RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

SEZ. IV 18 MARZO 2013, N. 1576 ATTO AMMINISTRATIVO ‒ DI ALTA AMMINISTRAZIONE. Il provvedimento di estradizione è un atto di alta amministrazione. Il provvedimento con il quale il Ministro della Giustizia, all’esito dello speciale procedimento previsto dal codice di procedura penale, concede l’estradizione è un provvedimento di alta amministrazione, come tale caratterizzato da ampia discrezionalità, ma non sottratto al sindacato giurisdizionale sulle valutazioni compiute dall’autorità politico-amministrativa in ordine alla concessione in concreto” dell’estradizione, per la quale l’autorità giudiziaria ha già valutato la sussistenza dei relativi presupposti. Ne consegue che il Ministro della Giustizia, preso atto delle determinazioni dell’autorità giudiziaria in ordine alle condizioni legittimanti l’estradizione, è tenuto a valutare, nell’esercizio del suo potere latamente discrezionale, quali siano in concreto le condizioni dell’estradando, anche in considerazione del reato per il quale l’estradizione viene richiesta, le condizioni soggettive dell’interessato in particolare, il suo stato di salute , la quantità e qualità della pena che, in caso di condanna, verrebbe concretamente erogata, a fronte di quanto già scontato in Italia dall’interessato. SEZ. VI 15 MARZO 2013, N. 1539 GIURISDIZIONE ‒ GIUDICE ORDINARIO ‒ GIURISDIZIONE DEL G.O. PER LA TUTELA DEI DIRITTI SOGGETTIVI AVVERSO LA P.A Il G.O. decide sul provvedimento che delimita l’area demaniale marittima. Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato afferma che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in ordine ad una controversia relativa al provvedimento che delimita l’area demaniale marittima ai sensi dell’art. 32 Codice della navigazione. Nel dettaglio, il Consesso rammenta dapprima che l’art. 32 Delimitazione di zone del demanio marittimo del Codice della navigazione prevede un procedimento, disciplinato in dettaglio dall’art. 58 del Regolamento per l’esecuzione del Codice navigazione marittima , indirizzato a risolvere in via amministrativa questioni di delimitazione dei confini fra proprietà privata e demanio marittimo. Il medesimo art. 32 Cod. nav., al secondo comma, dispone che eventuali contestazioni, insorte nel corso della delimitazione, siano risolte in via amministrativa dal direttore marittimo, di concerto con l’intendente di Finanza, con provvedimento definitivo”. Nei commi successivi sono disciplinate poi la possibilità di accordi, intervenuti fra le parti interessate, nonché ulteriori modalità di risoluzione in via amministrativa di divergenze, emerse nella fase di accertamento, anche con intervento del Ministro della Marina Mercantile. Ciò detto, si osserva che la regolamentazione innanzi sintetizzata costituisce in entrambi i casi attività accertativa, che può condurre a composizioni di interessi, in via unilaterale o consensuale. Nel primo caso – previsto al secondo comma dell’art. 32 - il provvedimento risulta effetto di conclusioni raggiunte dalla sola Amministrazione nel secondo caso – disciplinato al terzo comma - si perviene ad una definizione dei confini reciprocamente accettata, chiarificatrice e satisfattiva per entrambe le parti. Ove si guardi agli effetti sostanziali delle due ipotesi – che convergono con quelli propri del regolamento dei confini – nonché al carattere paritario del rapporto tra le due parti interessate, entrambe portatrici di situazioni soggettive piene, messe a confronto per ragioni di reciproca delimitazione si deve concludere che la giurisdizione appartiene comunque all’autorità giudiziaria ordinaria cfr. Cons. Stato, VI, 22 maggio 1985, n. 206 VI, 4 dicembre 2001, n. 6054 VI, 19 maggio 2008, n. 2260 Cass., SS.UU., 11 marzo 1992, n. 2956 ord. 18 aprile 2003, n. 6347 ord. 14 giugno 2006, n. 13691 15 marzo 2012, n. 4127 II, 11 maggio 2009, n. 10817 . In caso contrario – in contrasto con i principi generali sul regolamento dei confini art. 950 Cod. civ. , quale