RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 9 MARZO 2020 N. 6649 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - TRASFERIMENTO D'AZIENDA - DIRITTI DEL PRESTATORE DI LAVORO. Decadenza ex art. 32 della l. n. 183 del 2010 - Cessione del contratto di lavoro ex art. 2112 c.c. avvenuta prima dell’entrata in vigore della norma - Configurabilità - Esclusione - Fondamento. In tema di cessione del contratto di lavoro, ai sensi dell'art. 2112 c.c., la decadenza di cui all'art. 32, comma 4, della l. n. 183 del 2010, non si applica alle cessioni intervenute prima dell'entrata in vigore della predetta legge, come emerge dall'interpretazione letterale della norma - di carattere eccezionale - che individua espressamente il dies a quo del termine di decadenza nella data del trasferimento , nonché, sul piano logico-sistematico, dall'assenza, nel comma 4 dell'art. 32 citato, di disposizione analoga a quella prevista per i contratti a termine, ove invece è stata disciplinata chiaramente l'ipotesi anche per quelli già scaduti. Nell'ipotesi di trasferimento di azienda, ancorché di fatto, secondo Cassazione 13648/2019, la domanda del lavoratore volta all'accertamento del passaggio del rapporto di lavoro in capo al cessionario non è soggetta al termine di decadenza di cui all'art. 32, comma 4, lett. c , della l. n. 183 del 2010, applicandosi tale disposizione ai soli provvedimenti datoriali che il lavoratore intenda impugnare, al fine di contestarne la legittimità o la validità. In argomento si veda Cassazione 9469/2019 nell'ipotesi di trasferimento di azienda, la cessione dei contratti di lavoro avviene automaticamente ai sensi dell'art. 2112 c.c. pertanto, è solo il lavoratore che intenda contestare la cessione a dover far valere detta impugnazione nel termine di cui all'art. 32, comma 4, lett. c , della l. n. 183 del 2010, mentre non vi è alcun onere di far accertare formalmente, nei confronti del cessionario, l'avvenuta prosecuzione del rapporto di lavoro. In argomento si veda altresì Cassazione 13179/2017 per la quale nell'ipotesi di cambio di gestione dell’appalto con passaggio dei lavoratori all’impresa nuova aggiudicatrice, la conseguente azione per l’accertamento e la dichiarazione del diritto di assunzione del lavoratore presso l'azienda subentrante non è assoggettata al termine di decadenza di cui all’art. 32 della l. n. 183 del 2010, non rientrando nella fattispecie di cui alla lett. c , riferita ai soli casi di trasferimento d’azienda, né in quella di cui alla lett. d del medesimo articolo detta norma presuppone, infatti, non il semplice avvicendamento nella gestione, ma l’opposizione del lavoratore ad atti posti in essere dal datore di lavoro dei quali si invochi l'illegittimità o l'invalidità con azioni dirette a richiedere il ripristino del rapporto nei termini precedenti, anche in capo al soggetto che si sostituisce al precedente datore, o ancora, la domanda di accertamento del rapporto in capo al reale datore, fondata sulla natura fraudolenta del contratto formale. SEZIONE LAVORO 9 MARZO 2020 N. 6637 IMPIEGO PUBBLICO - IMPIEGATI DELLO STATO - INCOMPATIBILITA' CON ALTRI IMPIEGHI, PROFESSIONI, CARICHE ED ATTIVITA' . Pubblico impiego contrattualizzato - Aspettativa - Autorizzazione allo svolgimento di attività extralavorativa retribuita - Necessità - Fondamento - Fattispecie. In tema di pubblico impiego contrattualizzato, l'autorizzazione allo svolgimento di attività extralavorativa retribuita è necessaria anche ove il dipendente si trovi in regime di aspettativa, in quanto, da un lato, la previsione contenuta nell'art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 non contiene una distinzione a seconda dello stato del rapporto di lavoro, e, dall'altro, la predetta aspettativa non fa cessare il rapporto stesso, sicché la persistente appartenenza del dipendente medesimo ad una pubblica amministrazione non fa venir meno i rischi di conflitto di interessi o di possibile utilizzazione di entrature che la citata previsione è preposta a prevenire. In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva ritenuto legittima la sanzione amministrativa irrogata ad una società privata che aveva conferito incarichi di consulenza ad un dipendente pubblico, durante il periodo in cui quest'ultimo si trovava in aspettativa, senza chiedere l'autorizzazione all'amministrazione di appartenenza . In argomento si veda Cassazione 4701/2019 per la quale in tema di conferimento di incarichi retribuiti al pubblico dipendente da parte di soggetti pubblici e privati, il pregresso svolgimento, ad opera del medesimo dipendente, di incarichi similari e la comunicazione degli emolumenti percepiti negli anni pregressi al datore di lavoro non sono idonei