RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE 10 SETTEMBRE 2018, N. 40291/2018 RICORRENTE B. GIUDICE DI PACE. Processo dinanzi al Giudice di Pace - Termine per il deposito della sentenza - Termini per l'impugnazione. In tema di impugnazioni, la previsione di cui all'art. 32, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 - per la quale il giudice di pace deve depositare la motivazione entro quindici giorni, qualora non la detti a verbale - implica che quest'ultimo non possa autoassegnarsi un termine diverso e maggiore, non consentito dal predetto art. 32, che riveste carattere derogatorio rispetto all'art. 544 c.p.p., con la conseguenza che non può trovare applicazione l'art. 2 del citato d.lgs., che prevede l'estensione delle norme del codice di rito nei procedimenti innanzi al giudice di pace, a meno che non sia diversamente stabilito. Ergo, deve ritenersi che una sentenza del giudice di pace, non essendo previsti per il deposito della motivazione termini diversi da quello di quindici giorni fissato dall'anzidetto art. 32, sia impugnabile solo entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui sopra, ovvero dalla notifica dell'avviso di deposito, se avvenuto in data posteriore . Conforme, tra le altre, Quarta Sezione, n. 16148/17, CED 269608. Contra, isolatamente, Quinta Sezione, n. 40037/14. SEZIONI UNITE 10 SETTEMBRE 2018, N. 40256/2018 RICORRENTE F. REATI CONTRO LA FEDE PUBBLICA. Falsità in assegno - Abrogazione per effetto del d.lgs. 15 gennaio 2016 n. 7- Condizioni. La falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità configura la fattispecie di cui all'art. 485 c.p., abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. a , d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7 e trasformato in illecito civile. Rimane, invece, la persistente rilevanza penale degli assegni trasmissibili mediante girata, senza che ciò determini alcuna ingiustificata disparità di trattamento, in ragione della peculiarità della odierna disciplina sulla clausola di trasmissibilità degli assegni, qualificata da particolari limiti quantitativi e dalla soddisfazione di specifiche ragioni dell'emittente, tali da rendere non irragionevole la scelta del legislatore di conservarne la rilevanza penale. Nel caso esaminato, l'assegno tratto con firma apocrifa, per l'importo di euro 10.000, recava la clausola di non trasferibilità, che, in conformità all'art. 49, commi 5 e 6 d.lgs. 231/2007 deve accedere a tutti gli assegni emessi per un importo superiore ad euro 1.000,00. Le Sezioni Unite hanno quindi ritenuto che, trattandosi di falso in titolo non trasmissibile per girata e come tale riconducibile alla previsione di cui all'art. 485 c.p. e non a quella, non oggetto di abrogazione, di cui all'art. 491 c.p. , l'impugnata sentenza andasse annullata senza rinvio, limitatamente alla condotta in questione, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, procedendo la stessa Corte alla decurtazione della pena inflitta per il reato abrogato. La pronunzia, nella soluzione del contrasto, aderisce all'orientamento fatto proprio dalla Quinta Sezione cfr., per tutte, n. 32972/17, CED 270677 , che richiama principi affermati da Sezioni Unite, n. 4/07, CED 11812. A tale orientamento si contrappone quello adottato dalla Seconda Sezione cfr. n. 13086/18, CED 272540 . QUINTA SEZIONE 7 SETTEMBRE 2018, N. 40198/2018 RICORRENTE K. PENA. Sostituzione della pena detentiva con l'espulsione dal territorio dello Stato - Diritto dello straniero, in presenza dei presupposti di cui all'art. 16, comma 5, T.U. immigrazione. Lo straniero che versa nelle condizioni di legge per fruire della sanzione sostitutiva dell’espulsione prevista dall'art. 16, comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 testo unico sull’immigrazione , è titolare - anche ove intenda definire la propria posizione con sentenza di patteggiamento - di un vero e proprio diritto ad essere espulso dal territorio dello Stato, anziché rimanervi ad espiare la pena detentiva alla quale sia stato condannato, atteso il chiaro disposto del primo periodo del medesimo art. 16, comma 5, tanto che il giudice, ricorrendone le condizioni, può applicare con la sentenza di patteggiamento l'espulsione, anche se quest'ultima non è stata presa in considerazione nell'accordo raggiunto dalle parti. La pronunzia ha annullato la sentenza di patteggiamento in cui il giudice aveva omesso di applicare la detta sanzione sostitutiva, nonostante il consenso delle parti si fosse formato anche sulla richiesta di sostituzione della pena detentiva con l'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato Conforme, tra le altre, Prima Sezione, n. 35626/02, CED 222333.