azione ricognitiva dell’esatta e preesistente delimitazione della proprietà, senza alcuna incidenza sulla stessa, in via attributiva o ablativa – l’amministrazione sarebbe investita di un potere autoritativo al riguardo, con implicazioni che potrebbero, surrettiziamente, produrre effetti espropriativi, ammessi soltanto con le garanzie procedurali e nei casi previsti dalla legge. Si evidenzia quindi che l’atto amministrativo di cui al citato art. 32 Cod. nav. non può viceversa avere carattere costitutivo o modificativo di diritti, così come non può implicare esercizio di discrezionalità amministrativa, dovendo limitarsi ad accertare l’estensione del demanio marittimo e - di riflesso – i limiti della confinante area di proprietà privata. L’eventuale lesione del diritto soggettivo relativo a quest’ultima, pertanto, non può che rientrare nella cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria. Quanto sopra, comunque, non incide sul pur sussistente potere - di cui ai commi quarto e quinto dello stesso art. 32 - di annullamento dell’atto ricognitivo da parte del Ministro della marina mercantile oggi Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, competente ai sensi dell’art. 42, lett. c , d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300 , di concerto con il Ministro delle finanze oggi Ministero dell'economia e delle finanze , essendo tale potere espressione tipica della potestà amministrativa di autotutela SEZ. III 13 MARZO 2013, N. 1494 CONTRATTI PUBBLICI ‒ CONTRATTI PUBBLICI RELATIVI A LAVORI, SERVIZI E FORNITURE NEI SETTORI ORDINARI ‒ AVVISI, INVITI, ESCLUSIONE DALLA GARA. Gare pubbliche e condizioni per l’esclusione delle imprese concorrenti. La dimostrazione del requisito della capacità tecnica ed economico-finanziaria può essere offerta dall’impresa concorrente pure attraverso il riferimento all’esecuzione di una mera prestazione di fatto, svolta in assenza di gara pubblica e di contratto, totalmente slegata dai canoni dell’evidenza pubblica invero, l’assenza del contratto non incide sulla rilevanza giuridica della prestazione eseguita e sull’acquisizione della necessaria esperienza, di cui il bando di gara chiede la dimostrazione attraverso la documentazione del fatturato richiesto. Il requisito di idoneità tecnico-economica va quindi valutato con riferimento esclusivo al dato oggettivo del servizio erogato e della sua attinenza all’oggetto del contratto. Anche la mera prestazione di fatto, remunerata in quanto tale, rappresenta titolo per l’acquisizione di esperienza” e causa di produzione del fatturato idoneo a comprovare il requisito. Sebbene il Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’impresa concorrente sia tenuto a rendere la dichiarazione di cui all’art. 38 cit., in quanto soggetto titolare, a norma di statuto, degli stessi poteri di amministrazione e di rappresentanza spettanti al Presidente in caso di assenza o di impedimento dello stesso, tuttavia la dimostrazione dell’assenza di precedenti penali a suo carico non corrisponde ad alcun effettivo interesse pubblico pertanto, l’omessa dimostrazione – da parte del Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione ‒ dell’assenza di precedenti penali a suo carico ne impedisce l’esclusione dalla gara in sede di verifica dei requisiti. Quando il partecipante sia in possesso di tutti i requisiti richiesti e la lex specialis non prevede espressamente la pena dell'esclusione in relazione alla mancata osservanza delle puntuali prescrizioni sulle modalità e sull'oggetto delle dichiarazioni da fornire, ricorre un'ipotesi di c.d. falso innocuo , come tale insuscettibile, in carenza di una espressa previsione legislativa o della legge di gara, a fondare l'esclusione, le cui ipotesi sono tassative. Ai fini della dimostrazione del requisito della moralità professionale, sono irrilevanti la mancata presentazione del certificato generale del casellario giudiziale indicante anche le sentenze civili passate in giudicato e la mancata presentazione