RASSEGNA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

9 OTTOBRE 2015, N. 198 CIRCOLAZIONE STRADALE. Reato di guida sotto l’influenza dell’alcool – sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 54 d.lgs. n. 274/2000 – riduzione alla metà della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente in caso di svolgimento positivo della sanzione sostitutiva – mancata previsione della possibilità per il giudice di disporre tale riduzione senza tener conto del raddoppio della durata della sospensione della patente, applicato nella sentenza di condanna ex art. 186, co. 2, lett. c , terzo periodo, del codice della strada, nell’ipotesi in cui il veicolo appartiene a persona estranea al reato – questione non fondata. La ratio dell’art. 186, co. 2, lett. c , d.lgs. n. 285/1992 – concernente la sanzione accessoria della sospensione della patente in misura doppia per il reato di guida in stato di ebrezza commesso con veicolo appartenente a terzi – risiede nella necessità di prevenire e reprimere la prassi che parrebbe essersi diffusa dopo l’introduzione della previsione della confisca obbligatoria del veicolo del ricorso a mezzi intestati ad altri per spostarsi pur dopo l’abuso di alcool, ovvero di abusare di alcool con minori remore perché alla guida di veicoli intestati a terzi. Non operando, in caso di veicolo appartenente a terzi, la deterrenza derivante dal rischio di un grave danno patrimoniale, connesso appunto alla confisca del veicolo, non è implausibile che il legislatore abbia ritenuto di compensare la conseguente diminuzione di efficacia dissuasiva con l’aggravamento di una sanzione a sua volta temuta e non suscettibile di sospensione condizionale , quale la sospensione del permesso di condurre. Sul giudizio di ragionevolezza delle leggi, cfr. Corte Cost., n. 81/2014 le determinazioni concernenti il complessivo trattamento sanzionatorio di qualunque reato si collocano su un terreno caratterizzato da ampia discrezionalità legislativa, il cui esercizio è censurabile, sul piano della legittimità costituzionale, solo ove trasmodi nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio, come avviene quando si sia di fronte a sperequazioni sanzionatorie tra fattispecie omogenee non sorrette da alcuna ragionevole giustificazione . 9 OTTOBRE 2015, N. 196 BILANCIO E CONTABILITÀ PUBBLICA. Copertura finanziaria del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi, concesso alle imprese dall’art. 18, d.l. n. 91/2014 - previsione che ai relativi oneri, pari a complessivi 816 milioni di euro per il periodo 2016-2019, si provvede mediante corrispondente riduzione della quota nazionale del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione FSC , programmazione 2014-2020 Copertura finanziaria delle modifiche alla disciplina ACE-aiuto crescita economica, recate dall’art. 19, d.l. n. 91/2014 - previsione che ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione della quota nazionale del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione FSC , programmazione 2014-2020 – questione inammissibile. La questione di legittimità costituzionale con la quale viene contestata l’irragionevolezza della sottrazione dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione di risorse finalizzate alla rimozione degli ostacoli economici e sociali, senza prospettare come da ciò possa derivare un pregiudizio alle attribuzioni costituzionali regionali, è inammissibile, essendo il ricorso generico quanto alla motivazione e carente quanto alla ridondanza della disposizione impugnata sulla lesione delle proprie competenze. In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 216/2008 con riguardo alla pretesa violazione dell’art. 119 Cost., la Corte costituzionale esige, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che sia verificata la sussistenza di un interesse ad agire concreto ed attuale consistente in quella utilità diretta ed immediata che il soggetto attore può effettivamente ottenere con l’accoglimento del ricorso, non essendo sufficiente, a tal proposito, una astratta idoneità della disciplina in contestazione ad influire sull’autonomia finanziaria delle Regioni. 9 OTTOBRE 2015, N. 195 SANITÀ PUBBLICA. Legge della Regione Calabria – norme in tema di donazione degli organi e tessuti – disciplina dei compiti degli ufficiali dell’Anagrafe ai fini dell’acquisizione delle dichiarazioni di volontà finalizzate alla donazione di organi dopo la morte e della relativa trasmissione al Sistema informativo trapianti – illegittimità costituzionale. La legge della Regione Calabria n. 27/2014 Norme in tema di donazione degli organi e tessuti , prevedendo la competenza dell’ufficiale dell’anagrafe a ricevere e trasmettere le dichiarazioni di volontà in tema di donazione di organi e tessuti post mortem, riproduce nella sostanza una disciplina già prevista a livello statale, invadendo la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di anagrafi art. 117, co. 2, lett. i, Cost. e di ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali art. 117, co. 2, lett. g, Cost. . In senso conforme, cfr. Corte Cost., n. 35/2011 a prescindere dalla conformità o difformità della legge regionale alla legge statale, la novazione della fonte con intrusione negli ambiti di competenza esclusiva statale costituisce causa di illegittimità della norma regionale.