RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO di Daniele Giannini

di Daniele Giannini SEZ. V 23 GIUGNO 2011, N. 3812 ACCESSO. Diritto di accesso agli atti di gara e ai pareri acquisiti dalla P.A. Il rimedio speciale previsto a tutela del diritto di accesso è consentito anche in pendenza di un giudizio amministrativo ordinario, all'interno del quale i documenti oggetto della domanda di accesso possono anche essere acquisiti, in via istruttoria, dal Giudice. Deve ritenersi ammissibile il ricorso avverso il diniego di accesso proposto direttamente al Tribunale, anziché al suo Presidente. In materia di diritto di accesso ai pareri acquisiti dalla P.A. nell'ambito di una procedura di gara, l'art. 13, comma 5, lettera c , del d.lgs. numero 163/2006 stabilisce che sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all'applicazione del presente codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici della citata disposizione, però, deve essere data un'interpretazione restrittiva, perché relativa a norma eccezionale, in quanto derogatoria rispetto alle ordinarie regole in materia di accesso, e quindi è da intendere come riferibile alla sola fase di stipulazione dei contratti pubblici di cui all'art. 12 del d. lgs. numero 163/2006 e non a tutta quella anteriore. In materia di diritto di accesso ai pareri acquisiti dalla P.A. nell'ambito di una procedura di gara, il principio della riservatezza della consulenza legale si manifesta anche nelle ipotesi in cui la richiesta del parere interviene in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo all'esito del procedimento, ma precedente l'instaurazione di un giudizio o l'avvio dell'eventuale procedimento precontenzioso, purché il ricorso alla consulenza legale persegua lo scopo - che non coincide con quello sotteso alla richiesta del parere legale de quo - di consentire all'Amministrazione di articolare le proprie strategie difensive, in ordine ad un lite che, pur non essendo ancora in atto, può considerarsi quanto meno potenziale. In materia di diritto di accesso ai pareri acquisiti dalla P.A. nell'ambito di una procedura di gara, i pareri legali devono ritenersi sottratti all'accesso qualora attengano alle tesi difensive, relative ad un procedimento giurisdizionale cioè quando i pareri legali vengono redatti dopo che è già iniziata una controversia giurisdizionale o ad una fase precontenziosa e/o ad una lite potenziale, allorquando definiscono e/o delineano la relativa strategia difensiva e/o la futura condotta processuale più conveniente per l'Amministrazione, da assumere nella controversia giurisdizionale già instaurata o nella futura, eventuale e probabile lite giudiziaria, che il soggetto leso attiverà. Devono viceversa ritenersi accessibili i pareri legali che, anche per l'effetto di un richiamo esplicito nel provvedimento finale, rappresentano un passaggio procedimentale istruttorio di un procedimento amministrativo in corso e, una volta acquisiti dall'Amministrazione, vengono ad innestarsi nell'iter procedimentale, assumendo la configurazione di atti endoprocedimentali e perciò costituiscono uno degli elementi che condizionano la scelta dell'Amministrazione. SEZ. IV 22 GIUGNO 2011, N. 3797 ESPROPRIAZIONE. Vincolo preordinato all'esproprio ? Vincoli conformativi ed espropriativi - Derivanti da piani urbanistici. I vincoli di piano regolatore, ai quali si applica il principio della decadenza quinquennale, sono soltanto quelli che incidono su beni determinati, che sono preordinati all'espropriazione ovvero che hanno carattere sostanzialmente espropriativo, tali da determinare l'inedificabilità dei beni colpiti e, dunque, lo svuotamento del contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul godimento del bene, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero da diminuirne in modo significativo il valore di scambio, con conseguente violazione sostanziale del III° comma dell'art. 42 Cost. La previsione di una determinata tipologia urbanistica non configurante né un vincolo preordinato all'espropriazione né l'inedificabilità assoluta, essendo una prescrizione diretta a regolare concretamente l'attività edilizia, inerisce alla potestà conformativa propria dello strumento urbanistico generale, la cui validità è a tempo indeterminato, come espressamente stabilito dall'art. 11 della legge 17 agosto 1942 numero 1150. Si parla, in tal caso, di vincoli urbanistici di tipo conformativo , per indicare i vincoli relativi ai beni culturali e paesaggistici, posti direttamente dalla legge ovvero mediante un particolare procedimento amministrativo a carico di intere categorie di beni, in base a caratteristiche loro intrinseche, con carattere di generalità ed in modo obiettivo tali limitazioni delle facoltà del proprietario ricadono nella previsione non del comma terzo, bensì del comma secondo, dell'art. 42, Cost. e non sono indennizzabili. I limiti non ablatori normalmente posti nei regolamenti urbanistici o nella pianificazione urbanistica e relative norme tecniche, riguardanti altezza, cubatura, superficie coperta, distanze, zone di rispetto, indici di fabbricabilità, limiti e rapporti per zone territoriali omogenee e simili, sono vincoli conformativi, connaturali alla proprietà, e non comportano indennizzo. I vincoli di destinazione imposti dal piano regolatore