RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZ. LAVORO 4 FEBBRAIO 2021, N. 2676 LAVORO-LAVOROSUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DILAVOROAUTONOMO, DISTINZIONI DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DILAVORO TUTELA DELLE CONDIZIONI DILAVORO Danno da straining” Condizioni dilavoro stressogene” Lesione dei diritti fondamentali del dipendente Configurabilità Processo di riorganizzazione riguardante l’intera impresa Esclusione. Il cd. straining è ravvisabile allorquando il datore dilavoroadotti iniziative che possano ledere i diritti fondamentali del dipendente mediante condizioni lavorative stressogene , e non quando la situazione di amarezza, determinata ed inasprita dal cambio della posizione lavorativa, sia determinata dai processi di riorganizzazione e ristrutturazione che abbiano coinvolto l'intera azienda. Tra i precedenti in argomento si veda Cassazione 3291/2016 per la quale ai sensi dell'art. 2087 c.c., norma di chiusura del sistema antinfortunistico e suscettibile di interpretazione estensiva in ragione sia del rilievo costituzionale del diritto alla salute sia dei principi di correttezza e buona fede cui deve ispirarsi lo svolgimento del rapporto di lavoro, il datore è tenuto ad astenersi da iniziative che possano ledere i diritti fondamentali del dipendente mediante l'adozione di condizioni lavorative stressogene cd. straining , e a tal fine il giudice del merito, pur se accerti l'insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare gli episodi in modo da potersi configurare una condotta di mobbing , è tenuto a valutare se, dagli elementi dedotti per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, altre circostanze del caso concreto possa presuntivamente risalirsi al fatto ignoto dell'esistenza di questo più tenue danno. Per Cassazione 18927/2012 nella ipotesi in cui il lavoratore chieda il risarcimento del danno patito alla propria integrità psico-fisica in conseguenza di una pluralità di comportamenti del datore di lavoro e dei colleghi di lavoro di naturaasseritamentevessatoria, il giudice del merito, pur nella accertata insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare tutti gli episodi addotti dall'interessato e quindi della configurabilità di una condotta di mobbing , è tenuto a valutare se alcuni dei comportamenti denunciati esaminati singolarmente, ma sempre in sequenza causale pur non essendo accomunati dal medesimo fine persecutorio, possano essere considerati vessatori e mortificanti per il lavoratore e, come tali, siano ascrivibili a responsabilità del datore di lavoro, che possa essere chiamato a risponderne, nei limiti dei danni a lui imputabili. SEZ. LAVORO 11 FEBBRAIO 2021, N. 3543 LAVORO-LAVOROSUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DILAVOROAUTONOMO, DISTINZIONI DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DILAVORO OBBLIGO DI FEDELTA' DIVIETO DI CONCORRENZA IN GENERE Violazione Presupposti Attività concorrenziale svolta durante il periodo di preavviso Rilevanza Fattispecie. La violazione del dovere di fedeltà sancito dall'art. 2105 c.c. riguarda la concorrenza che il prestatore possa svolgere non già, dopo la cessazione del rapporto, nei confronti del precedente datore dilavoro,ma quella che egli abbia svolto illecitamente nel corso del rapporto dilavoro, incluso il periodo di preavviso, al tal fine assumendo rilievo anche il principio di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto, che impone a ciascuna delle parti il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge. Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito di rigetto della richiesta risarcitoria avanzata dal datore dilavoroper aver omesso l'esame del fatto storico rappresentato dalla disponibilità, inizialmente accordata dallavoratoreall'atto di recesso, a prestare il periodo di preavviso e poi improvvisamente ritirata a distanza di pochi giorni, senza ottemperare alla redazione della scheda clienti, senza fissare gli appuntamenti con gli stessi, cancellando anzi ogni riferimento commerciale relativo alle aziende avute in gestione ed iniziando subito alavorareper la concorrenza . Tra i precedenticonformiin argomento si veda Cassazione 18459/2014. Per Cassazione 2239/2017ildoveredifedeltàsancito dall'art. 2105 c.c. si sostanzia nell'obbligo del lavoratore di astenersi da attività contrarie agli interessi del datore di lavoro, talidovendosiconsiderare anche quelle che, sebbene non attualmente produttive di danno, siano dotate di potenziale lesività rientra, pertanto, nella sfera di taledovereil divieto di trattare affari per conto proprio o di terzi inconcorrenzacon l'imprenditore nel medesimo settore produttivo o commerciale, senza che rilevi la idoneità, o meno, di tale comportamento ai fini della sussistenza dellaconcorrenzasleale a termini degli artt. 2592, 2593 e 2598 c.c.Sul tema si veda altresì Cassazione 22933/2015 per la quale il patto diprolungamento delpreavviso, sorretto