RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

15 LUGLIO 2016, N. 179 GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA. Riordino del processo amministrativo – controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica [nella specie convenzioni urbanistiche] – devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche nel caso di azione giudiziale proposta da parte della pubblica amministrazione nei confronti del privato – non fondatezza. Se, di norma, la pubblica amministrazione è parte resistente nel processo amministrativo, dapprima l’art. 11, comma 5, legge 7 agosto 1990, n. 241 Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi ed in seguito l’art. 133, comma 1, lettera a , numero 2 , del d.lgs. n. 104 del 2010, hanno devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie che trovano titolo negli accordi procedimentali che sostituiscono o integrano i provvedimenti amministrativi. In tali controversie, anche quando parte attrice sia l’amministrazione, la giurisprudenza di legittimità, sia ordinaria, sia amministrativa, riconosce la giurisdizione del giudice amministrativo. In quanto inserite nell’ambito del procedimento amministrativo, le convenzioni e gli atti d’obbligo stipulati tra pubblica amministrazione e privati costituiscono pur sempre espressione di un potere discrezionale della stessa pubblica amministrazione. Tali moduli convenzionali di esercizio del potere amministrativo non hanno, quindi, specifica autonomia. In coerenza con i principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale, il fondamento di tali ipotesi di giurisdizione esclusiva viene legittimamente individuato nell’esercizio, ancorché in via indiretta o mediata, del potere pubblico. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 35/2010 ai fini della compatibilità costituzionale delle norme di legge devolutive di controversie alla detta giurisdizione, è necessario che vi siano coinvolte situazioni giuridiche di diritto soggettivo e di interesse legittimo strettamente connesse che il legislatore assegni al giudice amministrativo la cognizione non di blocchi di materie”, ma di materie determinate e che l’amministrazione agisca, in tali ambiti predefiniti, come autorità e cioè attraverso la spendita di poteri amministrativi, che possono essere esercitati sia mediante atti unilaterali e autoritativi, sia mediante moduli consensuali, sia mediante comportamenti, purché questi ultimi siano posti in essere nell’esercizio di un potere pubblico e non consistano, invece, in meri comportamenti materiali avulsi da tale esercizio. 15 LUGLIO 2016, N. 178 EDILIZIA E URBANISTICA. Norme della Regione Marche – previsione che gli edifici esistenti, che siano oggetto di qualificazione del patrimonio edilizio esistente, di riqualificazione urbana, di recupero funzionale, di accorpamento e di ogni trasformazione espressamente qualificata di interesse pubblico dalla disciplina statale e regionale vigenti, possono essere demoliti e ricostruiti all’interno dell’area di sedime o aumentando la distanza dagli edifici antistanti anche in deroga ai limiti di cui al D.M. Lavori Pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, fermo restando il rispetto delle norme del codice civile e della disciplina di tutela degli edifici di valore storico, architettonico e culturale – previsione che gli eventuali incrementi volumetrici consentiti dalla normativa regionale vigente, possono essere realizzati con la sopraelevazione dell’edificio originario anche in deroga ai distacchi dai confini e dai limiti di zona prescritti dagli strumenti urbanistici ed edilizi vigenti ed in deroga agli artt. 7, 8 e 9 del D.M. n. 1444 del 1968, nonché con ampliamento fuori sagoma dell’edificio originario, laddove siano comunque rispettate le distanze minime tra fabbricati di cui all’articolo 9 del medesimo decreto o quelle dagli edifici antistanti preesistenti, dai corrispondenti confini interni e limiti di zona, se inferiori – previsione che le disposizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle diverse previsioni sulla densità edilizia, sull’altezza degli edifici e sulle distanze tra fabbricati previste dagli strumenti di pianificazione urbanistica comunale – illegittimità costituzionale parziale. In tema di disciplina delle distanze fra costruzioni, il punto di equilibrio” – tra gli ambiti di competenza, rispettivamente, esclusiva”, dello Stato in ragione dell’attinenza di detta disciplina alla materia ordinamento civile e, concorrente”, della Regione, nella materia governo del territorio per il profilo della insistenza dei fabbricati su territori che possono avere, rispetto ad altri, specifiche caratteristiche, anche naturali o storiche – si rinviene nel principio, estraibile dall’ultimo comma dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, per cui sono ammesse distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, ma solo nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche . Pertanto, la legislazione regionale che interviene sulle distanze, interferendo con l’ordinamento civile, è legittima solo in quanto persegua chiaramente finalità di carattere urbanistico, demandando l’operatività dei suoi precetti a strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 134/2014 il regime delle distanze è disciplinato primariamente dal codice civile e precisato da ulteriori interventi normativi, tra cui rileva il d.m. n. 1444 del 1968, costituente un corpo unico con la regolazione codicistica, che, all’art. 9, ultimo comma, ammette distanze inferiori a quelle stabilite dalla disciplina statale, se inserite in strumenti urbanistici funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio. Pertanto, la legislazione regionale che impone il rispetto del codice civile e di tutte le disposizioni integrative dettate in tema di distanze, comprese quelle di cui al citato d.m. del 1968, risulta pienamente rispettosa della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia civilistica dei rapporti interprivati. 14 LUGLIO 2016, N. 175 MAFIA E CRIMINALITÀ ORGANIZZATA. Norme della Regione Puglia – previsione che la Regione assume le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, in attuazione della legge 23/11/1998 n. 407, nei propri ruoli per chiamata diretta e personale e con livello contrattuale e qualifica corrispondenti al titolo di studio posseduto – previsione che il diritto al collocamento di cui al comma 1 viene attuato su apposita domanda dei soggetti aventi le qualità e le condizioni sulla base del seguente ordine a vittima sopravvissuta b coniuge superstite c convivente more uxorio d figli della vittima e genitori della vittima f germani della vittima – illegittimità costituzionale parziale. L’art. 7, comma 3, della legge della Regione Puglia 23 marzo 2015, n. 12 Promozione della cultura della legalità, della memoria e dell’impegno è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui annovera anche i conviventi more uxorio e i genitori tra i beneficiari del collocamento obbligatorio delle vittime della mafia, della criminalità organizzata, del terrorismo e del dovere. Tale disposizione, infatti, lede la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile e si discosta dalla previsione dell’art. 1, comma 2, della legge n. 407/1998, che, nella sua attuale formulazione, menziona soltanto il coniuge, i figli e, a certe condizioni, i fratelli. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 50/2005 la disciplina legislativa che persegue la finalità di favorire l’inserimento nel mondo del lavoro dei soggetti considerati attiene all’ordinamento civile e, dunque, ad una materia di competenza esclusiva statale. 14 LUGLIO 2016, N. 174 PREVIDENZA. Pensione di reversibilità – previsione, con effetto sulle pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2012, che l’aliquota percentuale della pensione a favore di assicurato e pensionato nell’ambito del regime dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme esclusive o sostitutive di detto regime è ridotta, nei casi in cui il matrimonio con il dante causa sia stato contratto ad età del medesimo superiore a settanta anni e la differenza di età tra i coniugi sia superiore a venti anni, del 10 per cento in ragione di ogni anno di matrimonio con il dante causa mancante rispetto al numero di 10 – previsione che nei casi di frazione di anno la predetta percentuale è proporzionalmente rideterminata – previsione, altresì, che le disposizioni stesse non si applicano nel caso di presenza di figli di minore età, studenti, ovvero inabili – illegittimità costituzionale. La disciplina che prevede decurtazioni della pensione di reversibilità per i matrimoni contratti da chi abbia più di settant’anni anni con una persona di venti anni più giovane è incostituzionale, fondandosi sulla presunzione assoluta – che preclude ogni prova contraria – che gli stessi traggano origine dall’intento di frodare le ragioni dell’erario. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 187/2000 è costituzionalmente illegittimo, per lesione dell’art. 3 della Costituzione, l’art. 22, sesto comma, della legge 18 agosto 1962, n. 1357, nella parte in cui esclude il diritto alla pensione di reversibilità in favore del coniuge del veterinario, che abbia contratto matrimonio successivamente al pensionamento dell’assicurato, in quanto, alla stregua di un principio generale - già affermato dalla giurisprudenza costituzionale anteriore e recepito dalle leggi - il diritto in questione non può essere subordinato alla durata minima del vincolo matrimoniale né limitato immotivatamente.