RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE 27 GIUGNO 2018, N. 29486 RICORRENTE P.O. in proc. D ed altro ARCHIVAZIONE. Opposizione della persona offesa Dichiarazione di inammissibilità de plano Presupposti. Ai fini dell'ammissibilità dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, il giudice deve valutare non solo la pertinenza ma anche la rilevanza degli elementi di prova su cui l'opposizione si fonda, intesa quest'ultima come concreta incidenza dei predetti elementi sulle risultanze delle indagini preliminari, con la conseguenza che è corretta la pronunzia con cui il GIP. abbia dichiarato de plano” l'inammissibilità dell'opposizione della persona offesa motivandola con riferimento all'insussistenza dei profili richiesti dall'art. 410 c.p.p La pronunzia, che richiama principi già affermati da Quinta Sezione, n. 47634/14, CED 261675, non sembra essere superata dalla introduzione, con la legge 23 giugno 2017, n. 103, dell'art. 410-bis c.p.p., che prevede tra i casi di nullità del decreto di archiviazione l'ipotesi in cui essendo stata presentata opposizione, il giudice dichiara l'opposizione inammissibile, salvi i casi di inosservanza dell'art. 410, comma 1, c. p . L’opposizione alla richiesta di archiviazione, infatti, può ritenersi idonea a legittimare l'intervento della persona offesa dal reato nel procedimento e quindi ad instaurare il contraddittorio nel previsto rito camerale , in quanto contenga quegli elementi di concretezza e di specificità previsti tassativamente proprio dal primo comma dell'art. 410, consistenti nell'indicazione dell'oggetto delle indagini suppletive e dei relativi elementi di prova, che devono caratterizzarsi per la pertinenza e la rilevanza. In termini Sezioni Unite, n. 2/96, CED 204133. QUARTA SEZIONE 26 GIUGNO 2018, N. 29315 RICORRENTE P.C. in proc. D. PARTE CIVILE. Sentenza che riconosce il concorso di colpa della vittima nella causazione del sinistro stradale Impugnazione della parte civile Inammissibilità per carenza d'interesse. La sentenza penale, nella parte in cui attribuisce percentualmente una partecipazione alla causazione dell'evento alla parte lesa, non è idonea passare in cosa giudicata facendo stato nel giudizio civile. La relativa questione potrà essere, indipendentemente dalle affermazioni rese sul punto dal giudice penale, autonomamente valutata da parte del giudice civile, chiamato a statuire in via definitiva sulla responsabilità civile. Ciò in quanto, rimane estraneo al perimetro del giudicato penale, il cui ambito di operatività è definito dall'art. 651 c.p.p., il fatto commesso da un soggetto diverso dall'imputato nel processo penale. Ne consegue l'inammissibilità dell'impugnazione della Parte civile poiché la sentenza non vincola l'accertamento dei giudice civile, la parte civile non ha alcun interesse ad impugnarla, non potendo sortire l'annullamento alcun effetto utile e diverso dalla possibilità di agire direttamente in giudizio nei confronti dell'imputato stesso per il risarcimento del danno. La pronunzia richiama principi affermati da Quarta Sezione, n. 4607/17, CED 271953. Essa appare coerente con quanto affermato dalle Sezioni Civili l'obbligo del giudice penale di determinare percentualmente l'efficienza causale delle singole condotte colpose sussiste solo allorché vi sia stato un concorso di colpa tra coimputati laddove, invece, sia ravvisabile un concorso di colpa del danneggiato, spetta al giudice civile determinare l'incidenza causale dell'Imprudenza di quest'ultimo Terza Sezione civ., n. 11117/15, CED 635613 e, ancora, nei rapporti tra giudizio penale e civile, l'efficacia di giudicato della condanna penale di una delle parti che partecipano ai giudizio civile, risarcitorio e restitutorio, investe, ex art. 651 c.p.p, solo la condotta dei condannato e non il fatto commesso dalla persona offesa, pur costituita parte civile, anche se l'accertamento della responsabilità abbia richiesto la valutazione della correlata condotta della vittima Terza Sezione civ., n. 1665/16, CED 638322 . QUARTA SEZIONE 25 GIUGNO 2018, N. 29179/2018 RICORRENTE P.G. in proc. S. RITI ALTERNATIVI. Patteggiamento Omessa applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida Ricorso per cassazione. In caso di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, con la sentenza dì patteggiamento il giudice deve comunque applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, indipendentemente dalla volontà delle parti, trattandosi di statuizione sottratta all' accordo che investe il patteggiamento propriamente detto. L'omessa applicazione di tale misura legittima il ricorso per cassazione della pubblica accusa. Va ricordato che, ai sensi dell'art. 448, comma 2 bis , c.p.p., nella formulazione introdotta dalla legge n. 103 del 2017, il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento è proponibile solo per motivi attinenti all'espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, all'illegalità della pena o della misura di sicurezza. Escluso che la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida possa essere ricondotta alle categorie della pena e della misura di sicurezza elencate nell'art. 448, comma 2 bis , c.p.p., non per questo le statuizioni ad essa collegate risultano inoppugnabili. Dato il carattere di autonomia che connota le determinazioni inerenti alla sanzione amministrativa in parola, si deve ritenere che le stesse si pongano al di fuori dell'ambito di positivizzazione dell'art. 448, comma 2 bis , c.p.p Ne consegue che le statuizioni riguardanti la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida, contenute nella sentenza non appellabile di patteggiamento, potranno formare oggetto di ricorso per Cassazione secondo la disciplina generale dettata dall'alt. 606, comma 2, c.p.p Non risultano precedenti. Si evidenzia che il P.G. ricorrente aveva sollevato, in via subordinata, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 448 comma 2-bis, per l'omessa previsione della possibilità di ricorrere avverso detta violazione di legge.