RASSEGNA DELLA CASSAZIONE PENALE di Gastone Andreazza

di Gastone Andreazza SESTA SEZIONE UP 28 APRILE 2011, N. 24020/11 RICORRENTE C. ED ALTRI PENE. Reato continuato - Pene accessorie - Durata - Determinazione - Riferimento alla pena base - Necessità. In tema di pene accessorie nella specie, interdizione dai pubblici uffici , nel caso di condanna per reato continuato, nel commisurare la durata della pena accessoria a quella principale deve farsi riferimento alla pena base inflitta per la violazione piu' grave, come determinata in concorso delle circostanze attenuanti e aggravanti e del relativo bilanciamento, e non a quella complessiva, comprensiva cioè dell'aumento per la continuazione. L'affermazione ribadisce il principio già espresso da Quarta Sezione,n. 4559/99, CED 213149 Sesta Sezione, n. 13/97, CED 206508 Seconda Sezione, n. 9329/91, CED 188186, e Seconda Sezione, n. 7609/90, CED 184489. SESTA SEZIONE UP 17 FEBBRAIO 2011, N. 24012/11 RICORRENTE M. TESTIMONIANZA. Testimonianza indiretta - Divieto per agenti e ufficiali di p.g. - Condizioni - Fattispecie. Il divieto di testimonianza indiretta per gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria non opera relativamente alle dichiarazioni acquisite al di fuori di un'attività di investigazione. Fattispecie di dichiarazioni delle persone offese del reato di cui all'articolo 572 cod. pen. raccolte da appartenenti della polizia di Stato non in quanto tali, bensì nelle vesti di genitori di compagni di scuola dei figli dell'imputato . La pronuncia, pur meritevole di interesse in relazione alla fattispecie coinvolta, ribadisce comunque l'indiscusso orientamento della Corte in ordine ai limiti soggettivi di applicabilità del divieto in questione tra le altre, Prima Sezione, n. 5965/09, CED 243347 . Del resto, nel senso che non sussiste il divieto di testimonianza indiretta degli ufficiali ed agenti di P.G. di cui all'articolo 195, comma quarto, cod. proc. pen., con riguardo alle dichiarazioni ricevute dal pubblico ufficiale durante l'inchiesta amministrativa dallo stesso effettuata anteriormente al procedimento penale, difettando in tal caso il necessario presupposto soggettivo della qualifica di agente od ufficiale di polizia giudiziaria, Terza Sezione, n. 3050/08, CED 238562. Il divieto in oggetto non trova inoltre applicazione neppure quando si tratti di dichiarazioni raccolte per ragioni estranee al procedimento e non rappresentative di fatti antecedenti come nel caso di ascolto del tutto casuale, da parte di un carabiniere, di una conversazione tra due imputati in stato di fermo circa l'intento di nascondere fatti criminosi commessi Quarta Sezione, n. 12904/06, CED 233723 . PRIMA SEZIONE CC 15 APRILE 2011, N. 23690/11 RICORRENTE K REATI CONTRO LA PERSONALITA' DELLO STATO. Vilipendio alla bandiera italiana - Requisiti. Ai fini dell'integrazione del reato di vilipendio alla bandiera, a seguito delle modifiche apportate all'articolo 292 cod. pen. dall'articolo 5 della l. 24 febbraio 2006, n. 85, è necessario un atto di denigrazione o di disprezzo nei confronti strettamente della bandiera nazionale essendo invece inidonea a tal fine una condotta diretta nei confronti dei colori nazionali raffigurati su cosa diversa dalla bandiera. Nella specie, relativa a sequestro, è stata ritenuta suscettibile di vilipendio, mediante un disegno raffigurante una scopa di saggina che spazza via la bandiera italiana, la bandiera raffigurata su manifesti elettorali . Come noto, l'articolo 5, comma primo, della l. n. 85 del 2006, modificando l'articolo 292, ha ridisegnato il reato di vilipendio alla bandiera prevedendo, in particolare, quanto al comma primo, la condotta di chiunque vilipenda, con espressioni ingiuriose , la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato. Si è pertanto posto da subito il problema della riconducibilità, all'interno della condotta prevista, oltre che delle espressioni verbali, anche dei gesti, scritti e disegni idonei ad offendere la bandiera nazionale e gli emblemi, avendo sul punto la dottrina fornito risposte non univoche. Sotto un altro profilo, poi, il nuovo articolo 292, a differenza del precedente, non contempla più l'applicabilità della norma anche a chi vilipenda i colori nazionali raffigurati su cosa diversa da una bandiera ma prevede, nel nuovo comma terzo, che, agli effetti della legge penale, per bandiera nazionale deve intendersi la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali. La pronuncia qui segnalata, mentre, quanto al primo profilo critico, sia pure solo implicitamente posto che il punto non né affrontato , pare accogliere una nozione estensiva delle modalità di realizzazione della condotta, con riguardo al secondo, disattendendo