da un minimo incremento retributivo e non in rapporto di corrispettività con una preordinata progressione in carriera, è nullo per frode alla legge in quanto finalizzato a perseguire l'interesse tipico del patto di nonconcorrenza, eludendone tuttavia i limitidi specificazione dell'attività e di adeguatezza del corrispettivo. SEZ. LAVORO 15 FEBBRAIO 2021, N. 3818 PROCEDIMENTI SPECIALI PROCEDIMENTI IN MATERIA DILAVOROE DI PREVIDENZA PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO IN GENERE Impugnativa di licenziamento Decadenza ex art. 6, comma 2, della l. n. 604 del 1966, come modificato dalla l. n. 183 del 2010 Atto idoneo ad impedirla Ricorso ex art. 700c.p.c. Inclusione. Ai fini della conservazione dell'efficacia dell'impugnazione stragiudiziale del licenziamento ex art. 6, comma 2, della l. n. 604 del 1966, come modificato dall'art. 32, comma 1, della l. n. 183 del 2010, sono da considerare idonei il deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice dellavoroo la comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, nonché, all'esito della sentenza della Cortecost. n. 212 del 2020, il deposito del ricorso cautelare anteriore alla causa ai sensi degli artt. 669 bis, 669 ter e 700c.p.c. Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 29429/2018 secondo cui l'art. 6, comma 2, della l. n. 604 del 1966, come modificato dall'art. 32, comma 1, della l. n. 183 del 2010, va interpretato nel senso che, ai fini della conservazione dell'efficacia dell'impugnazione stragiudiziale del licenziamento, sono da considerare idonei il deposito del ricorso ai sensi dell'art. 414c.p.c. poi sostituito, per le domande di impugnativa dei licenziamenti, dal ricorso di cui all'art. 1, commi 48 e ss., della l. n. 92 del 2012 nella cancelleria del giudice del lavoro ovvero, alternativamente, la comunicazione alla controparte della richiesta di conciliazione o arbitrato non è invece idoneo a tale scopo il ricorso proposto ai sensi dell'art. 700c.p.c., perché, da un lato, la proposizione di una domanda di provvedimento d'urgenza è incompatibile con il previo tentativo di conciliazione e,dall'altro lato, perché l'assenza, nel sistema della strumentalità attenuata di cui all'art. 669octies, comma 6,c.p.c., di un termine entro il quale instaurare il giudizio di merito all'esito del procedimento cautelare vanificherebbe l'obiettivo della disciplina introdotta dalla l. n. 183 del 2010, di provocare in tempi ristretti una pronuncia di merito sulla legittimità del licenziamento.Per Cassazione 24675/2016 in tema dilicenziamentoprivo di giusta causa o di giustificato motivo, una volta osservato, con l'impugnazionestragiudiziale, il termine di cui all'art. 6 della l. n. 604 del 1966, la successiva azione giudiziale di annullamento dellicenziamentoillegittimo può essere proposta nel termine quinquennale di prescrizione di cui all'art. 1442 c.c., decorrente dalla comunicazione del recesso, senza che tale termine possa restare interrotto dal compimento di una diversa attività, quale l'istanza per il tentativo di conciliazionestragiudiziale. SEZ. LAVORO 15 FEBBRAIO 2021, N. 3817 LAVORO-LAVOROSUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DILAVOROAUTONOMO, DISTINZIONI COSTITUZIONE DEL RAPPORTO DURATA DEL RAPPORTO A TEMPO DETERMINATO IN GENERE In genere. In caso di proroga di un contratto a tempo determinato di un dipendente pubblico, è legittima l'indicazione, in aggiunta al termine fisso finale, di un termine mobile perrelationem collegato all'immissione in servizio di personale a tempo indeterminato all'esito di procedure concorsuali o di mobilità, in quanto tale clausola, oltre a perseguire interessi meritevoli di tutela correlati ad esigenze occupazionali temporanee, non costituisce una condizione meramente potestativa, essendo ancorata a presupposti oggettivi che esulano dalla volontà arbitraria dell'amministrazione. In argomento si veda Cassazione 11921/2003per la quale l'assunzione di un lavoratore allo scopo di sostituire temporaneamente un dipendente assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro può avvenire con la fissazione di un termine finale al rapporto, o anche con l'indicazione di un termine perrelationem, con riferimento al ritorno in servizio del lavoratore sostituito. L'indicazione di un termine fisso finale in aggiunta al termine mobile collegato al rientro del lavoratore sostituito non costituisce di persèuna causa di illegittimità della apposizione del termine, ne' è manifestazione, di persè, di un intento elusivo, da parte del datore di lavoro, dei vincoli posti dalla legge, dovendo il suddetto intento elusivo essere provato, caso per caso, dal lavoratore. SEZ. LAVORO 15 FEBBRAIO 2021, N. 3816 LAVORO LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DILAVOROAUTONOMO, DISTINZIONI CATEGORIE E QUALIFICHE DEI PRESTATORI DILAVORO MANSIONI IN GENER Pubblico impiego privatizzato Svolgimento di mansioni aggiuntive Incidenza sulla retribuzione Limiti