RASSEGNA TAR di Daniele Giannini

di Daniele Giannini TAR ABRUZZO, L'AQUILA, SEZ. I 26 FEBBRAIO 2011, N. 112 CONTRATTI PUBBLICI. Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori ordinari - Requisiti dei partecipanti alle procedure di affidamento. In materia di possesso dei requisiti richiesti dal bando, vige il principio secondo cui tali requisiti debbono essere possedute dai concorrenti non solo al momento della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, ma anche in ogni successiva fase del procedimento di evidenza pubblica e per tutta la durata dell'appalto, così che anche una pur lieve discontinuità durante le varie fasi intermedie non può che riverberarsi in senso preclusivo sull'aggiudicazione, sull'affidamento o sulla stipula contrattuale. TAR PIEMONTE, TORINO, SEZ. I 26 FEBBRAIO 2011, N. 217 GIURISDIZIONE. Giurisdizione in materia di affidamento degli appalti pubblici di lavori, servizi, forniture. Spetta al giudice amministrativo decidere in merito ad una controversia relativa alla delibera con la quale la P.A. appaltante subordina a talune condizioni l'autorizzazione alla cessione di ramo d'azienda della ditta appaltatrice. In linea di principio, la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di appalti pubblici è limitata alle controversie concernenti la fase pubblicistica di scelta del contraente e non comprende le vicende successive alla stipulazione del contratto, afferendo queste ultime alla fase paritetica di esecuzione che è riservata al giudice ordinario. In linea di principio, il provvedimento con cui l'amministrazione committente si oppone al subentro di un nuovo soggetto nella titolarità del contratto, per effetto di cessione d'azienda o di ramo d'azienda, in quanto finalizzato al perseguimento di interessi pubblici diversi rispetto a quelli inerenti la mera immodificabilità dell'esecutore e la corretta esecuzione del contratto, può essere considerato quale espressione di poteri pubblicistici di natura autoritativa, a fronte dei quali la posizione del privato contraente assume consistenza di interesse legittimo. Tuttavia, questa conclusione perde il proprio presupposto di partenza nel momento in cui l'amministrazione committente non si oppone alla cessione del ramo di azienda per ragioni inerenti la prevenzione di infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici ovvero i requisiti del contraente subentrante , ma si limita a subordinare l'efficacia della cessione alla permanenza dell'obbligazione solidale in capo alla cedente, limitandosi a porre una condizione funzionale alla conservazione delle originali condizioni di garanzia. TAR PUGLIA, LECCE, SEZ. I 24 FEBBRAIO 2011, N. 367 OTTEMPERANZA. Procedimento nel giudizio di ottemperanza - Commissario ad acta. Alla luce della nuova disciplina introdotta dall'art. 21 c.p.a., il Commissario ad acta si atteggia quale ausiliario del giudice, ossia quale organo che, per quanto si desume dalla stessa disposizione normativa, agisce quale longa manus del giudice, la cui volontà di attuazione della norma nel caso concreto è chiamato a esternare. La P.a. è tenuta a conformarsi in tutto e per tutto alle determinazioni del commissario ad acta, attraverso le quali si manifesta la volontà di esercizio della funzione giurisdizionale nella fattispecie concreta. Il codice del processo amministrativo ha introdotto uno specifico rimedio al fine di dirimere ogni specifica questione concernente gli atti adottati dal commissario ad acta, poiché l'art 117, comma 4, stabilisce che il giudice conosce di tutte le questioni relative all'esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario . La P.a. non ha alcuna discrezionalità nel dare attuazione a quanto stabilito dal commissario ad acta conservando, semmai, la facoltà di sollecitare l'intervento del giudice qualora insorgano dubbi interpretativi circa la portata applicativa del provvedimento, così come delineato dal commissario ad acta, o di adire il giudice per il contrasto fra l'atto del commissario ad acta e la pronuncia che lo stesso è chiamato ad eseguire o, infine, per l'erroneo esercizio del potere discrezionale allo stesso attribuito. TAR LAZIO, ROMA, SEZ. II 24 FEBBRAIO 2011, N. 1720 RISARCIMENTO DEL DANNO. Danno da ritardo e da silenzio. La responsabilità della Pubblica amministrazione va ricostruita in termini parzialmente diversi da quelli della responsabilità civile, giacché la responsabilità per colpa della Pubblica amministrazione non è di tipo oggettivo o formale invero, la colpa della P.A. non è data dalla mera inosservanza di leggi regolamenti, ordini o discipline , secondo la nozione fornita dall'art. 43 del codice penale, ma dalla violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero a negligenze, omissioni o anche errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili tra le negligenze inescusabili vanno annoverati comportamenti sciatti, superficiali, sbrigativi nel compiere operazioni valutative di agevole e semplice esecuzione, come la verifica dell'esistenza o meno di titoli facili da verificare e non comportanti sottili e complicate indagini. Con riferimento alla colpa dell'apparato amministrativo in relazione all'interpretazione ed all'applicazione di norme giuridiche, ai fini della scusabilità o evitabilità dell'errore deve farsi riferimento al giurista di medio livello che applica professionalmente norme amministrative sicché la mera possibilità, sempre presente, di un'erronea interpretazione normativa deve essere considerata incolpevole - in tal caso gravandosi definitivamente del danno verificatosi il terzo che lo ha incolpevolmente subito - solo nell'ipotesi in cui il testo normativo sia insuscettibile di ogni comprensibilità se, cioè, nessun elemento consenta all'Amministrazione di sciogliere il dilemma esegetico in modo corretto, prima e senza l'intervento del giudice. Nell'ordinamento attuale, non è configurabile il risarcimento del c. d. danno da ritardo puro e infatti, la richiesta di accertamento del danno da ritardo ovvero del danno derivante dalla tardiva emanazione di un provvedimento legittimo e favorevole, dopo l'annullamento di un precedente atto illegittimo sfavorevole , se da un lato dev'essere ricondotta al danno da lesione di interessi legittimi pretesivi per l'ontologica natura delle posizioni fatte valere, dall'altro in ossequio al principio dell'atipicità dell'illecito civile costituisce una fattispecie sui generis di natura del tutto specifica e peculiare, che deve essere ricondotta all'art. 2043 c.c. per l'identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità. Ne deriva che l'ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non possono, in linea di principio, presumersi iuris tantum in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo nell'adozione del provvedimento amministrativo, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda.