RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

6 MAGGIO 2016, N. 99 ARBITRATO. Arbitrato nelle controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici, relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee – obbligo di previa e motivata autorizzazione amministrativa, introdotto dalla legge 06/11/2012 n. 190 c.d. legge anticorruzione” a pena di nullità delle clausole compromissorie e del ricorso all’arbitrato – inapplicabilità ai soli arbitrati conferiti o autorizzati prima della data 28 novembre 2012 di entrata in vigore della stessa legge – conseguente necessità di autorizzazione per gli arbitrati conferiti dopo tale data ma in relazione a clausole compromissorie pattuite anteriormente – omessa previsione che l’autorizzazione possa ritenersi surrogata da comportamenti ed atti formali che confermino il chiaro ed univoco intendimento dell’Amministrazione appaltante di coltivare l’arbitrato – manifesta infondatezza. Premesso che il legislatore sicuramente gode di discrezionalità nell’individuare le materie sottratte alla possibilità di compromesso, con il solo limite della manifesta irragionevolezza, a maggior ragione, la scelta discrezionale del legislatore di subordinare a una preventiva e motivata autorizzazione amministrativa il deferimento ad arbitri delle controversie derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, non è manifestamente irragionevole, configurandosi come un mero limite all’autonomia contrattuale, la cui garanzia costituzionale non è incompatibile con la prefissione di limiti a tutela di interessi generali. In senso conforme, cfr. Corte Cost. n. 108/2015 non è fondata la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto la disciplina dell’arbitrato nei contratti pubblici introdotta dall’art. 1, commi 19 e 25, della legge n. 190/2012. Tale nuova disciplina sancisce l’inefficacia per il futuro, e non retroattivamente, delle clausole compromissorie stipulate prima della sua entrata in vigore, introducendo, quale limite all’autonomia contrattuale a tutela di interessi generali, la possibilità di compromettere una controversia in arbitri solo a seguito di autorizzazione motivata della stazione appaltante. Inoltre, la scelta operata dal legislatore del 2012 di affidare all’organo di governo dell’amministrazione interessata il compito di emanare tale autorizzazione non è irragionevole in quanto questa, non essendo qualificabile come mero apprezzamento tecnico, attiene a valutazioni politico-amministrative che legittimamente il legislatore può rimettere al vertice politico. 6 MAGGIO 2016, N. 97 CONTRATTO DI AGENZIA. Indennità all’agente in caso di cessazione del rapporto – condizioni perché sia dovuta – sufficienza, in base all’art. 1751, primo comma, del codice civile, nel testo sostituito dal decreto legislativo 10/09/1991 n. 303, di almeno una delle due condizioni meritevolezza ed equità cumulativamente richieste dalla direttiva n. 86/653/CEE – inammissibilità. Ancorché le due condizioni richieste dall’articolo 1751 cod. civ. siano previste distintamente, il tenore testuale della seconda parte del primo comma di tale disposizione, ed il richiamo all’equità in essa contenuto, impone di tenere conto, ai fini del riconoscimento del diritto all’indennità, di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti”. Siffatta specificazione tali clienti” non può che essere riferita ai clienti indicati nella condizione precedente ossia a quelli apportati dall’agente, ovvero a quelli esistenti, con i quali l’agente abbia sensibilmente sviluppato gli affari . In questa prospettiva, la sussistenza dei requisiti previsti nella seconda parte della disposizione in esame implica, sul piano logico, la sussistenza dei requisiti della stessa prima parte. Le condizioni necessarie ai fini dell’indennità, ancorché previste separatamente, risulterebbero quindi logicamente e ontologicamente connesse. In senso conforme, cfr. Cass., n. 4708/2011 nella disciplina dell’indennità di cessazione del rapporto di agenzia di cui all’art. 1751 cod. civ., nel testo di cui all’art. 4 d.lgs. 10 settembre 1991, n. 303 applicabile anche ai rapporti di subagenzia , fatto costitutivo del diritto è la cessazione del rapporto, prevista nel primo comma, unitamente alle condizioni previste dalle successive due articolazioni dello stesso comma in via alternativa, originariamente, e in via cumulativa, a seguito della modifica attuata dall’art. 5 d.lgs. 15 settembre 1999 n. 65 . 