RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE UP 10 FEBBRAIO 2017, N. 8897/17 RICORRENTE V. GIUDIZIO Dibattimento – Partecipazione a distanza” – Decreto ammissivo - Termine per la comunicazione alle parti – Inosservanza – Nullità - Esclusione. In caso di partecipazione dell'imputato al dibattimento a distanza, l'inosservanza del termine di dieci giorni per la comunicazione alle parti ed ai difensori del relativo decreto non determina alcuna nullità, non essendo questa prevista dalla legge, bensì una mera irritualità né è configurabile un caso di nullità di ordine generale di cui all'art. 178 lett. c , c.p.p., non concernendo l'intervento o l'assistenza dell'imputato, il quale, anzi, vede assicurati i suoi diritti nel modo più ampio e garantito possibile. La pronuncia, reiterando analogo, costante, principio già espresso, tra le altre, da Prima Sezione, n. 19511/10, CED 247194 e Seconda Sezione, n. 46245/05, CED 232775, precisa in motivazione che le nullità sono soggette al regime di tassatività e, quando non regolate in modo espresso, danno luogo ad una mera irritualità. SECONDA SEZIONE UP 02 FEBBRAIO 2017, N. 9187/17 RICORRENTE C. AZIONE PENALE Querela – Autentica della firma del querelante da parte di un avvocato non designato come difensore ma incaricato della presentazione della querela - Validità dell'atto di querela - Esclusione - Ragioni. In tema di formalità della querela, non è valido l'atto di querela qualora l'autenticazione della firma del querelante sia effettuata da un avvocato non designato come difensore, in quanto l'autenticazione della firma del querelante, effettuata da un avvocato, deve ritenersi valida solo nel caso in cui questi sia nominato difensore della parte offesa, a norma degli artt. 101, comma primo, e 96, comma secondo, c.p.p Il principio in oggetto è stato già affermato da Quinta Sezione, n. 34945/07, CED 237723. TERZA SEZIONE UP 17 GENNAIO 2017, N. 13097/17 RICORRENTE P. RISARCIMENTO DEL DANNO Danno morale - Criteri di valutazione - Obbligo di motivazione - Contenuto. In caso di liquidazione del danno morale, il giudice ha il dovere di dare conto delle circostanze di fatto considerate in sede di valutazione equitativa e del percorso logico posto a base della decisione, senza che sia necessario indicare analiticamente i calcoli in base ai quali il quantum del risarcimento venga determinato. La pronuncia, nel ribadire il principio da ultimo affermato da Quarta Sezione, n. 18099/15, CED 263450, si ricollega anche a quanto da tempo statuito anche dalle sezioni civili della Corte secondo cui l'esercizio, in concreto, del potere discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità quando la motivazione della decisione dia adeguatamente conto dell'uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito Prima Sezione civile, n. 5090/16, CED 639029 si veda anche Sez. Un, n. 7067/92, CED 477616 . SECONDA SEZIONE UP 17 FEBBRAIO 2017, N. 13549/17 RICORRENTE G. IMPUGNAZIONI Ricorso per cassazione - Vizi della motivazione - Modifiche apportate dalla L. n. 46 del 2006 - Sindacato del giudice di legittimità - Oggetto. Il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la relativa motivazione sia a effettiva , ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata b non manifestamente illogica , ovvero sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica c non internamente contraddittoria , ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute d non logicamente incompatibile con altri atti del processo, dotati di una autonoma forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità così da vanificare o radicalmente inficiare sotto il profilo logico la motivazione. Così anche Sesta Sezione, n. 10951/06, CED 233708. TERZA SEZIONE CC 10 NOVEMBRE 2016, N. 11935/17 RICORRENTE Z. MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA Sequestro probatorio – Cose costituenti corpo di reato - Motivazione sul presupposto del fine concretamente perseguito per l'accertamento dei fatti - Necessità. Il decreto di sequestro a fini di prova deve essere sorretto, a pena di nullità, anche con riguardo alle cose che costituiscono corpo di reato, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l'accertamento dei fatti. In motivazione la pronuncia, richiamando il conforme arresto delle Sez. Un., n. 5876/04, CED 226711, ricorda quanto statuito dalla Corte edu, 24/10/1986, Agosi e U.K., circa il fatto che la portata precettiva degli artt. 42 Cost. e art. 1 primo Protocollo addizionale C.e.d.u. postula necessariamente che le ragioni probatorie del vincolo di temporanea indisponibilità della cosa, pur quando essa si qualifichi come corpo del reato, siano esplicitate nel provvedimento giudiziario con adeguata motivazione, allo scopo di garantire che la misura, a fronte delle contestazioni difensive, sia soggetta al permanente controllo di legalità – anche sotto il profilo procedimentale - e di concreta idoneità in ordine all'an e alla sua durata, in particolare per l'aspetto del giusto equilibrio o del ragionevole rapporto di proporzionalità tra il mezzo impiegato - lo spossessamento del bene - e il fine endoprocessuale perseguito - l'accertamento del fatto di reato - vedi anche Terza Sezione, n. 45034/15, CED 265391 . Tuttavia, secondo un diverso orientamento, il decreto di sequestro probatorio delle cose che costituiscono corpo del reato deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine alla [sola] sussistenza della relazione di immediatezza tra la res sequestrata ed il reato oggetto di indagine, non anche in ordine alla necessità di esso in funzione dell'accertamento dei fatti, poiché l'esigenza probatoria del corpo del reato è in re ipsa così, da ultimo, Seconda Sezione, n. 50175/15, CED 265525 . La pronuncia segnalata rileva che tale principio contrasta però con il chiaro dettato letterale dell'art. 262, commi primo e terzo, c.p.p., e con la considerazione logica che, così interpretando l'art. 253, c.p.p., l'autonoma previsione di uno strumento volto ad assicurare al procedimento/processo le cose di cui è consentita la confisca il sequestro preventivo di cui all'art. 321, comma secondo, c.p.p. non avrebbe ragion d'essere, potendo tale finalità essere assolta dal sequestro probatorio del corpo di reato. Inoltre, il fatto che il sequestro del corpo del reato possa essere mantenuto a fini preventivi quando siano cessate le esigenze probatorie art. 262, comma terzo, c.p.p. dimostrerebbe che la finalità probatoria deve sempre sorreggere il decreto di sequestro probatorio, anche quando abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato. Non è l'oggetto che fa dunque la differenza, ma il fine dell'accertamento del fatto nel caso del sequestro probatorio della cautela nel caso del sequestro preventivo.