e condizioni Oneri di allegazione dellavoratore Fattispecie. Illavoratorepubblico che pretenda un compenso per prestazioni aggiuntive che esulino dal profilo professionale di appartenenza, oltre ad allegare lo svolgimento di compiti ulteriori rispetto a quelli che il datore dilavoropuò esigere in forza dell'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, è tenuto a fornire anche gli elementi necessari per verificare la inadeguatezza del trattamento economico ricevuto, rispetto al parametro di cui all'art. 36Cost., nonché l'aggravamento quantitativo o qualitativo dellaprestazione, con riferimento all'orario dilavoroo alla maggiore intensità e onerosità della stessa. In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva respinto la domanda di infermieri professionali che rivendicavano un compenso aggiuntivo per l'utilizzo della strumentazione diagnostica cd. POCT . Tra i precedenti in senso conforme si veda Cassazione 16094/2016 per la quale il lavoratore pubblico ha diritto ad un compenso per prestazioni aggiuntive purché i compiti, espletati in concreto, integrino una mansione ulteriore rispetto a quella che il datore di lavoro può esigere in forza dell'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, tale risultando quella che esuli dal profilo professionale salvo che, in presenza di un inquadramento che comporti una pluralità di compiti nell'ambito del normale orario, il datore di lavoro non abbia esercitato il proprio potere di determinare l'oggetto del contratto assegnando prevalenza all'uno o all'altro compito riconducibile alla qualifica di assunzione. Per Cassazione 12358/2014l'art. 52, comma 5, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 non si applica nell'ipotesi in cui al dipendente siano attribuite mansioni aggiuntive ma compatibili con la qualifica di appartenenza, dovendosi escludere che al lavoratore possa, in mancanza di disposizioni legislative o contrattuali in tal senso, essere riconosciuto un doppio salario, per la duplicità di mansioni conglobate in un'unica prestazione lavorativa, ponendosi eventualmente soltanto un problema di adeguatezza e proporzionalità della retribuzione in relazione alla qualità e quantità della prestazione lavorativa complessivamente svolta. SEZ. LAVORO 16 FEBBRAIO 2021, N. 4057 LAVORO-LAVOROSUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DILAVOROAUTONOMO, DISTINZIONI COSTITUZIONE DEL RAPPORTO ASSUNZIONE COLLOCAMENTO ALLAVORO IN GENERE Pubblico impiego contrattualizzato Procedimento di verifica dei requisiti di ammissione al concorso del candidato Obbligo della P.A. di concludere il predetto procedimento prima dell’immissione in ruolo Sussistenza Accertamento successivo della mancanza dei requisiti Conseguenze. In materia di pubblico impiego contrattualizzato, l'amministrazione ha l'obbligo di concludere il procedimento di verifica dei requisiti di ammissione al concorso del candidato prima dell'immissione in ruolo del medesimo tuttavia, l'accertamento successivo della mancanza dei predetti requisiti può eventualmente rilevare, se sussistono í presupposti dell'azione di danno, a fini risarcitori, ove il candidato abbia fatto affidamento sul comportamento dell'amministrazione, ma non può impedire a quest'ultima, tenuta al rispetto della legalità, di recedere dal rapporto affetto da nullità facendo così valere l'assenza di un vincolo contrattuale per violazione delle disposizioni imperative riguardanti l'assunzione, poste a tutela di interessi pubblici alla cui realizzazione deve essere costantemente orientata l'azione amministrativa. In tema di costituzione del rapporto di lavoro,per Cassazione 20416/2019,la nullità della procedura concorsuale per violazione di norme imperative costituisce causa di nullità dei contratti di lavoro sottoscritti in esito ad essa, indipendentemente dalla circostanza che i lavoratori abbiano dato causa al vizio o ne abbiano avuto consapevolezza.In argomento si veda Cassazione 2316/2020 per la quale nel pubblico impiego privatizzato, qualora il contratto di lavoro sia nullo per violazione di norma imperativa, il dipendente non può far valere l'affidamento riposto sulla legittimità dell'assunzione per fondare una domanda di reintegrazione nel posto di lavoro, ma può esercitare l'azione risarcitoria ex art. 1338 c.c., con onere della prova a suo carico del pregiudizio subito, al fine di ottenere il risarcimento del danno rappresentato dalle spese sostenute e dal mancato guadagno derivante dalla perdita di altra occupazione o di altre occasioni di lavoro in tal caso, laresponsabilità della pubblica amministrazione è esclusa laddove la nullità del contratto di impiego dipenda dalla violazione di norme imperative concernenti i requisiti di validità delle assunzioni, che si presumono conosciute dalla generalità dei cittadini, purché le circostanze di fatto dalle quali dipende l'invalidità dell'assunzione fossero conosciute o conoscibili mediante l'uso della normale diligenza.