RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

23 MARZO 2016, N. 59 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO. Riorganizzazione dei Tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero recata dal decreto legislativo 07/09/2012 n. 155 – riduzione degli uffici giudiziari ordinari – inclusione del Tribunale di Orvieto nell’elenco delle sedi soppresse e conseguente accorpamento al Tribunale di Terni – non fondatezza. Il legislatore delegato ha ritenuto di disporre la soppressione del Tribunale ordinario di Orvieto, che era il terzo più piccolo d’Italia, in luogo di quello di Spoleto, che vantava un maggiore bacino d’utenza non sussiste, dunque, alcuna contraddittorietà rispetto alla legge delega, i cui criteri direttivi appaiono puntualmente rispettati. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 237/2013 è infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, co. 2, legge n. 148/2011, nella parte in cui delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge e con l’osservanza dei principi e criteri direttivi indicati, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, in riferimento agli art. 70, 72, co. 1 e 4, e 77, co. 2, Cost 23 MARZO 2016, N. 58 IMPIEGO PUBBLICO. Impiego regionale – norme della Regione Sardegna – disciplina del personale regionale e degli uffici della Regione – istituzione di unità di progetto per il conseguimento di obiettivi specifici, coordinate da personale dirigente del sistema Regione, ovvero da dipendenti in possesso dei requisiti per l’accesso alla qualifica dirigenziale – attribuzione a detto personale anche non dirigente della retribuzione di risultato prevista dal CCNL per l’area dirigenziale – inammissibilità. Nel caso in cui venga impugnata in via principale la legge di un soggetto ad autonomia speciale, la compiuta definizione dell’oggetto del giudizio, onere di cui è gravato il ricorrente, non può prescindere dalla indicazione delle competenze legislative assegnate dallo statuto, alle quali le disposizioni impugnate sarebbero riferibili qualora non operasse il nuovo testo dell’art. 117 Cost In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 151/2015 qualora sia proposta impugnazione di una norma di legge di una Regione ad autonomia speciale, anche denunciandone l’eventuale contrasto con il diritto dell’Unione Europea, il ricorrente ha l’onere di specificare le ragioni per cui debba prendersi in considerazione l’art. 117 Cost., in luogo del parametro ricavabile dallo statuto speciale. 23 MARZO 2016, N. 57 ESECUZIONE. Condannati alla pena dell’ergastolo con sentenza passata in giudicato – possibilità di ottenere in sede esecutiva la riduzione della pena ex art. 442 codice di procedura penale, come modificato dall’art. 30, comma 1, lett. b , della legge 16/12/1999 n. 479 – inammissibilità. Considerato che la giurisprudenza costituzionale ha chiaramente escluso che siano proponibili in sede di esecuzione questioni ormai precluse, perché avrebbero dovuto essere proposte nel giudizio di cognizione, deve concludersi che sono inammissibili per difetto di rilevanza le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4-ter, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 82/2000 Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato , convertito, con modificazioni, dall’art. 1, co. 1, della legge n. 144/2000, e dell’art. 7, co. 1 come risultante dalla declaratoria di incostituzionalità del 3-7-2013 della Corte costituzionale e co. 2, del decreto-legge n. 341/2000 Disposizioni urgenti per l’efficacia e l’efficienza dell’Amministrazione della giustizia , convertito, con modificazioni, dall’art. 1, co. 1, della legge n. 4/2001, nella parte in cui, alla luce dell’orientamento consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità da ultimo Cass. Sez. I, sentenza n. 23931 del 17/05/2013 , non escludono dall’applicazione della disciplina relativa gli imputati cui, nei giudizi di appello, già pendenti alla data di entrata in vigore dell’indicato art. 4-ter d.l. 82/2000 7 aprile 2000 , era stato attribuito il diritto di definire con il rito abbreviato la relativa posizione e di beneficiare del trattamento sostanziale” di cui all’art. 30 co. 1 lett. b della l. 479/1999 e che hanno potuto esercitare tale diritto solo dopo il 24-11-2000, sollevate dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 3 marzo 2014 r.o. n. 139 del 2015 , in riferimento agli artt. 3 e 117, co. 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 7, paragrafo 1, CEDU. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 210/2013 non è consentito al giudice dell’esecuzione impugnare disposizioni primarie che siano già state applicate, in via definitiva, in fase di cognizione. 