RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

SEZ. VI 17 SETTEMBRE 2012, N. 4925 COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO ‒ GENERALITÀ E FINALITÀ. In materia di comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo. La necessità della comunicazione dell’avvio del procedimento ai destinatari dell’atto finale è prevista in generale dall’art. 7 della L. n. 241/1990 non soltanto per i procedimenti complessi che si articolano in più fasi preparatoria, costitutiva ed integrativa dell’efficacia , ma anche per i procedimenti semplici che si esauriscono direttamente con l’adozione dell’atto finale, i quali comunque comportano una fase istruttoria da parte della stessa autorità emanante. Le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalmente, nel senso che occorra annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, dovendosi piuttosto interpretare nel senso che la comunicazione di avvio del procedimento è superflua - con prevalenza dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa - quando l'interessato sia venuto comunque a conoscenza di vicende che conducono all'apertura di un procedimento con effetti lesivi nei suoi confronti. In materia di comunicazione di avvio prevalgono, quindi, canoni interpretativi di tipo sostanzialistico e teleologico, non formalistico. Poiché l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241 è strumentale ad esigenze di conoscenza effettiva e, conseguentemente, di partecipazione all'azione amministrativa da parte del cittadino nella cui sfera giuridica l'atto conclusivo è destinato ad incidere - in modo che egli sia in grado di influire sul contenuto del provvedimento - l'omissione di tale formalità non vizia il procedimento quando il contenuto di quest'ultimo sia interamente vincolato, pure con riferimento ai presupposti di fatto, nonché tutte le volte in cui la conoscenza sia comunque intervenuta, sì da ritenere già raggiunto in concreto lo scopo cui tende siffatta comunicazione. La comunicazione di avvio del procedimento può ritenersi superflua quando l'adozione del provvedimento finale è doverosa oltre che vincolata per l'amministrazione i presupposti fattuali dell'atto risultano assolutamente incontestati dalle parti il quadro normativo di riferimento non presenta margini di incertezza sufficientemente apprezzabili l'eventuale annullamento del provvedimento finale, per accertata violazione dell'obbligo formale di comunicazione, non priverebbe l'amministrazione del potere o addirittura del dovere di adottare un nuovo provvedimento di identico contenuto anche in relazione alla decorrenza dei suoi effetti giuridici . L'art. 21 octies, l. n. 241 del 1990, costituisce disposizione di carattere processuale, applicabile anche ai procedimenti in corso o già definiti alla data di entrata in vigore della l. n. 15 del 2005 ciò in considerazione dell'evidente ratio della disposizione, volta a far prevalere gli aspetti sostanziali su quelli formali nelle ipotesi in cui le garanzie procedimentali non produrrebbero comunque alcun vantaggio a causa della mancanza di un potere concreto di scelta da parte dell'Amministrazione. SEZ. IV 11 SETTEMBRE 2012, N. 4829 OPPOSIZIONE DI TERZO ‒ RICORSO ‒ LEGITTIMAZIONE. Sulle recenti modifiche apportate all’istituto dell’opposizione di terzo. In tema di opposizione di terzo, di cui all’art. 108 c.p.a., le modifiche introdotte dall’art. 1 del D.lgs. 15 novembre 2011 n. 195 portano a compimento il processo di ampliamento della legittimazione, rendendo di fatto azionabile il rimedio oppositivo da parte di tutti i soggetti comunque non intervenuti nel processo, quando tale assenza non sia dipesa da una loro decisione, ma sia conseguenza di un’omissione comunque rilevante, sia essa dovuta alla controparte, come pure alla mancata attivazione dei poteri di integrazione del contraddittorio del giudice o, addirittura, derivante da vizi del procedimento amministrativo a monte, per mancata corretta individuazione dei soggetti di cui al capo III della legge n. 241 del 1990. In tema di opposizione di terzo, pure a seguito della riforma del comma 1 dell’art. 108 del codice del processo amministrativo, gli aventi causa e i creditori di una delle parti sono legittimati a proporre opposizione alla sentenza unicamente nelle forme del comma 2 del detto articolo, fornendo quindi prova che la sentenza sia stata effetto di dolo o collusione a loro danno, senza potersi valere della diversa disciplina dell’opposizione ordinaria. SEZ. III 10 SETTEMBRE 2012, N. 4795 URBANISTICA ‒ LOTTIZZAZIONE DI AREE ‒ ABUSIVA. Per individuare un’ipotesi di lottizzazione abusiva occorre esperire un’adeguata istruttoria. L’individuazione di un’ipotesi di lottizzazione abusiva presuppone l’accertamento di una serie di elementi, accertamento che implica indagini complesse che impongono la necessaria partecipazione dei soggetti interessati al relativo procedimento, per cui deve essere consentita ad essi la proposizione delle rispettive osservazioni e deduzioni ciò anche se al provvedimento di cui all’art. 18 della l. n. 47/1985 deve comunque riconoscersi una indubbia natura vincolata, atteso che lo stesso deve essere preceduto dal mero accertamento della realtà materiale ed è destinato ad incidere, con funzioni di qualificazione giuridica, su di essa con provvedimenti che potranno poi comportare l’adozione di successivi provvedimenti di acquisizione delle aree lottizzate. L’individuazione di un’ipotesi di lottizzazione abusiva presuppone che l’Autorità Comunale conduca un’adeguata istruttoria, in modo tale da accertare la sussistenza di elementi precisi ed univoci da cui possa ricavarsi oggettivamente l’intento di asservire all'edificazione un’area non urbanizzata. La cosiddetta lottizzazione negoziale può concretizzare in astratto già di per sé il fenomeno della lottizzazione abusiva, purché ciò si possa desumere in modo non equivoco dalle dimensioni e dal numero dei lotti, dalla natura del terreno, dall’eventuale revisione di opere di urbanizzazione e dalla loro destinazione a scopo edificatorio. SEZ. VI 4 SETTEMBRE 2012, N. 4682 SERVIZI PUBBLICI ‒ SERVIZI PUBBLICI NEL CODICE DEI CONTRATTI ‒ CONCESSIONI DI SERVIZI Sulla differenza tra concessione di servizi e appalto pubblico di servizi. Si ha concessione quando l'operatore si assume in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull'utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si ha appalto quando l'onere del servizio stesso viene a gravare sostanzialmente sull'Amministrazione. E’ la modalità della remunerazione il tratto distintivo della concessione dall'appalto di servizi pertanto, si avrà concessione quando l'operatore si assuma in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull'utenza, mentre si avrà appalto quando l'onere del servizio stesso venga a gravare sostanzialmente sull'amministrazione.