per attrezzature e servizi realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua, in regime di economia di mercato, anche se accompagnati da strumenti di convenzionamento ad es. parcheggi, impianti sportivi, mercati e strutture commerciali, edifici sanitari, zone artigianali, industriali o residenziali , sfuggono allo schema ablatorio, con le connesse garanzie costituzionali in termini di alternatività fra indennizzo e durata predefinita. Se è vero che la previsione dell'indennizzo è doverosa non soltanto per i vincoli preordinati all'ablazione del suolo, ma anche per quelli sostanzialmente espropriativi secondo la definizione di cui all'art. 39, comma 1, del D.P.R. 327/2001 , è anche vero che non possono essere annoverati in quest'ultima categoria quei vincoli derivanti da destinazioni realizzabili anche attraverso l'iniziativa privata in regime di economia di mercato. Il problema della temporaneità e della conseguente indennizzabilità della protrazione dei vincoli urbanistici si può porre solo nei confronti dei vincoli preordinati all'espropriazione o sostanzialmente ablativi restano, di conseguenza, fuori dai problemi enunciati tutti gli altri vincoli attinenti a destinazioni non coinvolgenti l'esecuzione di opere pubbliche, ma rimessi alla iniziativa anche concorrente dei singoli proprietari come il verde condominiale e gli accessi privati pedonali , trattandosi di vincoli meramente conformativi. In linea generale, le opere di interesse generale costituiscono una categoria logico-giuridica nettamente differenziata rispetto a quella delle opere pubbliche , poiché si riferiscono a quegli impianti ed attrezzature che, sebbene non destinate a scopi di stretta cura della pubblica Amministrazione, sono idonei a soddisfare bisogni della collettività, ancorché vengano realizzate e gestite da soggetti privati in tale ambito, ci si riferisce a supermercati, strutture alberghiere, stazioni di servizio, banche, discoteche, etc SEZ. V 20 GIUGNO 2011, N. 3671 CONTRATTI PUBBLICI. Aggiudicazione ? Approvazione. L'onere per l'impresa di impugnare tempestivamente gli atti della procedura di evidenza pubblica, ad eccezione dell'esclusione dalla gara o delle clausole del bando immediatamente preclusive della partecipazione alla gara stessa, sorge in presenza dell'aggiudicazione definitiva. L'aggiudicazione provvisoria di un appalto pubblico ha natura di atto endoprocedimentale, ad effetti ancora instabili e del tutto interinali, sicché è inidonea a produrre la definitiva lesione della ditta non risultata aggiudicataria, che si verifica solo con l'aggiudicazione definitiva, che non costituisce atto meramente confermativo della prima ed in riferimento esclusivamente alla quale, quindi, va verificata la tempestività del ricorso. Il carattere endoprocedimentale e di mera aspettativa dell'aggiudicazione provvisoria rende la sua impugnazione oggetto di una facoltà, ma non di un onere, essendo l'atto effettivamente lesivo quello conclusivo del procedimento, da impugnare in ogni caso. E' da valutare improcedibile il ricorso avverso l'aggiudicazione provvisoria qualora non sia stata impugnata l'aggiudicazione definitiva, benché conosciuta, con conseguente consolidarsi degli effetti di quest'ultima, atteso che l'aggiudicazione definitiva non è atto meramente confermativo o esecutivo, ma provvedimento che, anche quando recepisca i risultati dell'aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione degli interessi pubblici sottostanti, con conseguente necessità di impugnativa autonoma della stessa, a pena di improcedibilità del ricorso proposto contro l'aggiudicazione provvisoria. I principi relativi al rapporto tra aggiudicazione provvisoria e aggiudicazione definiva sono applicabili anche alla ipotesi in cui alla aggiudicazione definitiva segua un ulteriore segmento procedimentale verifiche e questo porti alla esclusione del primo aggiudicatario e ad una nuova aggiudicazione nell'ambito dello stesso procedimento. SEZ. IV 16 GIUGNO 2011, N. 3662 PROCESSO AMMINISTRATIVO DI PRIMO GRADO. Interesse a ricorrere ? Sopravvenuta carenza di interesse - Proponibilità di motivi in appello. La sopravvenuta carenza di interesse all'impugnazione può conseguire a qualsiasi mutamento della situazione di fatto, oltre che di quella di diritto, purché idoneo a rendere certa e definitiva la privazione di qualsiasi utilità, anche indiretta o strumentale, in capo all'originario ricorrente per effetto di un ipotetico accoglimento della sua domanda. Ne discende che, ai fini del verificarsi della situazione sopra richiamata, non è indispensabile che il provvedimento originariamente impugnato sia sostituito da un nuovo provvedimento definitivo, bastando che sia comunque certo il definitivo superamento della sua possibile efficacia, in modo da determinare la suindicata privazione di utilità dell'impugnazione. L'art. 104, comma 3, cod. proc. amm., laddove consente la proposizione di motivi aggiunti in appello qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati , ha codificato il pregresso orientamento giurisprudenziale che ammette i motivi aggiunti in grado d'appello al solo fine di dedurre ulteriori vizi degli atti già censurati in primo grado, e non anche nella diversa ipotesi in cui con essi si intenda impugnare nuovi atti sopravvenuti alla sentenza di primo grado.