RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZ. LAVORO SENTENZA DEL 16 NOVEMBRE 2020, N. 25986 IMPIEGO PUBBLICO - ACCESSO AI PUBBLICI IMPIEGHI IN GENERE - IN GENERE Pubblico impiego contrattualizzato - Graduatorie formate all'esito di un pubblico concorso per assunzioni a tempo indeterminato - Utilizzazione per l'assunzione degli idonei con contratto a termine - Rispetto dell'ordine della graduatoria - Necessità - Fondamento. Nel pubblico impiego contrattualizzato, qualora la graduatoria formata all'esito di un pubblico concorso per il reclutamento di personale a tempo indeterminato debba essere utilizzata per l'assunzione con contratto a termine degli idonei, l'assunzione in questione deve avvenire nel rispetto dell'ordine della graduatoria, in armonia con la previsione di cui all'art. 97 Cost., che individua la selezione concorsuale quale forma generale ed ordinaria di reclutamento a garanzia dei principi di efficienza, buon andamento ed imparzialità della P.A., i quali risulterebbero violati ove la scelta dei destinatari della assunzione a tempo determinato fosse operata senza l'osservanza di un criterio predeterminato ed oggettivo e, dunque, verificabile. In argomento si veda Cassazione 4436/2018 per la quale la pretesa azionata dai lavoratori pubblici al fine di ottenere il completamento di una procedura selettiva - dalla quale sono stati illegittimamente esclusi dopa esservi stati regolarmente ammessi - investe provvedimenti non discrezionali della P.A., ma atti negoziali, consistenti nel dare la possibilità ai dipendenti di completare la selezione alle cui prime fasi avevano legittimamente partecipato, in base al relativo banda. A tali atti si correlano diritti soggettivi, sicché una simile situazione rientra a pieno titolo nell'ambito applicativo dell'art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 e ciò comporta che il giudice ordinario ha anche il potere di adottare nei confronti della P.A. qualsiasi tipo di sentenza, ivi compresa la sentenza di condanna ad un facere , data la sussistenza del diritto soggettivo dei lavoratori interessati al rispetto da parte della P.A. medesima, oltreché del generale obbligo di correttezza e buona fede, dei criteri predeterminati nel bando per l'ammissione alla selezione, lo svolgimento delle prove, la selezione dei promovendi e così via, diritto che non riguarda quindi soltanto la formazione della graduatoria ma anche il tempo e l'ordine della promozione. Per Cassazione 30425/2019 nell'ambito di un giudizio ex art. 38 del d.lgs. n. 198 del 2006, promosso da un lavoratore che invochi l'attribuzione di un punteggio superiore rispetto a quello effettivamente ricevuto, per ragioni discriminatorie, in una procedura selettiva, sussiste l'obbligo di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri concorrenti sulla cui posizione in graduatoria l'accoglimento della domanda è suscettibile di incidere né la necessaria partecipazione al giudizio di questi ultimi può escludersi in ragione dell'astratta possibilità di incremento del numero delle posizioni economiche messe a concorso, dovendo aversi riguardo alla procedura selettiva concretamente indetta dal datore di lavoro, sulla base di scelte correlate alle proprie esigenze organizzative e a vincoli di spesa e di bilancio. SEZIONE LAVORO SENTENZA DEL 23 NOVEMBRE 2020, N. 26597 PROCEDIMENTI SPECIALI - PROCEDIMENTI IN MATERIA DI LAVORO E DI PREVIDENZA - PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO - PROVA - POTERI DEL GIUDICE Rito del lavoro - Attivazione dei poteri officiosi ex art. 437, comma 2, c.p.c. - Condizioni - Pista probatoria - Necessità - Indicazione di testimone de relato in primo grado - Sufficienza. Nel rito del lavoro, l'esercizio dei poteri istruttori del giudice, che può essere utilizzato a prescindere dalla maturazione di preclusioni probatorie in capo alle parti, vede quali presupposti la ricorrenza di una semiplena probatio e l'individuazione ex actis di una pista probatoria che, in appello, ben può essere costituita dalla indicazione di un teste de relato in primo grado, secondo una ipotesi prevista in via generale dall'art. 257, comma 1, c.p.c. che, al ricorrere dei requisiti di cui agli artt. 421 e 437 c.p.c., resta assorbita. In argomento si veda Cassazione 17683/2020 per la quale nel rito del lavoro nella specie, per cause relative al risarcimento danni conseguenti ad incidenti stradali ex art. 3 della l. n. 102 del 2006, ratione temporis applicabile , stante l'esigenza di contemperare il principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale, il giudice, anche successivamente al verificarsi delle preclusioni istruttorie ed ove reputi insufficienti le prove già acquisite, può disporre d'ufficio l'ammissione di nuovi mezzi di prova per l'accertamento degli elementi allegati o contestati dalle parti od emersi dall'istruttoria e deve assegnare il termine perentorio per la formulazione della prova contraria ex artt. 421, comma 2, e 420, comma 6, c.p.c. solo se la parte interessata abbia inteso avvalersi del diritto di controdedurre. Per Cassazione 33393/2019 nel rito del lavoro, la produzione di documenti successivamente al deposito degli atti introduttivi è ammissibile solo nel caso di documenti formati o giunti nella disponibilità della parte dopo lo spirare dei termini preclusivi ovvero se la loro rilevanza emerga in ragione dell'esigenza di replicare a difese altrui peraltro, l'acquisizione documentale può essere disposta d'ufficio, anche su sollecitazione di parte, se i documenti risultino indispensabili per la decisione, cioè necessari per integrare, in definizione di una pista probatoria concretamente emersa, la dimostrazione dell'esistenza o inesistenza di un fatto la cui sussistenza o insussistenza, altrimenti, sarebbe destinata ad essere definita secondo la regola sull'onere della prova. In senso conforme si veda altresì Cassazione 18942/2012 secondo cui nel rito del lavoro, il verificarsi di preclusioni o decadenze in danno delle parti non osta all'ammissione d'ufficio delle prove, trattandosi di potere diretto a vincere i dubbi residuati dalle risultanze istruttorie, ritualmente acquisite agli atti del giudizio di primo grado. Ne consegue che, essendo la prova nuova disposta d'ufficio funzionale al solo indispensabile approfondimento degli elementi già obbiettivamente presenti nel processo, non si pone una questione di preclusione o decadenza processale a carico della parte.