RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

SESTA SEZIONE UP 29 SETTEMBRE 2015, N. 1187/15 RICORRENTE C. IMPUGNAZIONI. Ricorso per cassazione – Parte civile Mancato deposito della conclusioni – Conseguenze – Impossibilità di liquidazione della parcella. Il mancato tempestivo deposito delle conclusioni ad opera della parte civile nel corso dell'udienza avanti la Corte di Cassazione impedisce la formazione del contraddittorio su tale tema della decisione, con conseguente impossibilità di liquidare la parcella irritualmente depositata. La pronuncia si conforma al dictum di Sesta Sezione, n. 41514/12, CED 253808. Nel senso poi che non può tenersi conto delle conclusioni inviate in cancelleria, a mezzo telefax, dal difensore della parte civile, dovendo egli, in virtù dell'espresso richiamo effettuato dall'articolo 614, comma primo, cod. proc. pen., alle norme regolanti lo svolgimento della discussione nei giudizi di merito di primo e di secondo grado, formulare e illustrare oralmente le proprie conclusioni in udienza, facendo seguire alle stesse la presentazione di una sintesi scritta, a norma dell'articolo 523, comma secondo, cod. proc. pen., Seconda Sezione, n. 38713/14, CED 260519. SESTA SEZIONE CC 24 SETTEMBRE 2015, N. 44683/15 RICORRENTE D. ED ALTRI IMPUGNAZIONI. Cause di non punibilità – Applicazione in sede di giudizio di legittimità – Sussistenza Ragioni – Conseguenze. La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto può essere applicata direttamente dalla Corte di cassazione, che procede, in tal caso, all’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, in applicazione dei poteri discendenti dall’articolo 620, comma primo, lett. l , cod. proc. pen., allorquando dal contenuto di questa già risultino i presupposti oggettivi e soggettivi per la applicazione dell’istituto. In precedenza, nel senso che la esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'articolo 131 bis cod. pen., ha natura sostanziale ed è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d. lgs. 16 marzo 2015, n. 28, ivi compresi quelli pendenti in sede di legittimità, nei quali la Suprema Corte può rilevare di ufficio ex articolo 609, comma secondo, cod. proc. pen., la sussistenza delle condizioni di applicabilità del predetto istituto, fondandosi su quanto emerge dalle risultanze processuali e dalla motivazione della decisione impugnata e, in caso di valutazione positiva, deve annullare la sentenza con rinvio al giudice di merito, tra le altre, recenti, Terza Sezione, n. 15449/15, CED 263308. La pronuncia qui segnalata osserva che in ragione della diversità tra l’istituto ex articolo 131 bis cit. rispetto a quello ex articolo 34 del d.lgs. n. 274 del 2000, non vi è ragione tuttavia per escludere la diretta applicazione, nel giudizio di legittimità, della causa di non punibilità in oggetto tenuto conto anche del principio di ragionevole durata del processo e della portata sostanzialmente disapplicante dell’articolo 620, comma primo, lett. l , cod. proc. pen., di una soluzione che imponesse sempre l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata. TERZA SEZIONE CC 24 SETTEMBRE 2015, N. 44638/15 RICORRENTE D. ED ALTRI AMBIENTE. Risarcimento del danno ambientale – Possibilità di disporre il sequestro conservativo a garanzia dello stesso – Sussistenza. E’ applicabile il sequestro conservativo a garanzia del risarcimento derivante da reati ambientali nella specie avvelenamento di acque o di sostanze alimentari , giacché, se pur secondario e subordinato all'impossibilità di procedere in forma ripristinatoria e riparatoria, il risarcimento pecuniario è previsto dall’articolo 311 del d.lgs. n. 152 del 20906, per cui, in sede cautelare, non può certo escludersi il ricorso agli strumenti consentiti dall'ordinamento per evitare che si disperdano le garanzie per il risarcimento dei danni cagionati, non essendo possibile in tale fase stabilire se si farà ricorso al ripristino in forma specifica. Il principio risulta, sul punto, affermato per la prima volta. TERZA SEZIONE UP 6 MAGGIO 2015, N. 40534/15 RICORRENTE L. REATI TRIBUTARI. Reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte – Profitto del reato Individuazione. Il profitto del reato di cui all’articolo 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 va individuato non nell’ammontare del debito tributario rimasto inadempiuto ma nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio su cui l’Erario ha diritto di soddisfarsi e, quindi, nella somma di denaro la cui sottrazione viene perseguita, non importa se con esito favorevole o meno, attesa la struttura di pericolo della fattispecie, attraverso l’atto di vendita simulata o gli atti fraudolenti posti in essere. La pronuncia conferma il principio già affermato da Terza Sezione, n. 10214/15, CED 262754 secondo cui, appunto,il profitto del reato in questione consiste nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase costituenti oggetto delle condotte artificiose considerate dalla norma. In tal senso, in precedenza, anche Terza Sezione, n. 33184/13, CED 256850. Più generale, invece, sebbene apparentemente resa in relazione proprio al reato di sottrazione fraudolenta, è l’affermazione di Quinta Sezione, n. 1843/11, CED 253480, poi ripresa da Sez. Un. n. 18374/13, CED 255036, secondo cui il profitto del reato sarebbe rappresentato da qualsiasi vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione dell'illecito potendo dunque lo stesso consistere anche in un risparmio di spesa.