RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZ. LAVORO 19 OTTOBRE 2020, N. 22673 IMPIEGO PUBBLICO - ACCESSO AI PUBBLICI IMPIEGHI IN GENERE - IN GENERE. Dichiarazioni non veritiere - Decadenza dai benefici conseguenti al provvedimento emanato - Conseguenze - Fattispecie. In tema di accesso al pubblico impiego, la decadenza del dichiarante dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera , ai sensi dell'art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, si verifica ogniqualvolta, in assenza della falsa dichiarazione, l'impiego non sarebbe stato ottenuto, ossia nei casi in cui l'inclusione nella graduatoria concorsuale o selettiva sia diretta conseguenza del mendacio ne consegue che la decadenza in questione - risolvendosi in un vizio genetico del contratto, ossia nella nullità dello stesso - va apprezzata in termini di rifiuto dell'amministrazione di continuare a dare esecuzione al rapporto di lavoro, del quale, pertanto, non si potrà tener conto ai fini di successive assunzioni o avanzamenti di carriera. Nella specie, nella sentenza di merito era stato ritenuto che l'accertamento della falsità ideologica dell'autocertificazione, attestante la esistenza del titolo necessario alla inclusione della lavoratrice nelle graduatorie per il personale ATA relative al triennio 2005/2008, non si riverberasse anche sulla procedura inerente le graduatorie per il successivo triennio 2008/2011 la S.C., nel cassare la predetta sentenza, ha affermato che i rapporti di lavoro svoltisi nella vigenza della graduatoria nella quale la lavoratrice era stata inclusa solo grazie alla dichiarazione mendace non potessero essere in alcun modo valutati ai fini dell'attribuzione dei punteggi . In argomento si veda Cassazione 18699/2019 per la quale in occasione dell'accesso al pubblico impiego, la produzione di falsi documentali o di dichiarazioni non veritiere è causa di decadenza, con conseguente nullità del contratto, allorquando tali infedeltà comportino la carenza di un requisito che avrebbe in ogni caso impedito l'instaurazione del rapporto di lavoro con la P.A nelle altre ipotesi, le produzioni o dichiarazioni false effettuate in occasione o ai fini dell'assunzione possono comportare, una volta instaurato il rapporto, il licenziamento, ai sensi dell'art. 55-quater, lett d , del d.lgs. n. 165 del 2001, in esito al relativo procedimento disciplinare ed a condizione che, valutate tutte le circostanze del caso concreto, la misura risulti proporzionata rispetto alla gravità dei comportamenti tenuti. Per Cassazione 18719/2016 la non veridicità della dichiarazione sostitutiva presentata alla P.A. comporta la decadenza dai benefici eventualmente conseguiti, ai sensi dell'art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, indipendentemente da ogni indagine circa l'elemento soggettivo del dichiarante, ponendosi non come sanzione, ma quale effetto dell'assenza, successivamente accertata, dei requisiti richiesti. SEZ. LAVORO 14 OTTOBRE 2020, N. 22212 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - PER GIUSTIFICATO MOTIVO – OBIETTIVO. Procedura di conciliazione ex art. 7 della l. n. 604 del 1966, come modificato dalla l. n. 92 del 2012 - Convocazione della DTL inviata entro il termine di sette giorni di cui al comma 3 del citato art. 7 e pervenuta al datore oltre detto limite temporale - Intimazione del licenziamento - Conseguenze - Violazione procedurale - Sussistenza. In tema di procedura di conciliazione ex art. 7 della l. n. 604 del 1966 - come modificato dalla l. n. 92 del 2012 -, il termine di sette giorni di cui al comma 3 del citato art. 7, entro il quale la DTL deve trasmettere al datore di lavoro e al lavoratore la convocazione per l'incontro innanzi alla commissione provinciale di conciliazione, si intende rispettato, secondo un'interpretazione letterale della disposizione, con l'invio di detta convocazione ne consegue l'illegittimità per violazione procedurale del licenziamento intimato quando la convocazione in questione sia stata inviata entro il predetto termine, ancorché essa sia stata ricevuta dal datore di lavoro oltre il richiamato limite temporale. In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, secondo Cassazione 8660/2019 la procedura di conciliazione prevista dall'art. 7 della l. n. 604 del 1966, come novellato dall'art. 1, comma 40, della l. n. 92 del 2012, deve essere attivata prima dell'intimazione del licenziamento qualora invece l'attivazione sia successiva alla formale comunicazione del recesso, il datore di lavoro incorre in una violazione procedurale rilevante ai fini dell'applicazione della tutela prevista dall'art. 18, comma 6, della l. n. 300 del 1970, senza che ciò tuttavia determini una sospensione del termine per impugnare il