RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO ORDINANZA 10 LUGLIO 2019, N. 18560 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - CATEGORIE E QUALIFICHE DEI PRESTATORI DI LAVORO - QUALIFICHE - IMPIEGATO PRIVATO NOZIONE, DIFFERENZE CON L'OPERAIO, DISTINZIONI - IN GENERE. Danno biologico - Liquidazione - Invalidità temporanea - Domanda specifica - Necessità - Ragioni. La lesione dell'integrità psicofisica, da cui scaturisce il danno biologico, può determinare una invalidità tanto temporanea quanto permanente, pregiudizi che, pur avendo medesima natura giuridica, non si implicano a vicenda in quanto diversi in fatto ne consegue che, ai fini del riconoscimento del danno da invalidità temporanea, si richiede una specifica domanda, supportata dalle relative allegazioni in fatto, senza che sia sufficiente quella di risarcimento del danno biologico complessivo. Tra i precedenti conformi in argomento si veda Cassazione 26897/14 per la quale, in tema di danno biologico, la cui liquidazione deve tenere conto della lesione dell'integrità psicofisica del soggetto sotto il duplice aspetto dell'invalidità temporanea e di quella permanente, quest'ultima è suscettibile di valutazione soltanto dal momento in cui, dopo il decorso e la cessazione della malattia, l'individuo non abbia riacquistato la sua completa validità con relativa stabilizzazione dei postumi. Ne consegue che il danno biologico di natura permanente deve essere determinato soltanto dalla cessazione di quello temporaneo, giacché altrimenti la contemporanea liquidazione di entrambe le componenti comporterebbe la duplicazione dello stesso danno. Per Cassazione 5197/15 l’invalidità permanente costituisce uno stato menomativo, stabile e non remissibile, che si consolida soltanto all'esito di un periodo di malattia e non può quindi sussistere prima della sua cessazione ne consegue che, se un contratto di assicurazione prevede il pagamento di un indennizzo nel caso di invalidità permanente conseguente a malattia, nessun indennizzo è dovuto se la malattia, senza guarigione clinica, abbia avuto esito letale. SEZIONE LAVORO SENTENZA 5 LUGLIO 2019, N. 18195 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - PER GIUSTA CAUSA. Condotta del lavoratore avente rilievo disciplinare - Valutazione - Proporzionalità della sanzione - Criteri di giudizio - Disposizioni della contrattazione collettiva - Riconducibilità - Insufficienza - Fattispecie. In tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della valutazione di proporzionalità è insufficiente un'indagine che si limiti a verificare se il fatto addebitato è riconducibile alle disposizioni della contrattazione collettiva che consentono l'irrogazione del licenziamento, essendo sempre necessario valutare in concreto se il comportamento tenuto, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la prosecuzione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, con particolare attenzione alla condotta del lavoratore che denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti e a conformarsi ai canoni di buona fede e correttezza nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la proporzionalità della misura espulsiva, in quanto la condotta di un portalettere che aveva distrutto la corrispondenza non era riportabile ad alcuna delle fattispecie di cui all'art. 54, comma 6, CCNL Poste Italiane del 14 aprile 2011, trascurando il pregiudizio comunque arrecato all'azienda nella sua qualità di concessionario del servizio postale universale . In materia disciplinare, secondo Cassazione 8582/19, il procedimento di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, tipizzata dalle parti collettive, postula l'integrale coincidenza tra le due, con conseguente impossibilità di procedere a una tale operazione logica, quando la condotta del lavoratore sia caratterizzata da elementi aggiuntivi, estranei e aggravanti, rispetto alla previsione contrattuale. In argomento si veda altresì Cassazione 27238/18 per la quale il risultato della valutazione cui è pervenuto il giudice di merito in ordine alla riconducibilità, in concreto, della condotta contestata nel paradigma di cui all'art. 2119 c.c., è sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo della violazione del parametro integrativo della clausola generale costituito dalle previsioni del codice disciplinare.