RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

SEZIONI UNITE 7 SETTEMBRE 2018, N. 40150/2018 RICORRENTE S. IMPUGNAZIONI. Ricorso inammissibile Applicabilità della disciplina transitoria del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, che ha stabilito la procedibilità a querela di alcuni reati originariamente perseguibili d'ufficio Esclusione. In presenza di un ricorso inammissibile non deve darsi alla persona offesa l'avviso previsto dall'art. 12, comma 2, d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36 per l'eventuale esercizio dei diritto di querela La pronunzia perviene all'affermazione del suddetto principio a soluzione della questione giuridica di particolare importanza sollevata con il decreto di rimessione muovendo dal principio, assorbente, secondo cui è da escludere che la sopravvenienza della procedibilità a querela e, quindi, la eventuale declaratoria della improcedibilità per mancanza di querela, possano prevalere sulla inammissibilità del ricorso e, quindi, sulla formazione del giudicato sostanziale. Nel giudizio di legittimità, la mancanza della querela viene comunemente trattata come una questione di fatto, soggetta alle regole della autosufficienza del ricorso ed ai limiti dei poteri di accertamento della Cassazione sicché non può dirsi che la declaratoria di inammissibilità del ricorso sia destinata ad essere messa in crisi da una ipotetica, incondizionata necessità di verifica dello stato della condizione di procedibilità come richiesta dalla normativa subentrata. Così come è da escludere che il giudice dell'esecuzione possa revocare la condanna rilevando la mancata integrazione del presupposto di procedibilità. In sostanza, la disciplina transitoria dell'art. 12 d.lgs. n. 36/2018 ha regolato positivamente la retroattività del nuovo regime di procedibilità e le condizioni alle quali esso opera, senza peraltro che dalla norma stessa -o dalla disciplina codicistica dei mutamenti normativi favorevoli diversi dalla abolitio criminis possano trarsi argomenti per sostenere che le innovazioni che introducono la procedibilità a querela prevalgano sul giudicato sostanziale. Retroattività, quindi, ma col limite della presentazione di ricorso inammissibile. La stessa pronunzia, rispondendo all'altro quesito posto con il medesimo decreto di rimessione, afferma il principio secondo cui, nel tempo necessario a dare attuazione alle disposizioni transitorie previste dall'art. 12 del d.lgs. n. 36 del 2018 nei casi in cui, invece, il rapporto processuale sia ancora validamente costituito il corso della prescrizione non resta sospeso. Ciò, stante la mancanza di una disposizione che preveda tale sospensione Non risultano precedenti in termini QUINTA SEZIONE 6 SETTEMBRE 2018, N. 40125/2018 RICORRENTE P.M. in proc. M. MISURE CAUTELARI PERSONALI. Ordinanza di rigetto di domanda cautelare Ricorso 'per saltum' da parte del P.M. Inammissibilità. Stante il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, il pubblico ministero non è legittimato a proporre ricorso immediato per cassazione avverso le ordinanze che respingono la domanda cautelare o che dispongono una misura limitativa della libertà personale meno afflittiva rispetto a quella originariamente richiesta. Né è possibile convertire l'impugnazione in appello ex art. 310 cod.proc.pen. ai sensi del successivo art. 568 cod.proc.pen., giacché è sempre inammissibile l'impugnazione proposta con mezzo di gravame diverso da quello prescritto, quando dall'esame dell'atto si tragga la conclusione che la parte impugnante abbia effettivamente voluto ed esattamente denominato il mezzo di gravame non consentito dalla legge. Nella specie, il P.M. ha impugnato con unico ricorso il diniego della convalida dell'arresto e l'ordinanza di rigetto della richiesta di misura cautelare. La Corte ha accolto il ricorso quanto alla mancata convalida e lo ha dichiarato inammissibile nel resto. Conformi, quanto alla prima affermazione di principio, Quinta Sezione, n. 6229/16, CED 266049, quanto alla secondo, Seconda Sezione, n. 47051/13, CED 257481. QUINTA SEZIONE 6 SETTEMBRE 2018, N. 40113/2018 RICORRENTE P.M. in proc. B. ATTI DEL GIUDICE. Incertezza sull'identità anagrafica dell'imputato Rimessione degli atti al P.M. Abnormità dell'ordinanza. L'incertezza sull'identificazione anagrafica dell'imputato è irrilevante ai fini della prosecuzione del processo penale quando sia certa l'identità fisica della persona nei cui confronti sia iniziata l'azione penale, potendosi, in seguito, pur sempre provvedere alla rettifica delle generalità erroneamente attribuite, nelle forme previste dall'art. 130 cod.proc.pen. E' abnorme l'ordinanza con cui il giudice del dibattimento, in presenza di tale incertezza solo anagrafica, abbia disposto la restituzione degli atti al PM, dal momento che si è verificata una indebita regressione del procedimento ed una irrimediabile stasi processuale, non essendo praticabili altre forme di identificazione dell'imputato se non quelle già attuate. Sulla irrilevanza della identità anagrafica, nei casi in cui sia certa l'identità fisica dell'imputato, cfr. per tutte, Quinta Sezione, n. 17044/13, CED 256601.