RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE 8 FEBBRAIO 2019, N. 6287/2019 RICORRENTE A. GIUDIZIO. Acquisizione di dichiarazioni predibattimentali Testimone oggetto di intimidazione Necessità di previa contestazione. Nel caso in cui il testimone oggetto di pressioni volte ad inquinare la genuinità delle sue dichiarazioni dibattimentali nel caso di specie, dallo stesso denunciate non si sottragga all'esame dibattimentale, è illegittima l'acquisizione delle dichiarazioni predibattimentali dallo stesso rese senza procedere all'esame. Quando l'esame dibattimentale sia possibile, le contestazioni nell'esame testimoniale costituiscono l'unico strumento processuale per far rilevare la divergenza tra le dichiarazioni rese dal teste in dibattimento e quelle dallo stesso rese in fase di indagini preliminari. Nella fattispecie, la dichiarante non si era sottratta all'esame dibattimentale a causa delle minacce ricevute, ma, per nulla irrimediabilmente intimidita , aveva denunciato le pressioni ricevute e si era presentata in dibattimento per rendere il chiesto esame. In tal caso, rileva la Corte, se non è dubbia la possibilità di acquisire, a seguito di contestazioni, ai sensi dell'art. 500, comma 4, c.p.p. le dichiarazioni predibattimentali della dichiarante, era certamente indebito il preliminare rifiuto di procedere all'esame dibattimentale in contradditorio del dichiarante. Sostanzialmente conforme, Terza Sezione, n. 39319/09, CED 244958. SEZIONI UNITE 7 FEBBRAIO 2019, N. 6141/2019 RICORRENTE M. REVISIONE. Sentenza di proscioglimento per prescrizione Condanna al solo risarcimento dei danni Ammissibilità della revisione. E' ammissibile, sia agli effetti penali che agli effetti civili, la revisione, richiesta ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c , c.p.p., della sentenza del giudice dell'appello che decidendo anche sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi concernenti gli interessi civili, in applicazione della disciplina dettata dall'art. 578 c.p.p., abbia prosciolto l'imputato per l'intervenuta prescrizione del reato e contestualmente confermato la sua condanna al risarcimento del danno nei confronti della parte civile. Le Sezioni Unite si discostano da consolidatissimi indirizzi interpretativi, facendo proprio il principio espresso dalla sentenza, isolata, Quinta Sezione, n. 46707/16, CED 269939. In particolare, sulla base di articolate considerazioni di sistema e di ragionevolezza, ex art. 3 Cost., ritengono non ostativo il disposto dell'art. 629 c.p.p., che prevede la possibilità di revocare le sole sentenze di condanna, di patteggiamento rese ai sensi dell’art. 444, comma 2, c.p.p. e dei decreti penali di condanna, con esclusione dei proscioglimenti e delle sentenze di non luogo a procedere, che, in uno con quello della tassatività dei mezzi d'impugnazione, era stato posto alla base dell'orientamento contrario. Nella motivazione si legge che per condanna” non si deve solo intendere quella con effetti specificamente penali, dovendosi includere ogni ipotesi di soluzione giudiziaria comunque pregiudizievole degli interessi dell’imputato, ivi compresa la condanna alle sole restituzioni civili in appello ex art. 578 c.p.p., pur resa a valle dell’accertamento di intervenuta prescrizione del reato. SESTA SEZIONE 1 FEBBRAIO 2019, N. 5210/2019 RICORRENTE C. IMPUGNAZIONI. Sentenza di patteggiamento Ricorso tendente a far valere la prescrizione già maturata Inammissibilità. Il mancato rilievo della prescrizione già maturata non investe la legalità della pena, perchè la pena, determinata sulla base di un accordo che includa il computo anche della frazione di pena disposta per un reato prescritto tra quelli considerati unitariamente ai fini dell'aumento per la continuazione, è comunque conforme alla volontà delle parti ed alla pena prevista dalla legge penale, poiché il vizio di legge non investe la pena ma un diverso presupposto dell'accordo negoziale ratificato dalla sentenza. A tale affermazione di principio consegue che la prescrizione del reato nel patteggiamento, non potendo essere dedotta come motivo valido di impugnazione diversamente da quanto previsto per la sentenza di condanna, quand'anche la sentenza fosse stata emessa dopo che sia maturato il termine di prescrizione, neppure può essere rilevata di ufficio in difetto dell'instaurazione di un valido rapporto impugnatorio. Prima della riforma della disciplina dei mezzi di impugnazione, introdotta dalla legge n. 103/2017, era consolidato l'orientamento opposto, che consentiva il ricorso per mancato rilievo di cause di estinzione del reato ex art. 129 c.p.p. cfr., per tutte, Sezioni Unite, n. 3/99 , CED 212438 . SESTA SEZIONE 30 GENNAIO 2019, N. 4857/2019 RICORRENTE S. MISURE CAUTELARI REALI. Sequestro di dati informativi estrapolati da computer Principi di pertinenza e proporzionalità Applicazione. Nei casi in cui il sequestro abbia ad oggetto un computer o un supporto informatico, l'interesse alla restituzione riguarda il dato in sé e non anche il supporto che originariamente lo conteneva o quello sul quale il clone sia stato trasferito, sicché la mera restituzione del supporto non può considerarsi come esaustiva restituzione della cosa in sequestro. Da tale assunto discende, quale naturale corollario, che non solo la persistenza dell'interesse a ricorrere, ma anche l'osservanza o meno dei principi di pertinenza e di proporzionalità del vincolo reale, debba essere valutata con riferimento non al contenitore computer e supporti informatici in ipotesi restituito, bensì al contenuto dati informatici in essi memorizzati , costituente patrimonio informativo ancora assoggettato ad ablazione. In altri termini, non può escludersi una violazione dei principi di pertinenzialità e di proporzionalità in considerazione del mero rilievo che il computer e gli altri supporti siano trattenuti dall'A.G. ai soli fini dell'estrazione di copia dei dati in essi registrati, là dove l'interesse del privato azionato col ricorso non si correla soltanto alla restituzione materiale del supporto informatico, ma si connette anche al ripristino del diritto all'esclusiva disponibilità delle informazioni, alla reintegrazione della privacy o del diritto al segreto violati dal provvedimento ablativo. Il giudice dei riesame deve quindi verificare l'osservanza dei principi di pertinenza e di proporzionalità del materiale oggetto di ablazione e, dunque, ordinare la distruzione dei cloni dei dati per tale via ottenuti che risultassero non pertinenti al thema probandum e non utili ai fini dell'accertamento dei fatti, così da scongiurare una lesione/compressione del diritto alla disponibilità esclusiva del patrimonio informativo sproporzionata rispetto alle esigenze d'indagini e, dunque, illegittima. La pronunzia richiama principi affermati da Sezioni Unite, n. 40963/17, CED 270497.