RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

12 OTTOBRE 2016, N. 222 ESECUZIONE FORZATA. Somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento – mancata previsione che le soglie di pignorabilità siano le stesse di quelle indicate dalla legge in materia di tributi [d.l. 02/03/2012, n. 16, convertito in legge 26/04/2012, n. 44] e che quindi debbano essere graduate a seconda della retribuzione, come indicato dall’art. 72-ter del d.P.R. 29/09/1973, n. 602, in misura pari ad 1/10 per importi fino a 2.500,00 euro in misura pari ad 1/7 per importi da 2.500,00 a 5.000,00 euro e che resta ferma la misura di cui all’art. 545, comma 4, c.p.c. se le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, superano i cinquemila euro – manifesta infondatezza. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 545, comma 4, c.p.c., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., dal Tribunale ordinario di Viterbo, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 2 dicembre 2015, iscritta al n. 79 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2016, è manifestamente infondata. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 248/2015 la tutela della certezza dei rapporti giuridici, in quanto collegata agli strumenti di protezione del credito personale, non consente di negare in radice la pignorabilità degli emolumenti ma di attenuarla per particolari situazioni la cui individuazione è riservata alla discrezionalità del legislatore, mentre, con riguardo alla questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., sia in relazione al regime di impignorabilità delle pensioni, sia – in via subordinata – all’art. 72-ter del d.P.R. n. 602 del 1973, le argomentazioni del giudice rimettente non sono state condivise in ragione della eterogeneità dei tertia comparationis rispetto alla disposizione impugnata 12 OTTOBRE 2016, N. 220 PROCEDIMENTO CIVILE. Notificazioni – notificazione eseguita personalmente dall’ufficiale giudiziario – perfezionamento in caso di irreperibilità o di rifiuto di ricevere la copia dell’atto – decorrenza degli effetti della notifica, per il destinatario, dalla data di ricevimento [se anteriore al decimo giorno dalla spedizione] della raccomandata informativa contenente l’avviso di avvenuto deposito della copia nella casa comunale – manifesta infondatezza. Non ha alcun senso estendere il termine di compiuta giacenza”, di cui al quarto comma dell’art. 8 della richiamata l. n. 890/1982, alla diversa ipotesi disciplinata dall’art. 140 c.p.c., considerato che, in tal caso, la conoscenza legale dell’atto coincide con il momento in cui può essere conseguita anche la conoscenza. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 3/2010 è costituzionalmente illegittimo l’art. 140 c.p.c., nella parte in cui prevede che la notifica si perfezioni, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione compiuta giacenza , analogamente a quanto previsto per la notifica a mezzo del servizio postale, venendo così assicurata la complessiva ragionevolezza del sistema e la parità delle garanzie tra notificante e notificatario sul piano del diritto di difesa. 7 OTTOBRE 2016, N. 216 PROCESSO PENALE. Giudizio abbreviato – accoglimento della richiesta – esclusione del responsabile civile – non fondatezza. L’esclusione del responsabile civile dal giudizio abbreviato costituisce una scelta non irragionevole, coerente con gli obiettivi di fondo del rito speciale, effettuata dal legislatore nell’esercizio dell’ampia discrezionalità di cui fruisce nella disciplina degli istituti processuali. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 57/2005 anche a seguito della novella operata dalla legge n. 479/1999, il rito abbreviato continua a costituire un modello alternativo al dibattimento che, da un lato, si fonda sull’intero materiale raccolto nel corso delle indagini preliminari – in base al quale l’imputato accetta di essere giudicato – e, dall’altro, consente una limitata acquisizione di elementi meramente integrativi, sì da mantenere la configurazione di rito a prova contratta”. 7 OTTOBRE 2016, N. 215 SANITÀ PUBBLICA. Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie – composizione – previsione che della stessa facciano parte due componenti designati dal Ministero della Salute, un dirigente amministrativo del Ministero ed un dirigente di seconda fascia medico [o, a seconda dei casi, veterinario o farmacista] – illegittimità costituzionale parziale. L’art. 17, comma 1 e 2, lett. e , del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233 Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell’esercizio delle professioni stesse , è costituzionalmente illegittimo nelle parti in cui si fa riferimento alla nomina dei componenti di derivazione ministeriale. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 108/1962 il precetto di cui all’art. 108 Cost., comma 2, che stabilisce il requisito dell’indipendenza degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia, non può essere interpretato nel senso dell’affidamento al legislatore di una assoluta discrezionalità nella disciplina delle sezioni specializzate, considerando la riserva di legge” la sola garanzia voluta stabilire. Non vi è, infatti, alcun elemento su cui poggiare una differenza di trattamento fra questa e le altre riserve” stabilite dalla Costituzione, le quali, anche se, come l’attuale, non siano rinforzate”, sono ritenute suscettibili di dar vita al sindacato rivolto ad accertare se vi sia una qualche minima corrispondenza fra la legge emessa nella materia riservata e l’interesse che la Costituzione ha inteso tutelare sancendo la riserva. 3 OTTOBRE 2016, N. 214 IMPIEGO PUBBLICO. Abrogazione dell’art. 17-bis del d.lgs. n. 165/2001 con il quale era stata istituita, previa mediazione della contrattazione collettiva, la Vicedirigenza – non fondatezza. Secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il diritto a un processo equo garantito dall’art. 6 della CEDU, interpretato in conformità al principio della preminenza del diritto, include il diritto all’esecuzione delle decisioni giurisdizionali definitive e vincolanti. Tale affermazione riveste una particolare importanza proprio nel contesto del contenzioso amministrativo, atteso che, con l’azione di annullamento, il ricorrente mira a ottenere, non solo l’eliminazione dell’atto o dell’omissione impugnati ma anche, e soprattutto, la rimozione dei loro effetti. La stessa Corte di Strasburgo ha peraltro dato atto che esistono circostanze che possono giustificare la mancata esecuzione in natura” degli obblighi imposti da un giudicato, a condizione che lo Stato convenuto abbia informato il ricorrente, a mezzo di un provvedimento giudiziario o amministrativo, delle vicende di fatto o degli ostacoli giuridici che l’hanno resa impossibile. Sulla base di tali principi, la mancata esecuzione dell’obbligo imposto dal giudicato della sentenza del TAR Lazio n. 4266/2007, determinata dall’abrogazione, a opera dall’impugnato art. 5, comma 13, d.l. n. 95/2012, dell’art. 17- bis , d.lgs. n. 165/2001, è giustificata e non lede, perciò, il diritto a un equo processo garantito dall’art. 6 della CEDU. In senso conforme, cfr. CEDU, Sez. II, sent. 9 giugno 2009, Nicola Silvestri contro Italia esistono delle circostanze che giustificano la mancata esecuzione in forma di obbligazione imposta da una decisione giudiziaria definitiva. 23 SETTEMBRE 2016, N. 213 ASSISTENZA. Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone portatrici di handicap – permessi al lavoratore per l’assistenza al portatore di handicap in situazione di gravità – soggetti beneficiari - convivente more uxorio – illegittimità costituzionale parziale. La disciplina dei permessi mensili retribuiti per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità è costituzionalmente illegittima nella parte in cui non include tra i soggetti legittimati a fruire di tale agevolazione il convivente, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 19/2009 l’interesse primario cui è preposto l’istituto dei permessi mensili retribuiti di cui all’art. 33 della legge n. 104/1992 è quello di assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare, indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio dell’assistito.