RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

9 MARZO 2016, N. 50 PROCESSO PENALE. Procedimento davanti al giudice di pace – applicazione della pena su richiesta delle parti – Esclusione – manifesta infondatezza. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, d.lgs. n. 274/2000 Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468 nella parte in cui esclude l’applicazione della pena su richiesta delle parti, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, è manifestamente infondata. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 28/2007 è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, d.lgs. n. 274/2000, censurato, in riferimento agli artt. 3 e 24, co. 2, Cost., nella parte in cui preclude all’imputato il ricorso ai riti alternativi nel procedimento dinanzi al giudice di pace. Infatti, il procedimento davanti al giudice di pace presenta caratteri assolutamente peculiari, che lo rendono non comparabile con il procedimento davanti al tribunale e comunque tali da giustificare sensibili deviazioni rispetto al modello ordinario, con la conseguenza che l’esclusione dell’applicabilità dei riti alternativi è frutto di una scelta non irragionevole del legislatore e non determina una ingiustificata disparità di trattamento né una violazione del diritto di difesa. 9 MARZO 2016, N. 49 EDILIZIA ED URBANISTICA. Norme della Regione Toscana – segnalazione certificata di inizio di attività S.C.I A. – previsione che l’amministrazione comunale possa adottare provvedimenti inibitori e sanzionatori anche dopo la scadenza del trentesimo giorno dalla presentazione della S.C.I.A., sul presupposto della riscontrata difformità dell’intervento che ne è oggetto dalle norme urbanistiche o dalle previsioni degli strumenti urbanistici generali, degli atti di governo del territorio o dei regolamenti urbanistici – illegittimità costituzionale. L’art. 84-bis, co. 2, lett. b , della legge della Regione Toscana n. 1/2005 Norme per il governo del territorio è costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, co. 3, Cost La disposizione impugnata – prevedendo che, nei casi di S.C.I.A. relativa ad interventi di cui all’art. 79, co. 1, lett. b , d , e ed f e di cui all’art. 79, co. 2, lett. a , b , c ed e , decorso il termine di trenta giorni di cui all’art. 84, co. 6, possono essere adottati provvedimenti inibitori e sanzionatori in caso di difformità dell’intervento dalle norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici generali, degli atti di governo del territorio o dei regolamenti edilizi – nell’attribuire all’Amministrazione un potere di intervento, lungi dall’adottare una disciplina di dettaglio, ha introdotto una normativa sostitutiva dei principi fondamentali dettati dal legislatore statale pertanto viene proprio a toccare i punti nevralgici del sistema elaborato nella legge sul procedimento amministrativo e, cioè, il potere residuo dell’Amministrazione, a termini ormai decorsi, e il suo ambito di esercizio in concreto, i casi che ne giustificano l’attivazione . Essa, dunque, comporta l’invasione della riserva di competenza statale alla formulazione di principi fondamentali, con tutti i rischi per la certezza e per l’unitarietà della disciplina che tale invasione comporta e ciò tanto più in una materia che, come è noto, e come dimostrano le sue frequenti modifiche, presenta delicati e complessi problemi applicativi. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 139/2013 la disciplina dei titoli richiesti per eseguire un intervento edilizio, e l’indicazione dei casi in cui essi sono necessari, costituisce un principio fondamentale del governo del territorio, che vincola la legislazione regionale di dettaglio. 3 MARZO 2016, N. 46 FALLIMENTO E PROCEDURE CONCORSUALI. Dichiarazione di fallimento del socio illimitatamente responsabile di società fallita – omessa previsione, in sostituzione d’essa, della mera dichiarazione d’insolvenza del medesimo socio, in conseguenza della dichiarazione di fallimento o d’insolvenza della società – manifesta inammissibilità. La questione di legittimità costituzionale degli artt. 147, co. 1, e 5, co. 1, del r.d. n. 267/1942, nella parte in cui determinano il fallimento del socio illimitatamente responsabile di società fallita, anziché limitarsi a determinarne la dichiarazione di insolvenza, in conseguenza della dichiarazione di fallimento o di insolvenza della società, è manifestamente inammissibile per il carattere non obbligato, e sostanzialmente addirittura creativo, dell’auspicata pronunzia additiva. Infatti, l’obiettivo del mutamento del nomen iuris dell’istituto in questione, che il rimettente si propone di conseguire attraverso l’incidente di costituzionalità − seppur apprezzabile nella delineata prospettiva di una più sensibile attenzione al valore della dignità della persona – presuppone, comunque, una valutazione, in ordine alla denominazione più appropriata di aspetti pertinenti alla disciplina del fallimento, certamente eccentrica rispetto ai poteri del Giudice delle leggi ed attinente invece proprium delle scelte riservate al legislatore. Come, del resto, dimostrato, de iure condendo, dal criterio direttivo individuato dal recente schema di disegno di legge recante Delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza , elaborato dalla Commissione ministeriale istituita dal Ministro della giustizia con decreto 24 febbraio 2015, consistente proprio nella previsione della sostituzione del termine fallimento , con espressioni equivalenti, quali insolvenza o liquidazione giudiziale . In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 431/2008 va dichiarata l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale quando viene formulata una richiesta di pronuncia additiva che non si presenta, quanto a possibilità di soluzione, a rime obbligate”, essendo possibili diversi tipi di interventi rimessi alla discrezionalità del legislatore. 3 MARZO 2016, N. 44 CONTENZIOSO TRIBUTARIO. Competenza territoriale delle Commissioni tributarie provinciali – determinazione in base alla sede del concessionario privato che ha emesso l’atto impugnato, anche nel caso in cui l’ente locale impositore si trovi in una diversa circoscrizione – illegittimità costituzionale parziale. L’art. 4, co. 1, d.lgs. n. 546/1992 Disposizioni sul processo tributario è incostituzionale nella parte in cui prevede che, per le controversie proposte nei confronti dei concessionari del servizio di riscossione, è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione i concessionari stessi hanno sede, anziché quella nella cui circoscrizione ha sede l’ente locale concedente. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 386/2004 l’art. 24 Cost. non impone che il cittadino possa conseguire la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti, purché non vengano imposti oneri tali o non vengano prescritte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale. 3 MARZO 2016, N. 43 BILANCIO E CONTABILITÀ PUBBLICA. Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale – spesa per autovetture – previsione che le Regioni non possono effettuare spese di ammontare superiore al 30 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2011 per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture nonché per l’acquisto di buoni taxi – illegittimità costituzionale. L’art. 15, co. 1, del d.l. n. 66/2014, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, co. 1, della legge n. 89/2014 – che vincola, a decorrere dal 1° maggio 2014, le amministrazioni pubbliche a contenere la spesa per le autovetture e i buoni taxi entro il 30 % della spesa sostenuta per tali voci nell’anno 2011 – viola l’autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali, garantita dall’art. 119 Cost., con una previsione di dettaglio in contrasto con l’art. 117, co. 3, Cost., che attribuisce natura concorrente alla competenza legislativa in materia di coordinamento della finanza pubblica. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 417/2005 il legislatore statale può legittimamente imporre agli enti autonomi vincoli alle politiche di bilancio ancorché si traducano, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti , ma solo con disciplina di principio”, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, potendo la legge statale stabilire solo un limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa.