RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONS. STATO, SEZ. IV 29 MAGGIO 2015, N. 2690 OTTEMPERANZA – PROCEDIMENTO NEL GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA – OTTEMPERANZA DELLE PRONUNCE SUL RISARCIMENTO DEL DANNO PER MANCATA ESECUZIONE DEL GIUDICATO. Sopravvenienze successive al giudicato di annullamento come si tutela l’interesse del privato? In linea di principio, è indubbio che l’Amministrazione, soccombente a seguito di sentenza di annullamento passata in giudicato, abbia l’obbligo di ripristinare la situazione controversa, a favore del privato, con effetto retroattivo, per evitare che la durata del processo vada a scapito della parte vittoriosa. Questa retroattività dell’esecuzione del giudicato trova però un limite intrinseco e ineliminabile che è logico e pratico, ancor prima che giuridico nella sopravvenienza di mutamenti della realtà - fattuale o giuridica - tali da non consentire l’integrale ripristino dello status quo ante. D’altro canto, l’esecuzione del giudicato, avendo per oggetto l’adempimento di un’obbligazione, postula l’esatto adempimento tuttavia, la responsabilità del debitore cade di fronte all’impossibilità della prestazione, derivante da causa a lui non imputabile. L'esecuzione del giudicato da parte della P.A. può trovare ostacoli e limiti nelle sole sopravvenienze di fatto e di diritto verificatesi anteriormente alla notificazione della sentenza. Sono invece irrilevanti le sopravvenienze ”in senso proprio” successive alla notifica, cioè quelle relative a questioni di fatto o di diritto che non abbiano rappresentato oggetto effettivo o potenziale del thema decidendum e che siano emerse solo successivamente al passaggio in decisione del ricorso e prima della notifica della sentenza. Nel caso di esclusione da una gara, al fine di ottenere il risarcimento del danno da perdita di chance occorre fornire prova certa in ordine alla circostanza che l’offerta del concorrente illegittimamente escluso sarebbe stata quella che avrebbe comportato l’attribuzione dell’aggiudicazione al concorrente medesimo, di modo che questi si vede privato del lucro derivante dall’esecuzione del contratto o in genere dell’operazione economica nonché, se si vuole, dell’acquisizione di un elemento curriculare positivo, da far valere in ulteriori e successive procedure di gara . Ai sensi dell’art. 112, comma 3, c.p.a., quale che sia la ragione dell'impossibilità di esecuzione sia essa oggettiva, o sia essa riconducibile ad una attività o comportamento inerte dell'amministrazione , oggetto del risarcimento per equivalente monetario è la lesione stessa della posizione sostanziale accertata dal giudice del cognitorio e coperta dal passaggio in giudicato della relativa decisione. Non a caso l'art. 112, co. 3, cit., si riferisce a un danno connesso” alla impossibilità dell'esecuzione e non già conseguente” a tale impossibilità dunque, non si tratta, necessariamente, di un danno nuovo”, bensì anche del danno accertato con la sentenza passata in giudicato, non più riparabile nelle forme ivi indicate. CONS. STATO, SEZ. VI 26 MAGGIO 2015, N. 2660 ENTI PUBBLICI – NOZIONE. La nozione funzionale” di ente pubblico e le nuove direttive in materia di contratti pubblici. L’attribuzione di un diritto di esclusiva ai sensi dell’art. 18 della direttiva 2004/18/CE, attuato con l’art. 19 d.lgs. n. 163 del 2006, implicando la creazione di una situazione di monopolio, per la sua portata significativamente derogatoria della concorrenza e delle regole dell’evidenza pubblica, richiede una esplicita formulazione della volontà legislativa. L’affidamento diretto senza gara e senza ricorso a procedure di evidenza pubblica di appalti e concessioni è consentito tutte le volte in cui si possa affermare che l'organismo affidatario, ancorché dotato di autonoma personalità giuridica, presenti connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione a un ufficio interno” dell'amministrazione affidante, poiché in questo caso non vi sarebbe un rapporto di alterità sostanziale, ma solo formale, sicché non si tratterebbe, nella sostanza, di un effettivo ricorso al mercato” outsourcing” , bensì di una forma di autoproduzione” o comunque di erogazione di servizi pubblici direttamente” ad opera dell’amministrazione, attraverso strumenti propri” in house providing” . Detta equiparazione è predicabile esclusivamente in presenza di due specifici presupposti, identificati nel c.d. controllo analogo”, ovverosia in una situazione, di fatto e di diritto, nella quale l’ente sia in grado di esercitare sulla società un controllo analogo a quello che lo stesso ente esercita sui propri servizi interni”, e nella necessità che la società svolga la parte più importante della propria attività” con l'amministrazione o le amministrazioni affidanti. La nozione di ente pubblico non può ritenersi fissa ed immutevole, poiché l’ordinamento si è ormai orientato verso una nozione funzionale e cangiante di ente pubblico invero, si ammette ormai senza difficoltà che uno stesso soggetto possa avere la natura di ente pubblico a certi fini e rispetto a certi istituti, e possa, invece, non averla ad altri fini, conservando rispetto ad altri istituti regimi normativi di natura privatistica. Si accede così ad una nozione funzionale” di ente pubblico, in base alla quale il criterio da utilizzare per tracciare il perimetro del concetto di ente pubblico non è sempre uguale a se stesso, ma muta a seconda dell’istituto o del regime normativo che deve essere applicato e della ratio ad esso sottesa per tale ragione, al fine di accertare la natura pubblica o privata di un ente occorre di volta in volta domandarsi quale sia la funzione dell’ente medesimo, quale sia la ratio di un determinato regime amministrativo” previsto dal legislatore, per poi verificare, tenendo conto delle caratteristiche sostanziali del soggetto della cui natura si controverte, se quella funzione o quella ratio richiedono l’inclusione di quell’ente nel campo di applicazione della disciplina pubblicistica. Non è equiparabile all’ente pubblico il soggetto che, a prescindere dai poteri, dai fini e dalla struttura organizzativa, operi grazie a capitali privati. Allo stato attuale, la direttiva 2014/24/UE non può ritenersi self-executing, nonostante il suo contenuto sia in alcune parti dettagliato ciò per la dirimente considerazione che è ancora in corso il termine previsto per la sua attuazione da parte dello Stato, sicché il Legislatore deve astenersi dall’adottare, nel periodo intercorrente tra la pubblicazione della direttiva nella GUUE e il termine assegnato per il suo recepimento, qualsiasi misura che possa compromettere il conseguimento del risultato prescritto, mentre all’interprete è nelle more preclusa un’interpretazione difforme potenzialmente pregiudizievole per i risultati che la direttiva intende conseguire. CONS. STATO, SEZ. V 22 MAGGIO 2015, N. 2562 GIURISDIZIONE – RECESSO DELLA P.A Recesso dell’Amministrazione per il contenimento della spesa pubblica decide il G.O. Ogni questione relativa al recesso esercitato nel corso del rapporto contrattuale riguarda l’esercizio di diritti potestativi iscrivibili nell’autotutela di diritto privato, con conseguente radicamento della giurisdizione del giudice ordinario. Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in ordine ad una controversia derivante dall’esercizio, da parte dell’Amministrazione, del potere di recesso ex art. 1, comma 13, del d.l. n. 135 del 2012, in quanto tale norma non attribuisce al soggetto pubblico il potere di intervenire ab extra sul rapporto stesso in forma e modalità autoritative” ma riconosce una facoltà di matrice privatistica riconducibile al paradigma di cui agli artt. 1373 c.c. e 21 sexies della legge n. 241/1990.