23 MARZO 2016, N. 56 EDILIZIA ED URBANISTICA. Opere su beni paesaggistici eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da essa – trattamento sanzionatorio – casi in cui i lavori ricadono su immobili o aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche, siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori – illegittimità costituzionale parziale. Con le modifiche apportate all’art. 181, decreto legislativo n. 42/2004 Codice dei beni culturali , il legislatore, non solo ha punito più gravemente le condotte incidenti su beni sottoposti a vincoli puntuali rispetto a quelle incidenti su beni vincolati per legge, ma ha anche delineato un complessivo trattamento sanzionatorio delle prime di gran lunga più severo rispetto a quello riservato alle seconde. Ed infatti, i lavori eseguiti sui beni vincolati in via provvedimentale senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa integrano sempre un delitto e sono puniti con la reclusione da uno a quattro anni mentre i lavori eseguiti sui beni vincolati per legge integrano una contravvenzione e sono puniti con l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 30.986,00 a 103.290,00 euro, a meno che non costituiscano, ai sensi dell’art. 181, co. 1-bis, lett. b , opere di notevole impatto volumetrico, nel qual caso sono puniti alla stessa stregua dei primi. Solo per i reati commessi su beni sottoposti a vincolo legale, poi, operano, alle condizioni specificamente previste, le cause di non punibilità e di estinzione del reato rispettivamente introdotte dai commi 1-ter e 1-quinquies. Si è, dunque, in presenza di una legislazione ondivaga, non giustificata né da sopravvenienze fattuali né dal mutare degli indirizzi culturali di fondo della normativa in materia e già questo è sintomo di irragionevolezza della disciplina attuale. Tale irragionevolezza è resa poi manifesta dalla rilevantissima disparità tanto nella configurazione dei reati nell’un caso delitto, nell’altro contravvenzione , quanto nel trattamento sanzionatorio, in relazione sia alla entità della pena che alla disciplina delle cause di non punibilità ed estinzione del reato. L’art. 181, co. 1-bis, del Codice dei beni culturali, pertanto, è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede a ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori b ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142 ed . In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 81/2014 è noto che la discrezionalità di cui gode il legislatore nel delineare il sistema sanzionatorio penale trova il limite della manifesta irragionevolezza e dell’arbitrio, come avviene a fronte di sperequazioni tra fattispecie omogenee non sorrette da alcuna ragionevole giustificazione. 18 MARZO 2016, N. 54 PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA. Accesso alle tecniche – divieto per le coppie non affette da sterilità o infertilità, pur se portatrici di patologie geneticamente trasmissibili – conseguente impossibilità per tali coppie di valersi della diagnosi e della selezione preimpianto, evitando la gravidanza naturale e l’eventuale aborto terapeutico – sopravvenuta carenza di oggetto – manifesta inammissibilità. Successivamente all’ordinanza di rimessione, con sentenza n. 96 del 2015, è già stata dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, e 4, comma 1, della legge n. 40/2004 nella parte in cui non consentono il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità di cui all’art. 6, comma 1, lettera b , della legge n. 194/1978 Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza , accertate da apposite strutture pubbliche. La questione di legittimità costituzionale, pertanto, deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per sopravvenuta carenza di oggetto, poiché, con la citata sentenza, la normativa censurata dal giudice a quo, per il profilo del suo contenuto indiscriminatamente ostativo all’accesso delle coppie fertili alla procreazione medicalmente assistita, è già stata rimossa dall’ordinamento con efficacia ex tunc. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 226/2015 sono manifestamente inammissibili, per sopravvenuta carenza di oggetto, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 24, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44 , impugnato, in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 Cost., in quanto consente alle Agenzie delle dogane, delle entrate e del territorio di coprire provvisoriamente posizioni dirigenziali, nelle more dell’espletamento delle procedure concorsuali, attraverso l’affidamento di incarichi dirigenziali a tempo determinato a funzionari privi della relativa qualifica, protraendo un’assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori in maniera indefinita nel tempo in conseguenza delle reiterate proroghe del termine previsto per l’espletamento del concorso per dirigenti. Successivamente alle ordinanze di rimessione, infatti, la sentenza n. 37 del 2015, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata, che è stata, pertanto, rimossa dall’ordinamento con efficacia ex tunc.