RASSEGNA TAR

TAR LAZIO, ROMA, SEZ. II-QUATER 14 LUGLIO 2015, N. 9418 MOTIVAZIONE DEL PROVVEDIMENTO – GIUDIZI NUMERICI NELLE PROCEDURE CONCORSUALI. Esame di avvocato non basta il giudizio numerico. La questione della motivazione del giudizio negativo nelle prove d’esame o concorsuali non può essere risolta astrattamente, o sulla base di un mero richiamo dei non univoci orientamenti giurisprudenziali, bensì solamente avendo riguardo alle caratteristiche di ogni singolo procedimento di esame, da valutarsi alla luce di una corretta ricostruzione del nesso tra normative di settore e principi generali dell’ordinamento nazionale e comunitario, tenuto conto che tale postulato va riferito alla singola procedura concorsuale sviluppata dall’amministrazione e posta all’esame del giudice, senza che possa riverberarsi in preconcetti di aprioristica dequalificazione dell’operato della singola amministrazione procedente con riguardo ad ogni procedura selettiva, dovendo pur sempre salvaguardarsi la specifica tipologia del procedimento selettivo svolto di volta in volta dalla singola amministrazione. Con riferimento alla motivazione dei giudizi espressi dalle Commissioni chiamate a valutare l’idoneità delle prove scritte nell’ambito dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense, non può non essere” considerata rilevante la novella legislativa del settore art. 46, comma 5, della legge n. 247 del 2012 , che ha imposto specifiche prescrizioni proprio al fine di garantire l’effettività dell’obbligo di motivazione. Il vacuum” motivazionale si incunea nel cuore stesso dell’esercizio della funzione amministrativa, pregiudicando la soddisfazione del parametro dell’art. 3 della legge n. 241/1990, interpretato alla luce dei principi costituzionali di imparzialità e dell’art. 41 della Carta di Nizza, che espressamente prevede l’obbligo di motivazione come un aspetto del diritto ad una buona amministrazione. L'obbligo di motivare i provvedimenti amministrativi è diretto a realizzare la conoscibilità, e quindi la trasparenza, dell'azione amministrativa, ai quali va riconosciuto il valore di principi generali, diretti ad attuare sia i canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione art. 97, primo comma, Cost. , sia la tutela di altri interessi costituzionalmente protetti, come il diritto di difesa nei confronti della stessa amministrazione artt. 24 e 113 Cost . L’obbligo di motivazione, quindi è radicato da un lato negli artt. 97 e 113 della Costituzione, in quanto costituisce corollario dei principi di buon andamento e d'imparzialità dell'amministrazione e, dall'altro, nell’articolo 24 della Costituzione, in quanto consente al destinatario del provvedimento, che ritenga lesa una propria situazione giuridica, di far valere la relativa tutela giurisdizionale. TAR SICILIA, PALERMO, SEZ. III 10 LUGLIO 2015, N. 1687 RISARCIMENTO DEL DANNO –RISARCIMENTO AI DANNI DELLA P.A. NELL'AMBITO DEL RAPPORTO DI PUBBLICO IMPIEGO. La sopravvenienza normativa interrompe il nesso causale tra evento e danno. La risarcibilità del danno per perdita di chance esige la prova, anche presuntiva, dell’esistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile a questi fini, dunque, è necessario che il danneggiato dimostri, anche in via presuntiva ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate , l’esistenza dei concreti presupposti per la realizzazione del risultato sperato. La chance non configura una mera aspettativa, ma la possibilità effettiva di conseguire un utile valutabile alla stregua di un criterio probabilistico andata persa a causa del danno attuale subito. La sopravvenienza, imprevista ed imprevedibile, di una norma di legge che renda illegittimo un concorso oramai indetto interrompe il nesso causale tra il ritardo della P.A. nella definizione del concorso medesimo e il danno eventualmente lamentato ciò alla stregua della teoria c.d. della regolarità causale”, che consente di escludere dal nesso causale quegli eventi che rappresentano sviluppi eccezionali ed imprevisti della condotta generatrice del danno. TAR EMILIA ROMAGNA, PARMA, SEZ. I 8 LUGLIO 2015, N. 205 COMUNE – UNIONE DI COMUNI. Un Comune può revocare” la propria adesione all’ Unione di Comuni ? Un Comune, una volta determinata in piena autonomia la propria appartenenza all’Unione di Comuni ed approvato il relativo Statuto, ne resta vincolato per tutto quanto riguarda la gestione del rapporto con quest’ultima. Da tanto deriva che è illegittimo il ricorso all’esercizio del potere di revoca di cui all’art. 21 quinquies della L. n. 241 del 1990, esercitato dal Comune al fine di recidere il vincolo di appartenenza all’Unione ciò perché il Comune può recedere dall’Unione unicamente nei tempi, nei modi e nelle forme previsti dallo Statuto dell’Unione dei Comuni, ovvero mediante attivazione della procedura di recesso e sempre che ne ricorrano i relativi presupposti.