RASSEGNA DELLA CASSAZIONE PENALE di Gastone Andreazza

di Gastone Andreazza SECONDA SEZIONE UP 13 MAGGIO 2011, N. 21416/11 RICORRENTE P. ED ALTRI INDAGINI PRELIMINARI. Avviso di conclusione delle indagini preliminari - Interrogatorio richiesto dall'imputato già sottoposto ad interrogatorio ex articolo 294 c.p.p. - Omissione - Conseguenze - Nullità. L'omesso espletamento dell'interrogatorio richiesto dall'imputato a seguito dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari è causa di nullità generale a regime intermedio della richiesta di rinvio a giudizio e degli atti conseguenti ex articolo 416, comma primo, c.p.p. anche laddove, in precedenza, sia stato effettuato l'interrogatorio in sede cautelare ex articolo 294 c.p.p., essendo il profilo funzionale dell'interrogatorio a chiusura delle indagini volto al soddisfacimento di un'esigenza difensiva, non altrimenti surrogabile, sul merito di un'accusa ormai cristallizzata. La sentenza si inserisce in un contesto interpretativo già sfociato in soluzioni non convergenti. La giurisprudenza della Corte è infatti apparsa oscillante sul punto della nullità conseguente al mancato invito all'imputato a presentarsi per rendere l'interrogatorio laddove egli sia già stato sottoposto ad interrogatorio in sede di convalida dell'arresto ovvero a seguito dell'adozione di misura coercitiva infatti, mentre da un lato si è giunti a soluzione affermativa sul presupposto della diversità tra interrogatorio di cui all'articolo 375 comma terzo cod. proc. pen e interrogatorio in sede cautelare tra le altre, Terza Sezione, n. 26904/04, CED 229423 Terza Sezione, n. 44159/03, CED 226696 Terza Sezione, n. 4526/02, CED 221053 , dall'altro si è invece giunti a soluzione opposta a fronte della ritenuta equipollenza dei due tipi di interrogatorio tra le altre, Sesta Sezione, n. 35836/07, CED 238438 Quarta Sezione, n. 18660/04, CED 228352 Prima Sezione, n. 43236/01, CED 220179 . PRIMA SEZIONE CC 29 APRILE 2011, N. 20165/11 RICORRENTE V. STRANIERI. Reato ex articolo 14, comma quinto quater d.lgs., n. 286 del 1998 - Arresto - Ordinanza di non convalida - Ricorso per cassazione del P.M. - Sopravvenuta direttiva europea 2008/115/CE - Carenza di interesse. E' inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione del P.M. avverso il provvedimento del Gip di non convalida dell'arresto effettuato per il reato previsto dall'articolo 14 comma quinto quater del d.lgs. n. 286 del 1998 motivato dalla ricorrenza di un giustificato motivo di inottemperanza atteso che, in forza dell'obbligo di disapplicazione dell'articolo 14, comma quinto quinquies, discendente indirettamente dalla direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2008/115/CE, non potrebbe più utilmente provvedersi alla convalida dell'arresto e all'instaurazione del relativo giudizio direttissimo. L'affermazione muove dal presupposto che la c.d. direttiva rimpatri del Parlamento Europeo, come interpretata dalla sentenza della Corte di giustizia della Unione Europea del 28 aprile 2011, comporta, in capo al giudice interno, l'obbligo di disapplicazione non soltanto delle norme sostanziali direttamente incompatibili con i principi della direttiva tra cui anche l'articolo 14, comma quinto quater del d.lgs. n. 286 del 1998, come del resto successivamente argomentato approfonditamente da Prima Sezione, n. 22105/2011, inedita , bensì, anche, per effetto della regola della propagazione esemplificata dalla disposizione dell'articolo 185, comma primo, c.p.p., della norma processuale di cui all'articolo 14, comma quinto quinquies, del d.lgs. cit. in quanto strumentale alla pronta repressione della condotta dello straniero inottemperante all'ordine di allontanamento. Di qui, dunque, pur a fronte della illegittimità del provvedimento di mancata convalida, la sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente alla proposta impugnazione, non più idonea a conseguire il risultato prefisso. PRIMA SEZIONE CC 29 APRILE 2011, N. 20160/11 RICORRENTE B. MISURE DI PREVENZIONE. Procedimento - Valutazione degli elementi di prova - Criteri ex articolo 192 cod. proc. pen. - Applicabilità - Esclusione. Nel procedimento di prevenzione, la prova indiretta o indiziaria non deve essere dotata dei caratteri prescritti dall'articolo 192 c.p.p., né le chiamate in correità o in reità devono essere necessariamente sorrette da riscontri esterni individualizzanti ai fini dell'accertamento della pericolosità. La pronuncia è espressione di un indirizzo già rappresentato da Prima Sezione, n. 8914/01, CED 218359, Prima Sezione, n. 5786/00, CED 215117 e Quinta Sezione, n. 3203/00, CED 216693. TERZA SEZIONE UP 17 FEBBRAIO 2011, N. 21839/11 RICORRENTE R. REATI CONTRO LA PERSONA. Trattamento illecito di dati - Soggetto attivo - Privato cittadino - Fattispecie. Rientra nel novero dei titolari deputati, ai sensi dell'articolo 4 del d.lgs. n. 196 del 2003, ad assumere le decisioni in ordine alle finalità e alle modalità di trattamento dei dati personali, il privato cittadino che sia anche occasionalmente venuto a conoscenza di un dato sensibile, sicché, ove egli, indebitamente, lo diffonda, risponde del reato di cui all'articolo 167 d.lgs. cit. Fattispecie di indebita diffusione, attraverso una chat line pubblica, del numero di utenza cellulare altrui . Non constano precedenti specifici. La Corte precisa infatti che nel concetto indistinto di persona fisica di cui all'articolo 4, comma primo, lett. f , del d. lgs. n. 196 del 2003, deve farsi rientrare anche il soggetto privato in sé considerato e non solo quello che svolga un compito, per così dire istituzionale, di depositario della tenuta di dati sensibili e delle loro modalità di utilizzazione all'esterno una diversa interpretazione condurrebbe, del resto, ad esonerare in modo irragionevole dall'area penale tutti i soggetti privati, così permettendo quella massiccia diffusione di dati personali che il legislatore, invece, tende ad evitare . Quanto alla attribuzione, al numero di utenza telefonica, del carattere di dato sensibile, la Corte vi perviene sia in ragione della sua intrinseca natura di dato riservato sia in ragione del danno collegato tra l'altro al dolo specifico che connota il reato di cui all'articolo 167 cit. potenzialmente ricollegabile alla sua indebita diffusione. Va del resto ricordato che l'articolo 4, comma primo, lett. b , del d. lgs. cit., definisce come dato personale qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale in senso conforme, si veda Terza Sezione, n. 46203/08, CED 241787 .