RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONS. STATO, SEZ. IV 27 APRILE 2015, N. 2126 ESPROPRIAZIONE – ACQUISIZIONE SANANTE. La P.A. ha il dovere di rispondere al privato che sollecita l’acquisizione sanante. Sussiste in capo all’Amministrazione il dovere di pronunciarsi su una istanza con la quale il proprietario, a seguito dell’occupazione illegittima di un’area, richiede la restituzione dell’area stessa ovvero l’adozione di un provvedimento di acquisizione sanante. Sebbene nessun termine è stabilito dall’art. 42- bis T.U. Espr. per emettere il provvedimento di acquisizione sanante, l’amministrazione non conserva un potere di dilazionare sine die ” l’applicazione della norma, indebitamente ritardando l’esercizio dell’opzione da essa prevista, vale a dire o la restituzione dei fondi o l’emanazione del decreto di acquisizione. Al contrario, ove il privato richieda espressamente l’adozione del suddetto provvedimento, non solo l’amministrazione ha il dovere di esercitare la relativa scelta” ma, in applicazione dell’art. 2 della legge 241/1990, l’opzione deve avvenire nell’ordinario termine di 90 giorni per la conclusione del procedimento di carattere obbligatorio. Infatti nell'attuale quadro normativo, che al momento del deposito della sentenza vede ancora vigente l’art. 42- bis , le Amministrazioni hanno l'obbligo giuridico di far venir meno - in ogni caso - l'occupazione sine titulo e, quindi, di adeguare comunque la situazione di fatto a quella di diritto. C.G.A., SEZ. GIUR. 23 APRILE 2015, N. 363 AUTOTUTELA – REVOCA. La mera istanza di fallimento contro l’aggiudicataria non giustifica la revoca dell’aggiudicazione. L’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 - nella parte in cui commina l’esclusione dalle gare pubbliche non soltanto a coloro che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo ” salvo quello c.d. con continuità aziendale ”, ex art. 186- bis R.D. cit. , ma anche a coloro nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni ” - non possa interpretarsi nel senso di attribuire rilievo, a tali fini, alla mera presentazione di un’istanza di fallimento di un privato che assuma di essere creditore dell’impresa asseritamente insolvente, prima che tale istanza abbia avuto alcun vaglio da parte dell’Organo pubblico giurisdizionale la mera proposizione di un’istanza di fallimento, infatti, costituisce unicamente un atto di impulso del relativo procedimento, al quale però essa rimane estranea e temporalmente antecedente. Per tali ragioni, deve ritenersi illegittimo il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione di una gara motivata sul rilievo che nei confronti della ditta aggiudicataria è stata presentata domanda di fallimento. CONS. STATO, SEZ. V 21 APRILE 2015, N. 2013 AUTOTUTELA – REVOCA. Le sopravvenute difficoltà finanziarie possono legittimamente fondare la revoca degli atti di gara. Le sopravvenute difficoltà finanziarie possono legittimamente fondare provvedimenti di ritiro in autotutela di procedure di gara, benché queste siano giunte all’aggiudicazione definitiva, e fino a che il contratto non sia stato stipulato invero, la perdita della copertura finanziaria rappresenta una circostanza che legittimamente può indurre l’amministrazione a rivalutare i motivi di interesse pubblico sottesi all’affidamento di un contratto e dunque riconducibile alla principale ipotesi di revoca di provvedimenti amministrativi, secondo l’ampia nozione recepita dal citato art. 21- quinquies della legge generale sul procedimento amministrativo. Deve escludersi che l’aggiudicazione definitiva possa avvenire per silentium , dovendo essere invero emessa in forma espressa, anche se sia spirato il termine per l’approvazione dell’aggiudicazione provvisoria ex art. 12, comma 1, cod. contratti pubblici. L’indennizzo previsto dall’art 21-quinquies della L. n. 241/1990 in caso di revoca del provvedimento amministrativo costituisce un rimedio posto a protezione di interessi lesi da atti legittimi, e dunque leciti. Conseguentemente con esso non possono essere reintegrate tutte le conseguenze patrimoniali negative risentite dai relativi destinatari, come invece nel risarcimento del danno per fatti che l’ordinamento giuridico riprova, e dunque illeciti ex art. 2043 cod. civ. o commessi in violazione del dovere di buona fede nelle trattative precontrattuali sancito dall’art. 1337 cod. civ. L’indennizzo è per contro un istituto di giustizia distributiva, che impone una condivisione sul piano economico di tali negative conseguenze di carattere patrimoniale, secondo un bilanciamento rimesso all’equo componimento delle parti interessate o, in caso di disaccordo, al giudice amministrativo.