6 MAGGIO 2016, N. 95 IMPIEGO PUBBLICO. Ferie maturate e non godute all’atto della cessazione del rapporto – previsione che non danno luogo alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi – previsione che la violazione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile – non fondatezza. L’art. 5, co. 8, d.l. n. 95/2012 – entrato in vigore il 7 luglio 2012 – così recita Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione , nonché delle autorità indipendenti non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile”. Tale disciplina mira a riaffermare la preminenza del godimento effettivo delle ferie, per incentivare una razionale programmazione del periodo feriale e favorire comportamenti virtuosi delle parti nel rapporto di lavoro, contrastando gli abusi. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 286/2013 anche in base alla normativa sopravvenuta, le ferie del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche, ivi comprese quelle regionali, rimangono obbligatoriamente fruite secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti”, tuttora modellati dalla contrattazione collettiva dei singoli comparti. E la stessa attuale preclusione delle clausole contrattuali di miglior favore circa la monetizzazione” delle ferie non può prescindere dalla tutela risarcitoria civilistica del danno da mancato godimento incolpevole. 6 MAGGIO 2016, N. 94 REATI E PENE. Produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope – provvedimenti a tutela della sicurezza pubblica – misure di prevenzione applicate dal questore – previsione di sanzione penale in caso di contravvenzione alle prescrizioni imposte – illegittimità costituzionale. L’art. 4-quater del decreto-legge n. 272/2005 Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 , come convertito, con modificazioni, dall’art. 1, co. 1, della legge n. 49/2006, che introduce l’art. 75-bis del d.P.R. n. 309/1990 Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza è costituzionalmente illegittimo. L’art. 4 dell’originario testo del decreto-legge contiene norme di natura processuale, attinenti alle modalità di esecuzione della pena, il cui fine è quello di impedire l’interruzione dei programmi di recupero dalla tossicodipendenza. Diversamente, la disposizione di cui all’art. 4-quater, introdotta dalla legge di conversione, prevede anche norme a carattere sostanziale, del tutto svincolate da finalità di recupero del tossicodipendente, ma piuttosto orientate a finalità di prevenzione di pericoli per la sicurezza pubblica. Pur contenute in un’unica disposizione, le norme di nuova introduzione hanno una portata sistematica e coinvolgono istituti di estrema delicatezza, quali sono quelli delle misure di prevenzione atipiche e delle reazioni sanzionatorie alla loro violazione. L’esame del contenuto dell’art. 4-quater denota, pertanto, la palese estraneità delle disposizioni censurate, aggiunte in sede di conversione, rispetto ai contenuti e alle finalità del decreto-legge in cui sono state inserite, evidenziando, sotto questo profilo, una violazione dell’art. 77, co. 2, Cost. per difetto del necessario requisito dell’omogeneità, in assenza di qualsivoglia nesso funzionale tra le disposizioni del decreto-legge e quelle introdotte, con emendamento, in fase di conversione. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 32/2014 sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto con l’art. 77, co. 2, Cost., gli artt. 4-bis e 4-vicies ter del d.l. n. 272/2005 convertito, con modificazioni, dall’art. 1, co. 1, della legge n. 49/2006 , i quali unificano il trattamento sanzionatorio, in precedenza differenziato, previsto dal D.P.R. n. 309/1990 per i reati aventi ad oggetto le c.d. droghe leggere” e per quelli concernenti le c.d. droghe pesanti”. Le norme impugnate, introdotte in sede di conversione, violano l’indicato parametro costituzionale per difetto di omogeneità e, quindi, di nesso funzionale con le disposizioni del decreto-legge, così discostandosi dai principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale sui limiti di emendabilità del provvedimento d’urgenza da parte della legge di conversione. L’art. 4 del decreto - l’unico fra le norme in esso contenute al quale potrebbero, in ipotesi, riferirsi le disposizioni impugnate - contiene norme di natura processuale, attinenti alle modalità di esecuzione della pena, il cui fine è quello di impedire l’interruzione dei programmi di recupero del tossicodipendente. Le disposizioni impugnate si riferiscono invece agli stupefacenti e non alla persona del tossicodipendente esse, inoltre, sono norme a connotazione sostanziale perché dettano la disciplina dei reati in materia di stupefacenti. Si tratta, quindi, di fattispecie diverse per materia e finalità che denotano l’evidente estraneità delle disposizioni censurate rispetto ai contenuti e alle finalità del decreto-legge, come dimostra l’intervenuta modifica, in sede di conversione, del titolo originario del decreto.