licenziamento stabilito dall'art. 6 della stessa l. n. 604 del 1966. In argomento per Cassazione 21676/2018 in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la comunicazione effettuata alla Direzione territoriale del lavoro, ai sensi dell'art. 7 della l. n. 604 del 1966, come novellato dall'art. 1, comma 40, della l. n. 92 del 2012, inviata per conoscenza al lavoratore, non costituisce atto di recesso, perché contiene solo la manifestazione dell'intenzione del datore di lavoro di procedere al licenziamento, con l'indicazione dei motivi, essendo finalizzata all'espletamento della procedura conciliativa, in esito alla quale il recesso non è la soluzione obbligata. SEZ. LAVORO 13 OTTOBRE 2020, N. 22066 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - COSTITUZIONE DEL RAPPORTO - ASSUNZIONE - DIVIETO DI INTERMEDIAZIONE E DI INTERPOSIZIONE APPALTO DI MANO D'OPERA . Contratto di somministrazione illegittimo - Costituzione del rapporto di lavoro con l’utilizzatore - Conseguenze - Trattamento economico e normativo sancito dalla disciplina legale e collettiva in vigore presso l’utilizzatore - Applicabilità - Intangibilità del trattamento più favorevole applicato dal somministratore - Esclusione - Fondamento. In tema di somministrazione di lavoro, ai sensi degli artt. 20 e ss. del d.lgs. n. 276 del 2003, ove venga giudizialmente disposta la trasformazione del rapporto da contratto a tempo determinato alle dipendenze del somministratore a contratto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell'utilizzatore, trova applicazione il trattamento economico e normativo sancito dalla disciplina legale e collettiva in vigore presso quest'ultimo, mentre non è invocabile il trattamento più favorevole applicato dal somministratore, atteso che, nel momento in cui la struttura trilatera del rapporto viene meno per effetto della irregolarità del contratto di somministrazione, la prestazione di lavoro si inserisce nell'assetto organizzativo aziendale dell'utilizzatore nell'ambito di un ordinario rapporto, in analogia con la fattispecie di cui all'art. 2112, comma 3, c.c In tema di pubblico impiego privatizzato, per Cassazione 20918/2020 al personale trasferito ex art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001, che a sua volta rinvia all'art. 2112 c.c., si applica il contratto collettivo in vigore per i dipendenti del cessionario, dal momento che la temporanea ultrattività della contrattazione collettiva applicata dal cedente, di cui al comma 3 dell'art. 2112 c.c., è limitata alla sola ipotesi in cui il cessionario non abbia recepito alcun contratto, evenienza che nell'impiego pubblico contrattualizzato è esclusa dall'operatività della disciplina di cui al citato d.lgs. n. 165. In tema di somministrazione di lavoro, secondo Cassazione 21520/2014 l'art. 22, comma 2, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, stabilisce che il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può essere prorogato con il consenso del lavoratore e con atto scritto, sicché la proroga deve essere espressione di una dichiarazione di volontà manifesta di tutti i contraenti e la mancanza della relativa forma scritta, richiesta ad substantiam , determina la nullità del contratto, ex art. 21, comma 4, del d.lgs. n. 276 cit., con conseguente trasformazione del rapporto in contratto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell'utilizzatore. SEZ. LAVORO 9 OTTOBRE 2020, N. 21888 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - LIBERTA' E DIGNITA' DEL LAVORATORE - PERSONALE DI VIGILANZA. Disciplina ex art. 3 della l. n. 300 del 1970 - Controllo diretto dell'imprenditore o di suoi dipendenti - Ammissibilità - Carattere occulto - Liceità. La disposizione di cui all'art. 3 della l. n. 300 del 1970 - secondo la quale i nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell'attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori interessati - non ha fatto venire meno il potere dell'imprenditore, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c., di controllare, direttamente o mediante l'organizzazione gerarchica che a lui fa capo e che è conosciuta dai dipendenti, l'adempimento delle prestazioni cui costoro sono tenuti e, così, di accertare eventuali mancanze specifiche dei dipendenti medesimi, già commesse o in corso di esecuzione, e ciò indipendentemente dalle modalità con cui sia stato compiuto il controllo, il quale, attesa la suddetta posizione particolare di colui che lo effettua, può legittimamente avvenire anche occultamente, senza che vi ostino ne' il principio di correttezza e buona fede nell'attuazione del rapporto di lavoro, ne' il divieto di cui all'art. 4 della stessa l. n. 300 del 1970, riferito esclusivamente all'uso di apparecchiature per il controllo a distanza e non applicabile analogicamente, siccome penalmente sanzionato. Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 3039/2002. In argomento si veda altresì Cassazione 8998/2001 per la quale le norme poste dagli artt. 2 e 3 della legge 20 maggio 1970 n. 300 a tutela della libertà e dignità del lavoratore, delimitano la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei suoi interessi, con specifiche attribuzioni nell'ambito dell'azienda rispettivamente con poteri di polizia giudiziaria a tutela del patrimonio aziendale e di controllo della prestazione lavorativa , ma non escludono il potere dell'imprenditore, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 cod. civ., di controllare direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica l'adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, già commesse o in corso di esecuzione, e ciò indipendentemente dalle modalità del controllo, che può legittimamente avvenire anche occultamente, senza che vi ostino ne' il principio di correttezza e buona fede nell'esecuzione dei rapporti, ne' il divieto di cui all'art. 4 della stessa legge n. 300 del 1970, riferito esclusivamente all'uso di apparecchiature per il controllo a distanza non applicabile analogicamente, siccome penalmente sanzionato . Sono pertanto legittimi, in quanto estranei alle previsioni delle suddette norme, gli accertamenti operati dall'imprenditore attraverso riproduzioni filmate dirette a tutelare il proprio patrimonio aziendale, al di fuori dell'orario di lavoro e contro possibili atti penalmente illegittimi messi in atto da terzi e quindi anche dai propri dipendenti i quali a questi non possono non essere in tutto equiparati allorquando agiscano al di fuori dell'orario di lavoro. Per Cassazione 15094/2018 i controlli del datore di lavoro a mezzo di agenzia investigativa, riguardanti l'attività lavorativa del prestatore svolta anche al di fuori dei locali aziendali, sono legittimi solo ove siano finalizzati a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti od integrare attività fraudolente, fonti di danno per il datore medesimo, non potendo, invece, avere ad oggetto l'adempimento della prestazione lavorativa, in ragione del divieto di cui agli artt. 2 e 3 st.lav SEZ. LAVORO SENTENZA 22 SETTEMBRE 2020, N. 19846 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - SUBORDINAZIONE - SANZIONI DISCIPLINARI. Procedimento disciplinare - Difese del lavoratore - Richiesta di audizione, nel rispetto del termine di cinque giorni ex art. 7 st.lav., successiva alla presentazione di giustificazioni scritte - Obbligo datoriale di audizione - Sussistenza - Fondamento. In tema di procedimento disciplinare, nel caso in cui il lavoratore, dopo avere presentato giustificazioni scritte senza formulare alcuna richiesta di audizione orale, avanzi tale richiesta successivamente, entro il termine di cui al comma 5 dell'art. 7 della l. n. 300 del 1970, il datore di lavoro è tenuto a provvedere all'audizione - con conseguente illegittimità della sanzione adottata in mancanza di tale adempimento - senza poter sindacare la necessità o opportunità della integrazione difensiva, non sussistendo ragioni per limitare il diritto di difesa, preordinato alla tutela di interessi fondamentali del lavoratore, in assenza di un apprezzabile interesse contrario della parte datoriale, che riceve comunque adeguata tutela dalla stringente cadenza temporale che regola il procedimento disciplinare. In tema di procedimento disciplinare ex art. 7 st.lav., per Cassazione 32607/2018, il datore che abbia considerato erroneamente tardive le giustificazioni scritte, in realtà tempestive, rese dal lavoratore, pone in essere - risultando negato a quest'ultimo il suo diritto alla difesa e al contraddittorio - una violazione del procedimento, non dissimile da quella che si verifica quando il lavoratore medesimo abbia invano chiesto di essere ascoltato di persona. In argomento si veda Cassazione 204/2017 per la quale il datore di lavoro che intenda adottare una sanzione disciplinare nei confronti del dipendente non può omettere l'audizione del lavoratore incolpato che, nel termine di cui all'art. 7, comma 5, st. lav., ne abbia fatto espressa ed inequivocabile richiesta contestualmente alla comunicazione di giustificazioni scritte, anche se queste appaiano di per sé ampie ed esaustive. Per Cassazione 17916/2016, in caso di richiesta di audizione personale dell'incolpato, con istanza di assistenza di un sindacalista di fiducia ai sensi dei commi 2 e 3, spetta al datore di lavoro organizzare la convocazione in tempi ragionevoli e congrui per dare modo a tutti gli aventi diritto di parteciparvi, restando a suo carico l'onere probatorio per impedimenti a lui non colpevolmente imputabili.