RASSEGNA TAR

TAR MARCHE, ANCONA, SEZ. I 18 APRILE 2013, N. 303 ACCESSO ‒ ACCESSO NEL RAPPORTO DI LAVORO. Il datore di lavoro può accedere alle dichiarazioni rilasciate agli ispettori del lavoro. Sussiste il diritto del datore di lavoro ad accedere alle dichiarazioni rilasciate dai dipendenti agli ispettori del lavoro, ove all’anno predente risalgano sia la cessazione del rapporto di lavoro, sia la redazione del verbale ispettivo. Invero, le fattispecie di esclusione dall’accesso di cui alle lett. b e c dell’art. 2 del D.M. n. 757/1994 sono previste, in ragione della finalità di preservare il lavoratore da eventuali azioni discriminatorie, finché perduri il rapporto di lavoro” pertanto, quando tale rapporto lavorativo abbia avuto termine, deve ritenersi venuta meno la ratio al cui perseguimento è funzionalizzata l’esclusione dall’accesso, e con essa l’esclusione medesima. Ove il datore di lavoro manifesti con la domanda di accesso le proprie esigenze partecipative e difensive correlate al verbale unico di accertamento ispettivo notificatogli, vale la regola generale per cui, in materia di illeciti amministrativi, la contestazione della violazione chiude la fase istruttoria di competenza dell’organo di vigilanza, aprendo la fase preordinata all’archiviazione degli atti o all’irrogazione della sanzione. Pertanto, non può pretermettersi il diritto del datore di lavoro ispezionato di conoscere gli atti in base ai quali le contestazioni sono state mosse, al fine sia di esplicare le facoltà partecipative nell’ambito del procedimento sanzionatorio, sia di difendere i propri interessi giuridici in sede giurisdizionale. I documenti di origine extraprocessuale acquisiti ad un procedimento penale, non compiuti dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria, non sono coperti da segreto ai sensi dell’art. 329 c.p.p. Pertanto, le dichiarazioni dei dipendenti raccolte nel verbale ispettivo, non configurando di per sé attività di indagine penale, non possono ritenersi sottratte all’accesso per ragioni afferenti al segreto investigativo di cui all’art. 329 c.p.p. TAR CAMPANIA, SALERNO, SEZ. I 16 APRILE 2013, N. 890 EDILIZIA ‒ PERMESSO DI COSTRUIRE ‒ IMPUGNAZIONE DEL PERMESSO DI COSTRUIRE RILASCIATO A TERZI. Sull’impugnazione del titolo edilizio rilasciato a terzi. La decorrenza del termine per ricorrere in sede giurisdizionale avverso atti abilitativi dell’edificazione si ha, per i soggetti diversi da quelli cui l’atto è rilasciato ovvero che in esso sono comunque indicati dalla data in cui si renda palese ed oggettivamente apprezzabile la lesione del bene della vita protetto, la qual cosa si verifica quando sia percepibile dal controinteressato la concreta entità del manufatto e la sua incidenza effettiva sulla propria posizione giuridica. In materia di impugnazione del permesso di costruire, è sufficiente la cd. vicinitas ”, quale elemento che distingue la posizione giuridica del ricorrente da quella della generalità dei consociati, di talché è corretto riconoscere a chi si trovi in tale situazione un interesse tutelato a ché il provvedimento dell’Amministrazione sia procedimentalmente e sostanzialmente ossequioso delle norme vigenti in materia. Ai fini dell’individuazione del dies a quo per l’impugnazione del titolo edilizio da parte rilasciato a terzi, è irrilevante la circostanza che le opere da eseguire vengano idoneamente pubblicizzate”, dal momento che l’apposizione della cartellonistica di cantiere non consente di percepire esattamente la concreta entità del manufatto e la sua incidenza effettiva sulla posizione giuridica dei terzi. Il possesso del titolo di legittimazione alla proposizione del ricorso per l’annullamento di una concessione edilizia, che discende dalla c.d. vicinitas , cioè da una situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell’intervento costruttivo autorizzato, esime da qualsiasi indagine al fine di accertare, in concreto, se i lavori assentiti dall’atto impugnato comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l’impugnazione, atteso che l’esistenza della suddetta posizione legittimante abilita il soggetto ad agire per il rispetto delle norme urbanistiche, che assuma violate, a prescindere da qualsiasi esame sul tipo di lesione, che i lavori in concreto gli potrebbero arrecare. TAR SICILIA, CATANIA, SEZ. IV 16 APRILE 2013, N. 1107 GIURISDIZIONE ‒ GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVA ‒ DIFETTO DI GIURISDIZIONE. Controversie in tema di iscrizione nel registro dei praticanti avvocati e giudice competente. Sono devolute alla giurisdizione del Consiglio Nazionale Forense e in appello alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione tutte le controversie relative alla iscrizione, al rifiuto di iscrizione, alla cancellazione dagli albi professionali degli avvocati, all'esercizio potere disciplinare nei confronti degli stessi. A tale conclusione, che evidentemente esclude la sussistenza della giurisdizione amministrativa in relazione ai casi di specie, il Tar perviene attraverso lo studio della disciplina che regolamenta lo specifico settore il riferimento va in particolare agli artt. 8, 24, 31, 35, 37, 50 e 54 del r.d. 27 novembre 1933 n. 1578 conv. con mod. in L. 22 gennaio 1934, n. 36 , ed all’art. 14 del r.d. 1934 n. 37. TAR LAZIO, ROMA, SEZ. II-TER 15 APRILE 2013, N. 3811 CONTRATTI PUBBLICI ‒ BANDI DI GARA ‒ IMPUGNAZIONE. E’ illegittimo il bando che impone il divieto di partecipazione in r.t.i. La legittimazione al ricorso deve essere correlata ad una situazione differenziata, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione tuttavia, tale regola subisce una deroga, tra l’altro, nell’ipotesi in cui la legittimazione dell’operatore è desumibile dalla manifestata intenzione di impugnare una clausola del bando escludente”, in relazione alla illegittima previsione di determinati requisiti di qualificazione. Nel diritto comunitario il raggruppamento temporaneo di imprese è considerato uno strumento pro-competitivo, il cui utilizzo non è limitato alle imprese prive dei requisiti individuali. E’ illegittima, per violazione dell’art. 37 d.lgs. n. 163/2006 e del principio di favor partecipationis , la clausola del bando di gara che impone il divieto di partecipazione in raggruppamenti temporanei d’impresa per gli operatori economici singolarmente in possesso dei requisiti tecnico economici richiesti.