RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

TERZA SEZIONE 15 NOVEMBRE 2018, N. 51575/2018 RICORRENTE P.G. in proc. M. IMPUGNAZIONI. Appello del P.M. contro sentenza assolutoria - Obbligo per il giudice di rinnovare la prova dichiarativa - Limiti. Ai sensi del nuovo comma 3- bis dell'art. 603 c.p.p., nei caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice di appello non è tenuto a disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale con riguardo a quelle prove che ritenga irrilevanti ai fini della decisione, pur se le stesse sono invece ritenute rilevanti nella prospettazione del pubblico ministero appellante. La pronunzia motiva evidenziando che dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 27620/16, Dasgupta, non nasce nessun obbligo per il giudice di appello di operare una rinnovazione generalizzata delle prove dichiarative delle quali il pubblico ministero appellante chieda una nuova valutazione, perché egli deve comunque effettuare, rispetto a tali prove, un'autonoma valutazione di rilevanza. In tale logica deve essere intesa la portata del nuovo comma 3- bis , anche perché l'interpretazione nel senso dell'automatismo della rinnovazione risulta in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo, che vede la direzione del giudice e la selezione delle richieste istruttorie proposte sulla base della loro rilevanza art. 190, comma 1, c.p.p. . Una diversa interpretazione, inoltre, si pone anche in contrasto con il principio di ragionevolezza, determinando una disparità di trattamento tra l'impugnazione proposta dal pubblico ministero e quelle proposte delle altre parti processuali in particolare, mentre il pubblico ministero otterrebbe l'automatica rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in ogni caso di impugnazione riferita alla valutazione della prova dichiarativa, l'imputato subirebbe il filtro dei commi da 1 a 3 dell'alt. 603 c.p.p., che fissano presupposti assai restrittivi. Non risultano precedenti in termini in relazione al suddetto comma 3-bis dell'art. 603 c.p.p SEZIONI UNITE 14 NOVEMBRE 2018, N. 51515/2018 RICORRENTE R. IMPUGNAZIONI. Appello avverso ordinanza applicativa di misura interdittiva a carico di una società - Revoca della misura - Possibilità di dichiarare l'impugnazione inammissibile senza formalità, per sopravvenuta mancanza di interesse - Esclusione. L'appello avverso una misura interdittiva, che nelle more sia stata revocata a seguito delle condotte riparatorie ex art. 17 d.lgs. n. 231/2001, poste in essere dalla società indagata, non può essere dichiarato inammissibile de plano, secondo la procedura prevista dall'art. 127, comma 9, c.p.p. ma, considerando che la revoca può implicare valutazioni di ordine discrezionale, deve essere deciso nell'udienza camerale e nel contraddittorio delle parti, previamente avvisate. La revoca della misura interdittiva disposta a seguito di condotte riparatone poste in essere ex art. 17 d.lgs. n. 231/2001, intervenuta nelle more dell'appello cautelare proposto nell'interesse della società indagata, non determina automaticamente la sopravvenuta carenza di interesse all'impugnazione. Nella motivazione si spiega che le molteplici conseguenze, comunque ricollegabili alla misura interdittiva revocata per effetto delle condotte riparatorie, integrano altrettanti profili di ordine sostanziale, potenzialmente idonei a fondare un perdurante interesse all'impugnazione, per cui deve essere garantita alla parte appellante la facoltà di interlocuzione, anche al fine di offrire al tribunale specifiche indicazioni sulla attualità dell'interesse ad ottenere una decisione sulla originaria legittimità del provvedimento cautelare, se pure caducato o revocato. A tale riguardo va ricordato che l'ente ha diritto alla restituzione della cauzione versata al momento della sospensione della misura cautelare, poi revocata medesime considerazioni si impongono in riferimento all'intervenuto risarcimento del danno ex art. 17, comma 1, lett. a , d.lgs. n. 231/2001 , da parte della società, al fine di ottenere la restituzione dell'importo versato ed anche rispetto alla messa a disposizione del profitto, posto che l'art. 17, comma 1, lett. c , d.lgs. cit., prevede espressamente che l'ente per beneficiare del trattamento premiale metta a disposizione il profitto conseguito. Per cui, ove risultasse l'insussistenza originaria dei presupposti per l'adozione della misura cautelare, il giudice dovrebbe disporre la restituzione delle somme messe a disposizione dall'ente. Senza considerare la rimozione di ulteriori conseguenze dannose, che possono insorgere in riferimento alla avvenuta comunicazione del provvedimento applicativo di misure cautelari interdittive all'autorità di controllo o di vigilanza sull'ente, prescritto dall'art. 84 d.lgs. n. 231/2001. SEZIONI UNITE 13 NOVEMBRE 2018, N. 51407/2018 RICORRENTE M. MISURE DI PREVENZIONE. Sorveglianza speciale - Sospensione della esecuzione a seguito di detenzione - Non configurabilità del reato di violazione delle prescrizioni nel caso in cui, cessata la detenzione, il giudice non abbia rivalutato la pericolosità sociale. Nei confronti di un soggetto destinatario di una misura di sorveglianza speciale, la cui esecuzione sia stata sospesa per effetto di una detenzione di lunga durata, in assenza di una rivalutazione dell'attualità e persistenza della sua pericolosità sociale ad opera del giudice della prevenzione al momento della nuova sottoposizione alla misura, non è configurabile il reato di reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, previsto dall’art. 75 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Nell'adottare la soluzione proposta dall'indirizzo maggioritario, la pronunzia evidenzia che l'esigenza di una valutazione della attualità della pericolosità sociale della persona per la applicazione a suo carico della misura di prevenzione è stata più volte ribadita dalla Corte EDU che ha affermato la necessità di accertare che i requisiti che giustificano l'iniziale applicazione della misura permangono anche durante la sua esecuzione. La codificazione dell'evoluzione del diritto vivente si è poi completata con la legge 17 ottobre 2017 n. 161, che con l'art. 4 ha introdotto nel corpo dell'art. 14 d.lgs. n. 159/2011, i commi 2- bis e 2- ter , peraltro non applicabile ratione temporis al caso all'esame delle Sezioni Unite. La riforma, nel recepire l'indirizzo giurisprudenziale consolidato, secondo cui la sorveglianza speciale può essere deliberata anche nei confronti di soggetto ristretto in carcere, avalla l'interpretazione delle disposizioni in materia secondo cui la detenzione di lunga durata determina una sospensione dell'esecuzione della misura che non cessa con la fine della detenzione, ma permane fino a quando il tribunale competente non accerti la persistenza delle pericolosità dell'interessato.