del certificato di carichi pendenti attestante l'esistenza di procedimenti relativi ad illeciti amministrativi, dipendenti da reato, a carico di persone giuridiche, società ed associazioni anche prive di personalità giuridica , essendo sufficiente il certificato penale del casellario, attestante le sole condanne penali. SEZ. IV 11 MARZO 2013, N. 1465 ESPROPRIAZIONE ‒ VINCOLO PREORDINATO ALL'ESPROPRIO ‒ REITERAZIONE. Sulla reiterazione dei vincoli espropriativi. In materia espropriativa, in capo all’amministrazione comunale permane sempre il potere di disporre la reiterazione dei vincoli urbanistici decaduti per effetto del decorso del termine di legge. La legittimità della reiterazione non può prescindere dal positivo riscontro di una duplice condizione per un verso, l'accantonamento delle somme necessarie per il pagamento dell'indennità di espropriazione è condizione di legittimità del provvedimento di reiterazione dei vincoli scaduti ai sensi dell'art. 2 l. n. 1187 del 1968, sebbene puntualmente motivato e giustificato da un evidente interesse pubblico per altro verso, la reiterazione dei vincoli urbanistici scaduti oggi rientrante nella previsione di cui all'art. 9 d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 non può disporsi senza svolgere una specifica indagine concreta relativa alle singole aree finalizzata a modulare e considerare le differenti esigenze, pubbliche e private, in quanto l'amministrazione nel reiterare i vincoli scaduti, è tenuta ad accertare che l'interesse pubblico sia ancora attuale e non possa essere soddisfatto con soluzioni alternative e deve indicare le concrete iniziative assunte o di prossima attuazione per soddisfarlo, nonché disporre l'accantonamento delle somme necessarie per il pagamento dell'indennità di espropriazione. L'obbligo di motivazione in materia di reiterazione dei vincoli urbanistici scaduti sussiste anche quando la reiterazione del vincolo sia disposta in occasione dell'adozione di variante generale al p.r.g. Invero, si osserva che la giurisprudenza più recente, anche a seguito del decisivo impulso fornito dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale con particolare riguardo alla sentenza n. 179 del 1999, che ha affermato il principio secondo cui la reiterazione dei vincoli di piano regolatore a contenuto espropriativo scaduti deve essere accompagnata dalla previsione di un indennizzo , afferma con notevole decisione il principio per cui la legittimità della reiterazione non può prescindere dal positivo riscontro di una duplice condizione per un verso, si afferma che l'accantonamento delle somme necessarie per il pagamento dell'indennità di espropriazione è condizione di legittimità del provvedimento di reiterazione dei vincoli scaduti ai sensi dell'art. 2 l. n. 1187 del 1968, sebbene puntualmente motivato e giustificato da un evidente interesse pubblico Consiglio Stato, sez. IV, 28 luglio 2005, n. 4019 per altro verso, si sottolinea come la reiterazione dei vincoli urbanistici scaduti oggi rientrante nella previsione di cui all'art. 9 d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 non può disporsi senza svolgere una specifica indagine concreta relativa alle singole aree finalizzata a modulare e considerare le differenti esigenze, pubbliche e private, in quanto l'amministrazione nel reiterare i vincoli scaduti, è tenuta ad accertare che l'interesse pubblico sia ancora attuale e non possa essere soddisfatto con soluzioni alternative e deve indicare le concrete iniziative assunte o di prossima attuazione per soddisfarlo, nonché disporre l'accantonamento delle somme necessarie per il pagamento dell'indennità di espropriazione, per cui l'obbligo di motivazione in materia di reiterazione dei vincoli urbanistici scaduti sussiste anche quando la reiterazione del vincolo sia disposta in occasione dell'adozione di variante generale al p.r.g.” Consiglio di Stato, sez. IV, 15 maggio 2000, n. 2706 in termini Consiglio di Stato, sez. IV, 7 giugno 2012 n. 3365 .