a fondare il ragionevole affidamento che la necessaria autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza sia stata concessa, sicché essa va, comunque, nuovamente richiesta. Per Cassazione 25752/2016 in tema di pubblico impiego contrattualizzato, ai sensi dell'art. 53, comma 9, del d.lgs. n. 165 del 2001, sussiste a carico dell’ente pubblico economico o del datore di lavoro privato, tenuti a richiedere all'amministrazione di appartenenza l'autorizzazione per il conferimento di un incarico ad un dipendente pubblico, la cui omissione è punita con l’irrogazione di una sanzione amministrativa, l’obbligo di verificare l'assenza delle condizioni che rendono necessaria la richiesta, non essendo sufficiente ad escludere una sua responsabilità colpevole la dichiarazione in tal senso resa del lavoratore. In argomento si veda Cassazione 28210/2019 per la quale l'illecito amministrativo consistente nel conferimento di incarichi retribuiti a dipendenti pubblici, in violazione dell'art. 53, comma 9, del d.lgs. n. 165 del 2001, non è di natura fiscale-tributaria-finanziaria, ma è riconducibile alla disciplina del pubblico impiego contrattualizzato ne consegue che il secondo periodo del predetto comma - ove è previsto che all'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di Finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 - deve essere interpretato nel senso che il legislatore non ha previsto alcuna esclusiva attribuzione di competenza, ma ha soltanto stabilito che, quando gli accertamenti degli illeciti ivi sanzionati sono disposti su impulso del Ministero delle Finanze, vi debba provvedere, per evidenti ragioni di celerità, la Guardia di Finanza, ovvero il corpo dipendente direttamente da detto Ministero, senza tuttavia escludere che possano comunque provvedervi gli altri soggetti appartenenti alla Polizia giudiziaria. SEZIONE LAVORO 5 MARZO 2020 N. 6289 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - CATEGORIE E QUALIFICHE DEI PRESTATORI DI LAVORO - MANSIONI - COMANDI E DISTACCHI. Procedure di mobilità - Mutamento delle mansioni - Legittimità - Condizioni - Applicabilità al distacco del lavoratore presso terzi a seguito di mobilità ex art. 8, comma 3, del d.l. n. 148 del 1993, conv. con modif. in l. n. 236 del 1993. Nel corso delle procedure di mobilità, ex art. 4, comma 11, della l. n. 223 del 1991, gli accordi sindacali possono prevedere, per garantire il reimpiego di almeno una parte dei lavoratori, che il datore assegni loro, in deroga all'art. 2103 c.c., mansioni diverse da quelle svolte, anche inferiori o peggiorative, trattandosi di rimedio volto ad evitare il licenziamento fermo restando che i lavoratori non sono vincolati alla deroga poiché possono rifiutare la dequalificazione affrontando il rischio del licenziamento il medesimo principio - derogabilità del divieto di demansionamento in base ad accordi collettivi fondati sull'interesse del lavoratore a non perdere il posto di lavoro - trova applicazione anche nel caso di distacco del personale ove ricorra l'ipotesi specifica disciplinata dall'art. 8, comma 3, del d.l. n. 148 del 1993, conv. con modif. in l. n. 236 del 1993. In argomento si veda Cassazione 14994/2014 per la quale l'art. 4, comma 11, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ha carattere speciale poiché, nel prevedere che, nel corso delle procedure di mobilità, gli accordi sindacali possono stabilire, per garantire il reimpiego di almeno una parte dei lavoratori, che il datore di lavoro assegni, in deroga all'art. 2103 cod. civ., mansioni diverse da quelle svolte, non pone alcuna preclusione all'assegnazione di mansioni anche inferiori o peggiorative - ivi compreso il trasferimento o la trasferta del lavoratore da una unità produttiva all'altra - trattandosi di rimedio volto ad evitare il licenziamento dei lavoratori, fermo restando che questi non sono vincolati alla deroga poiché possono rifiutare la dequalificazione affrontando il rischio del licenziamento. Secondo Cassazione 32330/2018 in caso di distacco del lavoratore, con mutamento delle mansioni, anche solo parziale purché effettivamente idoneo a ledere il patrimonio di professionalità acquisito, ai sensi dell'art. 30 del d.lgs. n. 276 del 2003 è richiesto, quale elemento costitutivo e condizione di legittimità della fattispecie, il consenso del lavoratore distaccato, il quale, ricevuta la comunicazione del provvedimento, è pertanto onerato del solo rifiuto ma non anche di rendere note le ragioni che lo sorreggono, rilevando a tali fini il solo mutamento oggettivo delle mansioni, quale conseguenza dell'attuazione dell'ordine, e non anche la rappresentazione di esso fornita dal datore di lavoro nella lettera di comunicazione.