RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 15 LUGLIO 2019 N. 18887 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - RETRIBUZIONE - LAVORO STRAORDINARIO, NOTTURNO, FESTIVO E NEL PERIODO FERIALE. Festività infrasettimanali - Diritto soggettivo del lavoratore ad astenersi dalla prestazione - Conseguenze - Limiti - Condizioni - Fattispecie. La normativa in tema di festività infrasettimanali legge n. 260 del 1949, come modificata dalla legge n. 90 del 1954 è completa ed autosufficiente nel riconoscere al lavoratore il diritto soggettivo di astenersi dal prestare la propria attività lavorativa in occasione di determinate festività celebrative di ricorrenze civili e religiose, con la conseguenza che il predetto diritto non può essere posto nel nulla dal datore di lavoro, potendosi rinunciare al riposo nelle festività infrasettimanali solo in forza di un accordo tra il datore di lavoro e lavoratore o di accordi sindacali stipulati da oo.ss. cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito che - reputato legittimo il licenziamento intimato ad un dipendente per essersi quest'ultimo rifiutato di espletare attività lavorativa nella giornata del 1° maggio - non aveva previamente verificato se la normativa di legge fosse stata derogata da un accordo individuale col datore o da accordi sindacali stipulati dalle oo.ss. con esplicito mandato da parte del lavoratore . Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 16592/2015 per la quale la legge n. 260 del 1949, come modificata dalla legge n. 90 del 1954, nel disciplinare compiutamente la materia, riconosce al lavoratore il diritto ad astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, sicché, ai sensi dell'art. 12 delle preleggi, non sono suscettibili di applicazione analogica le eccezioni al divieto di lavoro domenicale, né tale diritto può essere posto nel nulla dal datore di lavoro, potendosi rinunciare al riposo nelle festività infrasettimanali solo in forza di accordo tra datore di lavoro e lavoratore. Ai fini del trattamento retributivo per le festività infrasettimanali, secondo Cassazione 25760/2017 l'art. 5 della l. n. 260 del 1949 contiene una esplicita definizione di normale retribuzione limitativa dell'ambito della locuzione globale di fatto , sicché va escluso il computo del compenso per il lavoro straordinario, che non fa parte della retribuzione normale, anche se corrisposto in misura fissa e stabile. SEZIONE LAVORO 15 LUGLIO 2019 N. 18884 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - PERIODO DI RIPOSO - IN GENERE. Riposo giornaliero e settimanale - Deroghe illegittime - Conseguenze risarcitorie - Danno non patrimoniale - Prova presuntiva - Ammissibilità - Fondamento. La mancata fruizione del riposo giornaliero e settimanale, in assenza di previsioni legittimanti la scelta datoriale, è fonte di danno non patrimoniale che deve essere presunto, perché l'interesse del lavoratore leso dall'inadempimento del datore ha una diretta copertura costituzionale nell'art. 36 Cost., sicché la lesione del predetto interesse espone direttamente il datore medesimo al risarcimento del danno. In tema di riposo settimanale, secondo Cassazione 24563/2016 ove la sua fruizione oltre il settimo giorno sia legittima, in base alle previsioni normative di vario livello che disciplinano il rapporto e la specifica organizzazione del tempo di lavoro prevedendo deroghe consentite dalla legge e benefici economici compensativi, la maggiorazione del compenso per la peculiare gravosità del lavoro ha natura retributiva e la prescrizione è quinquennale qualora, invece, la mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro, in assenza di previsioni legittimanti la scelta datoriale, contrasti con gli artt. 36 Cost. e 2109 c.c. ed il lavoratore proponga una domanda di risarcimento del danno da usura psico-fisica, la sussistenza di tale danno deve presumersi ed il corrispondente diritto, che non ha natura retributiva, si prescrive in dieci anni. Se, poi, il lavoratore assuma di aver subito un ulteriore pregiudizio alla salute o danno biologico, che si concretizza in una infermità conseguente all'attività lavorativa continua non seguita dai riposi settimanali, un siffatto danno non può ritenersi presuntivamente esistente, ma ne vanno dimostrati la sussistenza ed il nesso eziologico, a prescindere dalla presunzione di colpa insita nella responsabilità nascente dall'illecito contrattuale. Per Cassazione 14710/2015 la prestazione lavorativa, svolta in violazione della disciplina dei riposi giornalieri e settimanali nella specie, la guida di autobus senza fruire di un riposo minimo di 11 ore giornaliere e un riposo settimanale di 45 ore consecutive protrattasi per diversi anni, cagiona al lavoratore un danno da usura psico-fisica, di natura non patrimoniale e distinto da quello biologico, la cui esistenza è presunta nell' an in quanto lesione del diritto garantito dall'art. 36 Cost., mentre, ai fini della determinazione del quantum , occorre tenere conto della gravosità della prestazione e delle indicazioni della disciplina collettiva intesa a regolare il risarcimento de qua , da non confondere con la maggiorazione contrattualmente prevista per la coincidenza di giornate di festività con la giornata di riposo settimanale. SEZIONE LAVORO 12 LUGLIO 2019 N. 18815 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - COSTITUZIONE DEL RAPPORTO - ASSUNZIONE - DIVIETO DI INTERMEDIAZIONE E DI INTERPOSIZIONE APPALTO DI MANO D'OPERA . Appalti pubblici di servizi - Disciplina di cui al d.lgs. n. 163 del 2006 - Nozione ex art. 1655 c.c. - Applicabilità - Conseguenze. In materia di divieto di intermediazione nelle prestazioni di lavoro, il d.lgs. n. 163 del 2006 cd. codice dei contratti pubblici , pur dettando una disciplina derogatoria rispetto a quella degli appalti privati, recepisce la nozione giuridica di appalto definita dall'art. 1655 c.c., con un espresso rinvio alle disposizioni del codice civile a fini integrativi, sicché anche agli appalti pubblici di servizi deve trovare applicazione l'elaborazione giurisprudenziale in tema di discrimine tra appalto e somministrazione di lavoro, operando i principi che in caso di dissociazione fra titolare e utilizzatore del rapporto lavorativo consentono di configurare una illegittima interposizione di manodopera. Secondo Cassazione 27213/2013, il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro, in riferimento agli appalti endoaziendali , caratterizzati dall'affidamento ad un appaltatore esterno di attività strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, opera tutte le volte in cui l'appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all'appaltatore-datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione , ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo, né una assunzione di rischio economico con effettivo assoggettamento dei propri dipendenti al potere direttivo e di controllo. In tema di appalto avente ad oggetto prestazioni lavorative, per Cassazione 30694/2018 il requisito della organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore , previsto dall'art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003, può essere individuato, in presenza di particolari esigenze dell'opera o del servizio, anche nell'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nel contratto.