerazione le esigenze di tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica - ha, pertanto, respinto l’appello, condividendo il giudizio negativo già espresso nella specie dal Questore secondo cui, da un lato, l’esigenza di salvaguardare l’unità familiare non può prevalere su quella di tutela della comunità, anche in ragione del fatto che tale unità familiare non ha agito da deterrente per impedire la commissione del reato dall’altro, il periodo di permanenza sul territorio dello stato dell’appellante non soddisfa la condizione di c.d. lungo soggiornante, avendo regolarizzato la sua posizione in Italia nel 2011.