RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

SESTA SEZIONE UP 2 DICEMBRE 2014, N. 52118/14 RICORRENTE D. REATI CONTRO L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA. Favoreggiamento - Mendaci dichiarazioni per evitare un’accusa penale – Applicabilità dell’esimente ex articolo 384 cod. penumero – Sussistenza. In tema di favoreggiamento personale, la causa di esclusione della punibilità prevista per chi ha commesso il fatto per essere stato costretto dalla necessità di salvare se stesso o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento alla libertà personale o all'onore opera anche nelle ipotesi in cui il soggetto agente abbia reso mendaci dichiarazioni per evitare un'accusa penale ovvero un procedimento disciplinare a proprio carico. La decisione ribadisce un principio di costante affermazione nella giurisprudenza della Corte tra le altre, Terza Sezione, numero 45444/14, CED 260744 Sesta Sezione, numero 37398/11, CED 250878 che trova ragione nel carattere costituzionale che il diritto di difesa, la cui tutela è implicata dall’esimente in oggetto, riveste alla pari del diritto ad una non fuorviata” e giusta amministrazione della giustizia. QUINTA SEZIONE CC 9 OTTOBRE 2014, N. 52245/14 RICORRENTE V. ATTI. Lingua italiana – Conoscenza in capo all’imputato – Verifica personale da parte del giudice - Necessità – Esclusione. La disposizione dell’articolo 143, comma quarto, cod. proc. pen, come modificato dall’articolo 1, comma 1, lett. b , del d.lgs. numero 32 del 2014, secondo cui l’accertamento sulla conoscenza della lingua italiana in capo all’imputato è compiuto dall’autorità giudiziaria”, non implica che il giudice debba procedere personalmente alla verifica di detta circostanza, ben potendo la stessa essere adeguatamente accertata sulla base degli elementi risultanti in tal senso dagli atti di polizia giudiziaria, rimanendo salva la facoltà del giudice di effettuare ulteriori verifiche ove tali elementi non siano concludenti. Non risultano, sul punto specifico, precedenti. Va peraltro sottolineato che la stessa motivazione della pronuncia qui segnalata rileva come nei casi in cui si è ritenuta necessaria la effettuazione personale dell’atto da parte del giudice il legislatore ne ha fatto indicazione espressa, come ad esempio nelle ipotesi dell’articolo 103, comma quarto, cod. proc. penumero in tema di esecuzione di ispezioni, perquisizioni e sequestri presso gli uffici dei difensori. TERZA SEZIONE CC 24 GIUGNO 2014, N. 52491/14 RICORRENTE P. ED ALTRO CACCIA. Esercizio della caccia in periodo di divieto generale – Esercizio della caccia con mezzi vietati – Concorso formale di reati - Sussistenza. Il reato di esercizio di caccia in periodo di divieto generale ex articolo 30 lett. a l. numero 157 del 1992 e quello di esercizio di caccia con mezzi vietati ex articolo 30 lett. h concorrono tra loro giacché il tenore letterale di tale seconda previsione non contiene alcun elemento che testualmente o logicamente possa riferire il relativo divieto alla sola caccia praticata nei giorni autorizzati dal calendario venatorio ed avendo le due norme diversa obiettività giuridica, essendo la prima disposizione volta ad impedire che l’esercizio della caccia, se svolto in determinati periodi dell’anno o comunque in determinate fasi del tempo, possa incidere, in termini pregiudizievoli, sui cicli biologici delle specie comunque cacciabili, mentre la seconda è indirizzata a tutelare il singolo animale da modalità particolarmente insidiose od inutilmente dolorose di cattura. Nel senso espresso dalla decisione vanno registrate le pronunce di Terza Sezione, numero 27488/08, CED 240271 Terza Sezione numero 4454/98, CED 210703 e Terza Sezione, numero 10644/97, CED 209413. In senso difforme, va tuttavia ricordato che, secondo Terza Sezione, numero 3157/93, CED 194109, ove il reato venatorio sia stato accertato in periodo di caccia chiusa, e, quindi, di divieto generale di caccia, sussiste il reato di cui alla lett. a dell'articolo 30 citata legge e non quello di cui alla lett. h che presuppone l'esercizio della caccia in regolare periodo di apertura in senso addirittura opposto, poi, va ricordata Terza Sezione, numero 28180/06, CED 234985 secondo cui il reato di esercizio di caccia in periodo di divieto generale, di cui all'articolo 30 lett. a L. numero 157 del 1992, è assorbito da quello di uccellagione, atteso che quest'ultimo è sempre punibile indipendentemente dal periodo di silenzio venatorio. TERZA SEZIONE UP 20 MAGGIO 2014, N. 52752/14 RICORRENTE V. REATI TRIBUTARI. Danno all’amministrazione finanziaria - Imposta evasa - Rapporti. In tema di reati tributari, l’evasione dell’imposta non si traduce, per ciò solo, anche in un danno per l’amministrazione finanziaria, potendo ciò verificarsi esclusivamente nell’ipotesi in cui, a causa della commissione del reato stesso, si sia verificata la conseguenza collegata al reato da nesso eziologico che l’amministrazione non abbia più la possibilità di riscuotere, neppure coattivamente, le somme dovute direttamente dal contribuente come, ad esempio, quando il fatto – reato abbia comportato l’estinzione della obbligazione tributaria o abbia comportato un ritardo tale nell’accertamento dell’evasione da rendere impossibile il recupero del credito erariale, o in altri, analoghi, casi. La pronuncia si pone sostanzialmente in linea con le affermazioni di Terza Sezione, numero 5554/91, CED 187973 secondo cui il danno risarcibile nei reati tributari è costituito dallo sviamento e turbamento dell'attività della pubblica amministrazione diretta all'accertamento tributario la pronuncia precisa infatti, in motivazione, che normalmente, la commissione del reato non comporta necessariamente il venir meno o l’inesigibilità del credito tributario nei confronti del contribuente debitore e quindi non provoca alcun danno alla amministrazione se non quelli derivanti dalle spese di riscossione e dal ritardo nell’adempimento, per i quali appunto le norme tributarie già prevedono appositi importi a titolo di interessi e di sanzioni tributarie.