RASSEGNA TAR

TAR TOSCANA, FIRENZE, SEZ. I 9 GIUGNO 2016, N. 987 ACCORDI – CONVENZIONI URBANISTICHE. Convenzione urbanistica ed eventuale responsabilità della P.A La regola della non risarcibilità dei danni evitabili con l'impugnazione del provvedimento e con la diligente utilizzazione degli altri strumenti di tutela previsti dall'ordinamento, oggi sancita dall'art. 30, comma 3, c.p.a., è ricognitiva di principi già evincibili alla stregua di un'interpretazione evolutiva del capoverso dell'art. 1227 c.c., sicché, pur non sussistendo una pregiudizialità di rito già nel quadro normativo anteriore all'entrata in vigore del c.p.a., deve considerarsi immanente nell'ordinamento il principio che la mancata impugnazione del provvedimento amministrativo costituisce un comportamento contrario a buona fede, qualora sia accertato che una tempestiva reazione giudiziaria avrebbe evitato o mitigato il danno. Il potere di pianificazione urbanistica dell’Amministrazione comunale può essere attuato anche attraverso moduli consensuali, con reciproca concessione di oneri e benefici tra la parte privata e quella pubblica, come avviene con le convenzioni accessive al provvedimento generale che costituiscono strumenti di attuazione, rivestendo carattere negoziale a valenza pubblicistica, e perciò sono soggette alla disciplina di diritto pubblico degli accordi ex art. 11, l. 7 agosto 1990 n. 24. In tale ipotesi, il proprietario - a fronte dei vantaggi conseguiti - può disporre liberamente del proprio bene ed accettare vincoli negoziali limitativi del proprio diritto la natura negoziale della convenzione preclude, in forza dell'efficacia vincolante riveniente dall'art. 1321 c.c., a ciascuna delle parti del rapporto di sottrarsi all'adempimento delle obbligazioni liberamente assunte, salve le ipotesi di invalidità del negozio per vizi della volontà. TAR SARDEGNA, CAGLIARI, SEZ. I 12 MAGGIO 2016, N. 428 SILENZIO – SILENZIO INADEMPIMENTO – CONSEGUENZE PER IL RITARDO DELL'AMMINISTRAZIONE NELLA CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO. Silenzio della P.A. e indennizzo da mero ritardo. Per poter azionare il rito del silenzio, previsto dall'art. 117 c.p.a., è necessaria la sussistenza di due requisiti, consistenti nell'obbligo per l'Amministrazione di provvedere sull'istanza presentata dal soggetto interessato e nella conseguente inerzia della stessa Amministrazione che con il ricorso ex art. 117 c.p.a. si tende a superare. Un provvedimento che abbia natura meramente interlocutoria, rinviando il soddisfacimento del correlato interesse pretensivo ad un accadimento futuro ed incerto, equivale a inerzia dell’Amministrazione. L'ammissibilità dell'azione avverso il silenzio postula l'esistenza di una posizione di interesse legittimo, mentre il diritto soggettivo è tutelabile, presso il g.o., o eventualmente presso il g.a. nelle materie di giurisdizione esclusiva, con l'azione di accertamento, in quanto il bene della vita richiesto non costituisce oggetto di attività amministrativa ma è riconosciuto direttamente dall'ordinamento senza alcuna intermediazione del potere pubblico. Ai sensi dell'art. 31, comma 3, c.p.a. è consentito al giudice di pronunciarsi anche sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, nell'ambito del rito speciale del silenzio, nelle sole ipotesi in cui l'azione amministrativa in relazione alla quale è stata denunciata l'inerzia dell'Amministrazione si connoti come vincolata e priva di qualsivoglia residuo margine di discrezionalità. Seppure l’indennizzo da mero ritardo prescinde dalla dimostrazione degli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale prova del danno del comportamento colposo o doloso della p.a. del nesso di causalità - essendo sufficiente il superamento del termine di conclusione del procedimento - tuttavia, ai fini del riconoscimento del diritto all'indennizzo, una volta scaduti i termini per la conclusione del procedimento, l'istante, nel termine perentorio di venti giorni dalla scadenza del termine entro il quale il procedimento si sarebbe dovuto concludere, deve ricorrere all'Autorità titolare del potere sostitutivo di cui all'art. 2, comma 9-bis, l. n. 241/1990, richiedendo l'emanazione del provvedimento non adottato.