l'impostazione difensiva che faceva leva sulla riproduzione della bandiera su un manifesto e, dunque, su una cosa diversa dalla bandiera stessa, ha ritenuto sufficiente la rappresentazione della bandiera italiana, nel suo tradizionale drappeggio tricolore, come tale, dunque, rientrante nell'oggetto materiale del reato. SESTA SEZIONE UP 19 APRILE 2011, N. 23478/11 RICORRENTE D. ED ALTRO. REATI CONTRO L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA. Falsa testimonianza - Trasmissione degli atti al P.M. da parte del giudice - Condizione di procedibilità del reato - Esclusione. La trasmissione degli atti al pubblico ministero da parte del giudice del dibattimento, ai sensi dell'articolo 207 cod. proc. pen., perché proceda nei confronti del testimone sospettato di falsità o reticenza e del testimone renitente, non costituisce una condizione di procedibilità dell'azione penale del reato di falsa testimonianza. L'affermazione presenta un precedente conforme inedito rinvenibile nella decisione sempre della Sesta Sezione, n. 33709/10. La conclusione assunta dalla Corte riposa, tra l'altro, sul significativo dato testuale della Relazione al progetto preliminare del codice, ove si spiega che, anche in assenza della trasmissione degli atti, ben può il P.M. promuovere l'azione penale contro il testimone in base ad una propria autonoma valutazione di falsità della deposizione e in qualsiasi momento perciò anche prima che il processo in cui il teste ha deposto sia stato concluso con sentenza irrevocabile e, al limite, mentre è ancora in corso il relativo dibattimento . D'altra parte, e specularmente, nulla vieterebbe che, nonostante la segnalazione del giudice, il P.M. possa determinarsi a richiedere l'archiviazione. TERZA SEZIONE CC 12 MAGGIO 2011, N. 23190/11 RICORRENTE B. MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA. Sequestro probatorio - Sopravvenuta estinzione del reato - Revoca del sequestro in sede di riesame - Legittimità - Esclusione. Non è consentito al giudice del riesame disporre la revoca del sequestro probatorio in ragione di una sopravvenuta causa di estinzione del reato nella specie per prescrizione , la quale può soltanto essere posta a fondamento di una istanza di restituzione diretta al pubblico ministero procedente. L'affermazione ripropone l'indirizzo già espresso da Sesta Sezione, n. 41627/09, CED 245494, Terza Sezione, n. 39714/03, CED 226345 di contro, secondo Terza Sezione, n. 2859/98, CED 212483, non travalica i limiti della propria competenza il giudice del riesame il quale dia atto che il reato ipotizzato sarebbe in ogni caso prescritto e ritenga, pertanto, inutile il permanere del sequestro infatti, intanto sussiste il potere del P.M. di procedere a sequestro, in quanto la sua attività sia finalizzata alla persecuzione di un reato, mentre, se il reato risulta ex actis estinto, tale potere viene meno. TERZA SEZIONE UP 20 APRILE 2011, N. 19982/11 RICORRENTE M. TERMINI PROCESSUALI. Giudizio direttissimo - Sospensione dei termini nel periodo feriale - Inapplicabilità. La sospensione dei termini processuali nel periodo feriale non opera in relazione al giudizio direttissimo pur in assenza di espressa rinuncia agli stessi, sì che non è necessaria la dichiarazione, da parte del giudice, dell'urgenza del processo. La pronuncia riafferma un indirizzo già presente nella giurisprudenza della Corte tra le altre si vedano Quarta Sezione, n. 3020/03, CED 223942 e Seconda Sezione, n. 9094/91, CED 188135 , specificando che, da un lato, l'urgenza di trattazione del giudizio direttissimo, che rende superflua la dichiarazione di cui all'articolo 2 della legge n. 742 del 1969, è connaturata alla necessità di convalidare l'arresto in flagranza nei termini all'uopo previsti argomentazione, questa, per vero più propriamente riferibile alla sola procedura di convalida , e, dall'altro, la regola ex articolo 449, comma terzo, cod. proc. pen., secondo cui, se l'arresto è convalidato, si procede immediatamente al giudizio, è necessariamente incompatibile con l'istituto della sospensione dei termini. Devono tuttavia registrarsi arresti che, resi sempre in fattispecie di rito direttissimo ed enunciando il principio secondo cui la mancata richiesta di termine a difesa e/o la richiesta di applicazione della pena sarebbero sintomatiche della volontà di rinunciare alla sospensione dei termini, paiono muovere dal diverso presupposto della operatività della sospensione stessa anche al giudizio direttissimo così Quarta Sezione, n. 40951/02, CED 223598 e Quinta Sezione, n. 486/96, CED 204489 ovvero che, espressamente, affermano il principio dell'applicabilità della sospensione anche al giudizio direttissimo Prima Sezione, n. 94/92, CED 189145 .