RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE 11 GENNAIO 2019, N. 1141/2018 RICORRENTE P.C. in proc. G. IMPUGNAZIONI. Sentenza di assoluzione per essere l'imputato non punibile ex art. 649 cod. penumero Impugnazione della Parte Civile Inammissibilità. La parte civile non ha interesse ad impugnare la sentenza con cui l’imputato sia stato dichiarato non punibile ex art. 649 c.p Ciò in quanto da quella pronuncia assolutoria, nel successivo giudizio civile, non discenderebbe alcun limite all' accertamento della sussistenza del fatto illecito e, quindi, del danno risarcibile ove siano provati i fatti costitutivi della domanda proposta. Il dato normativo di riferimento, per apprezzare la sussistenza del pregiudizio che la parte civile può subire in conseguenza della pronuncia assolutoria, è rappresentato dall'art. 652 c.p.p. norma che va interpretata nel senso che il giudicato di assoluzione ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo quando contenga un effettivo e specifico accertamento circa l'insussistenza del fatto, o della mancata partecipazione dell'imputato alla sua realizzazione. Principio controverso. Nello stesso senso, Terza Sezione, numero 24589/2017, CED 270053. Contra, Seconda Sezione, numero 36930/18 che, sulla scorta di Sezioni Unite numero 40049/08, CED 240814, secondo cui con la costituzione di parte civile la persona offesa manifesta la sua volontà di collegare l'azione risarcitoria all'accertamento del fatto effettuato in sede penale, assorbendo lo statuto processuale del cod.proc.penumero che, all'art. 576, prevede un generale diritto di impugnazione della parte civile. Tale diritto non patisce alcuna limitazione in relazione alla formula di assoluzione, nulla rilevando le limitazioni all'efficacia del giudicato previste dall'art. 652 cod. proc. penumero , che non incidono sulla estensione del diritto alla impugnazione. PRIMA SEZIONE 10 GENNAIO 2019, N. 1028/2019 RICORRENTE A. ESECUZIONE. Espulsione dal territorio nazionale quale sanzione alternativa alla detenzione Situazioni ostative. L'espulsione dal territorio nazionale quale sanzione alternativa alla detenzione ai sensi dell'alt. 16, comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998, numero 286, si configura come una misura atipica nell'impianto dell'esecuzione penale avente natura sostanzialmente amministrativa, attraverso cui viene anticipato il provvedimento disciplinato dall'art. 13 del medesimo decreto. Tra le situazioni che determinano il divieto di espulsione, in conformità della previsione dell'art. 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo, vi è anche lo stato di convivenza con il coniuge di nazionalità italiana, al quale deve essere assimilata la convivenza more uxorio, alla luce dell'equiparazione del contratto di convivenza al matrimonio civile, operata dalla legge 20/5/2016, numero 76, e della parificazione del convivente di fatto al coniuge, ai fini delle facoltà previste dall'ordinamento penitenziario, effettuata dall'art. 1, comma 38 della citata legge. Essa va intesa nel senso di una relazione interpersonale abituale e stabile, caratterizzata da comunanza di vita, la quale deve sussistere al momento della decisione, non richiedendosi, invece, che sia presente già alla data di commissione del fatto-reato. Conforme, tra le altre, Prima Sezione, numero 40529/17, CED 270984. QUARTA SEZIONE 10 GENNAIO 2019, N. 991/2019 RICORRENTE B. REATI CONTRO L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA. Induzione a rendere dichiarazioni mendaci all'Autorità Giudiziaria Tentativo Presupposti di diritto. Il reato previsto dall'art. 377 bis cod. penumero è un reato proprio con riferimento al destinatario della condotta esso si consuma solo in quanto la persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all'autorità giudiziaria sia tenuta a renderle. Dunque, l'uso del participio passato persona chiamata esclude dall'ambito di operatività della norma, anche con riferimento all'ipotesi tentata, i dichiaranti con diritto al silenzio che al momento della condotta, sono in astratto chiamabili ma non chiamati, possono cioè solo in via eventuale essere chiamati a rendere dichiarazioni davanti all'autorità giudiziaria per le ipotesi di coazione del soggetto potenzialmente chiamato con facoltà di non rispondere, potrebbero infatti al più soccorrere le ipotesi di cui agli artt. 610 e 611 cod. penumero La pronunzia ritiene non configurabile il delitto tentato nel caso di condotta di violenza e minaccia posta in essere dall'imputato nei confronti di soggetto che non era stato chiamato a rendere dichiarazioni davanti all'autorità giudiziaria, e rispetto al quale, in ragione del rito prescelto un giudizio abbreviato c.d. secco la possibilità di rendere dette dichiarazioni era del tutto eventuale, ipotetica, slegata da elementi concreti. La pronunzia reitera essenzialmente i principi affermati da Sesta Sezione, numero 45626/10, CED 249321. TERZA SEZIONE 10 GENNAIO 2019, N. 975/2019 RICORRENTE P.G. in proc. C. REATO. Querela presentata da persona diversa dall'offeso Estensione a fatti non esposti perché ignoti al querelante. Il principio secondo cui la querela debba fare riferimento a un fatto preciso e non possa estendere gli effetti ad eventi non contemplati non è valido quando il diritto viene esercitato da persona diversa dall’offeso e la querela viene estesa espressamente ad altri reati non esposti, perché ignoti al querelante. In tal caso, pertanto, la querela ha ad oggetto non solo i fatti e i reati in relazione ai quali è espressamente collegata mediante esposizione storica, ma anche quelli venuti a profilarsi nel corso della procedura, di cui essa è condizione di procedibilità. Nella specie, in presenza della querela presentata dalla madre di una minore per il reato di minacce telefoniche, per i fatti esposti o in seguito accertati , si è ritenuto perseguibile anche il reato di violenza sessuale, successivamente emerso dalle confidenze della persona offesa alla querelante. Conforme, Terza Sezione, numero 5131/79, CED 142145, risalente ma mai contraddetta.